Le Ombre dietro le Luci – (di Bernardo Fraioli)

“Spero che chiunque tu sia, almeno tu, possa fuggire da questo posto; spero che il mondo cambi e le cose vadano meglio ma quello che spero più di ogni altra cosa è che tu capisca cosa intendo quando dico che anche se non ti conosco,anche se non ti conoscero’ mai,anche se non ridero’,e non piangero’ con te,e non ti bacero’,mai…io ti amo,dal profondo del cuore…Io ti amo.”

V for Vendetta

A Matteo e Francesco dal profondo del cuore.
Relics


Articolo 21.
No morti lavoro.

Informare per resistere.
Caduti sul lavoro.

Sono alcuni siti, blog, indirizzi.
Sono un invito. Un invito a prendere visione di quanto includono, riportano, documentano.
Se si hanno cifre da bollettini di guerra, non ci si può nascondere dietro a nulla: nel 2011 ci sono state più di 1170 morti sul lavoro. E l’anno nuovo ne conta già 81 e 159 se si sommano a quelli morti nelle strade e in itinere.
Oggi l’ennesima vittima porta il nome di Matteo Armellini, romano, poco più che trentenne.
Al momento dell’accaduto era impegnato nei lavori di preparazione per il concerto di Reggio Calabria di Laura Pausini.
Morto, anche lui, come Francesco Pinna, l’operaio che ha perso la vita a Trieste durante l’allestimento del palco per una tappa del tour di Jovanotti pochi mesi fa.
In entrambi i casi, puntuali, le lettere di cordoglio e rammarico dei due artisti.
Nessun processo alle intenzioni, perchè con i processi non si restituiscono le vite.
Ma questo non è un potere neanche delle condoglianze date in pasto alla stampa.
E marciscono nella colpa di essere conseguenti a scelte di produzione che vanno cambiate ora, immediatamente.
Sono scelte di produzione dissennate, atte al profitto dell’industria del divertimento a discapito delle retribuzioni, la sicurezza e la salute dei suoi manovali.
Sono scelte di produzione assassine.
La negligenza in tale ambito non può essere più accettata. Va denunciata ad ogni modo e ad ogni costo.
Oggi un lavoratore del settore dello spettacolo non c’è più. La causa, c’è da esserne certi, verrà derubricata e presentataci come sorte avversa, fatalità, infausto destino.
Ma il crollo di un pavimento di una struttura non può essere accettato come un incidente imprevisto ed imprevedibile.
Chi ha svolto i controlli sulla sicurezza dello stabile? Chi si è assicurato della prassi? Chi ha firmato per la totale agibilità dello stabile?
Esiste una legge che obblighi ad un periodico controllo? E’ sufficente? E’ rispettata?
Non si cerca il capro espiatorio. E non si cerca una giustizia forcaiola. Lungimirante chi disse ”beato a chi crede nella giustizia perchè verrà giustiziato”.
Ma la chiarezza delle responsabilità è percorso obbligato per rintracciare errori che non devono ripetersi.
Non prendersi in giro da soli: le immagini con i pianti dei volti noti, legate, forse, a quelli degli affetti delle vittime sono praticamente già pronte dagli sciacallaggi mediatici.
Chi ha avuto e chi avrà modo di vedere quelle dei colleghi? Inutile rispondere.
Ma se i loro connotati rimarranno misteriosi, qualche voce è già riuscita a scavalcare quella cortina di omertà che si erige, sempre, attorno a questi soggetti.
Si prova ad isolarli. Quello che hanno da dire pesa molto di più delle attrezzature che montano spaccandosi la schiena.
E se tuonano, a crollare, è il gioco infame ingranato per sottacere il vero.
Sono testimonianze dure, incredibili ma tristemente immaginabili: parlano di condizioni di lavoro inumane, con ritmi che variano dalle 10 alle 15 ore e, a volte, anche più. Si incomincia presto e si finisce tardi. E non importa se si sono affrontati chilometri e chilometri di autostrada in tourbus dove, spesso, è l’unico letto per riposarsi per settimane, forse mesi: appena giunti sul posto, si attacca con i cavi e con i tralicci, un boccone mandato giù in fretta, si segue lo show e si smonta tutto.
E’ una ruota che smette di girare solo a fine tour.
Il livello di sicurezza viene garantito solo ad alcune figure. La maggior parte dei presenti lavora senza casco, guanti, scarpe antinfortunistica e, sopratutto, senza un’adeguata preparazione.
Si lascia fare esperienza sul posto. Nessuno forma nessuno se incompetente, ancor meno sul piano della sicurezza, che a volte può risultare decisivo per l’incolumità di un operaio.
Il sistema stesso di reclutamento avviene con semplici passaparola: chi è deciso sale a bordo senza tanti complimenti.
I rimproveri avvengono invece puntuali: se si è lenti, impacciati, non abbastanza forti o abbastanza disponibili. Non accettare di coprire eventuali “buchi” di personale per ulteriori turni di 4 o 5 ore, dopo averne già sopportate abbastanza sulle spalle, diventa automaticamente una discriminante per futuri ingaggi. Pagati per lo più al nero al costo di 5 o 6 euro l’ora.
E allora in molti accettano, piegati al ricatto di “caporaletti” del settore.
Chi decide di intraprendere la professione, già sa che parte dei magri ricavati andrà a finire nell’acquisto autonomo di materiale di protezione, indispensabile sopratutto quando ci si trova in vetta alle “americane”. Ma in fondo, se si ha voglia di rischiare senza ganci, difficile trovare obiezioni.
A volte anche il livello di comunicazione grava sulle operazioni. Per gli artisti internazionali, si possono trovare facilmente tecnici e operai che seguono la tournè e che difficilmente parlano in un codice comprensibile a tutti.
Sono pochi aspetti di una realtà ben più disorganizzata.
Quanti infortuni, più o meno gravi provochi, è difficilissimo quantificarlo.
Oggi stesso, due colleghi del giovane morto, sono rimasti feriti e contusi.
Un esito sicuramente più felice, ma sempre intollerabile.
Ma sono situazioni dove il silenzio è consigliabile, già difeso da un’assunzione in nero e colleghi presi per la gola, mal disposti a mettere a rischio la propria posizione disgraziata.
E quindi al danno fisico si somma quello economico.
Le ragioni di tale situazione sono state in parte elencate. E sono ragioni che ben conoscono produttori, discografici, organizzatori di eventi e artisti.
Non c’è lettera commossa che paghi un prezzo così alto.
Non c’è evento che possa barattare le proprie luci con una vita.
Non c’è palazzo, strada, ponte, tav e tratta metropolitana che meriti questi sacrifici.


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