Autoreverse @Blackout Rock Club, Roma (testo e foto di Stefano D’Offizi)

Il Blackout è sempre stato un punto fermo delle serate romane oscillanti fra il Dark Wave ed il Rock in tutte le sue sfumature più classiche, spesso e volentieri preso in considerazione per la sua spaziosa pista da ballo e le due sale che permettono un’accurata scelta fra diversi generi musicali, ma il Blackout non è solo questo, ed il Popolo del Rock lo sa molto bene.
Oggi c’è un programma che lascia ottime premesse, in cartellone ci sono infatti ben tre band Italiane, pronte ad esibirsi di fronte ad un cospicuo pubblico, quello delle grandi occasioni. La prima formazione della serata, i Movente, si esibiscono per una mezz’ora abbondante, lasciando spazio ad un buon Rock tricolore, motivi convincenti e movimentati, alternati spesso da sonorità più morbide, fino ad arrivare ad una sorta di monologo voce e chitarra insolitamente dedicata ad una biblioteca comunale, un testo originale capace addirittura di lasciar riflettere chi ascolta. Ottimo lavoro nonostante la giovanissima età che spesso basta per essere prevenuti, e nonostante si tratti della loro primissima esibizione live.
La seconda band della serata, i Sensuth, non si discostano molto dal genere, anche se dimostrano una maturità musicale leggermente più collaudata, abbastanza più aggressivi e convincenti, un sond studiato e collaudato, ottima presenza scenica, movimentata dai salti del loro frontman, che oltretutto dimostra anche una discreta dote canora. Anche qui testi in italiano, caratteristica che alza notevolmente il punteggio dell’intera serata, ed anche qui un applauso speciale al chitarrista solista che spicca notevolmente per bravura e soprattutto per emozione che traspare totalmente verso gli occhi di chi guarda. Stupendo il singolo La morte non è niente, dategli un’orecchio!
Giunge infine il momento degli headliner, utlima band della serata, anche stavolta testi in Italiano, anche stavolta un’ottima performance live. “Autoreverse, nati e cresciuti in questa città” in questo modo si presentano al pubblico che ha letteralmente riempito la sala nei pochi minuti in cui le luci iniziano a prendere le forme ed i colori che solitamente accompagnano le esibizioni live. Il suond ricorda ampiamente i primissimi Afterhours, passando per suoni leggermente più duri che hanno caratterizzato il loro stile abbastanza riconoscibile, stasera presentano il loro ultimo lavoro Nessuna Verità, disco che attendiamo di poter avere e recensire. La voce di Francesco Megha, si sposa bene con le linee melodiche dei loro pezzi, soprattutto in Glenda, singolo che ha ottenuto molto successo, basta vedere quante persone la conoscono e la cantano riempiendo i vuoti volutamente lasciati dalla band fra un riff e l’altro. Il pubblico urla e spinge in modo sorprendente, nonostante non si tratti dei Foo Fighters, che hanno sicuramente aiutato la band romana in termini di ispirazione, gli Autoreverse, divertono e si divertono allo stesso tempo, ed anche chi non li conosce, si trova automaticamente a battere il piede, coinvolti dalla loro energia. Gli amanti del Rock ed i puristi di quello che viene etichettato come Indie, sicuramente hanno altro materiale da ascoltare e da interporre a metà fra Il Santo Niente (forse un azzardo, ma sono coraggioso) e Il Dono, lasciando qualche prospettiva nel panorama originale romano che da tempo lascia qualche dubbio in quanto ad originalità e convinzione. Dopo una divertentissima cover di Simply the Best, di Tina Turner, c’è anche lo spazio per un bis che ormai sembra quasi essere un rito senza il quale non si può entrare a far parte dell’Olimpo del Rock. Personalmente credo che se ne può fare a meno e non smetterò mai di ribadirlo, ma le tradizioni spesso, rimangono un punto fermo, senza neanche sapere perchè o da quando, ma a parte questo, il bimbetto urlante chiamato Autoreverse, vince e convince, lontano anni luce dalle fasi embrionali che precedono i cori dei sostenitori durante le live performance, ora non resta che rimanere all’ascolto per vedere dove anrà a far danni coi suoi primi veri passi.


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