Orange Goblin + Doomraiser + L’Impero Delle Ombre + El-Thule + Ghandhi’s Gunn + Funeral Marmoori + Black Capricorn + Caronte + The Wisdoom live @ INIT Club (testo e foto di Mario Cordaro)

Dopo un anno di pausa torna all’Init lo Stoned Hand Of Doom, festival di una giornata in cui vengono affiancati, ad un grande nome internazionale, molti altri nostrani della scena doom/stoner/heavy. Devo innanzitutto complimentarmi con l’organizzazione di questa settima edizione, in quanto le pause e gli orari elencati in scaletta, tra un gruppo e l’altro, verranno rispettati alla perfezione (una volta tanto).
Si comincia alle 16:30 pomeridiane (eh si), con The Wisdoom, autori di un doom/stoner molto cadenzato e rallentato, oltre che ricco di effetti chitarristici: forse un po’ ridondanti in alcuni passaggi, ma sicuramente promettono bene per esser praticamente all’esordio, o quasi (hanno all’attivo un solo ep uscito l’anno scorso).

Dopo un quarto d’ora di pausa troviamo sul palco i Caronte, anche loro di recente formazione, e anche loro alle prese con lo stesso genere musicale anche se, in questo caso, l’approccio è differente: stavolta sono il vibrato e il wah wah a farla da padrone, insieme alle clean vocals. Validi anche loro nel complesso, anche se, personalmente, ho avuto alcune difficoltà a distinguere bene i vari pezzi, probabilmente dovute alla dimensione live.
A seguire troviamo i Black Capricorn, quintetto che vede (ogni tanto) due donne in lineup: una al basso, e l’altra alla batteria. Qui notiamo dei problemi all’acustica, in quanto la voce trascinata del singer si è scontrata con un muro di suono troppo ampio, venendo soffocata. Successivamente, lo stesso cantante sarà costretto a urlare per farsi sentire. Prestazione influenzata dai volumi troppo alti, quindi.
Imprevisti simili (ma con così tante band può capitare) toccheranno successivamente anche ai Funeral Marmoori, anche se non proprio di quel tipo; infatti, in questo caso, nei momenti più duri saranno le tastiere ad essere soffocate dal resto, rendendo i suoni delle stesse poco limpidi. Per il resto assistiamo ad una prestazione convincente della band toscana, anche se in questo caso la proposta musicale si sposta sul doom (con qualche raro momento space, come in Drunk Messiah) più canonico accompagnato, come detto in precedenza, dalla presenza del synth. La voce in clean alterna ogni tanto qualche “uh!” alla Celtic Frost, il che (almeno per il sottoscritto) non guasta mai.
Altri quindici minuti di pausa ed è il turno dei Gandhi’s Gunn, i quali hanno appena pubblicato il loro ultimo lavoro in studio The Longer The Beard The Harder The Sound. Schierati nella classica formazione chitarra-voce-basso-batteria, questo quartetto ligure è dedito totalmente e fedelmente allo stoner rock, prendendo i Kyuss (che vedremo a breve n.d.r.) come un qualcosa in più di un semplice punto di riferimento. Sicuramente gradevoli per gli appassionati, anche se personalmente un po’ meno, in quanto il genere proposto non è tra i miei preferiti. A seguire troviamo El-Thule, duo (avete letto bene; suonano senza basso, anche se la loro formazione lo prevede) a mio avviso abbastanza fuori contesto con la giornata. Il cantato in italiano e il loro modo di suonare rude, quasi “punk”, fa aumentare ancora le mie perplessità sulla band, la quale si autodefinisce “drug rock”. Ognuno può farsi la propria idea circa l’utilità di certe etichette, chiaramente.
Il momento più “curioso” della serata l’abbiamo sicuramente con la prestazione de L’Impero Delle Ombre, band che seguo fin dagli esordi. Momento curioso, dicevo, in quanto il loro genere si può inquadrare nel dark metal, quindi fuori dai canoni “classici” di questo festival. Anche la teatralità mostrata dal gruppo (il cantante con due enormi catene appese alle braccia, o l’uso di maschere e facepainting) si scontra un po’ con quanto visto in precedenza ma, a mio avviso, è stato uno “stacco” molto piacevole, anche se la voce all’inizio del set si sentiva poco. Devo esser franco e riconoscere che dal vivo rimediano pienamente, con un grande impatto sonoro, alla produzione dei loro due album, un po’ soft a mio avviso. Come il sottoscritto, anche il pubblico dimostra di apprezzare l’impegno sul palco del combo, deciso ed energico.
Dopo questi esaltanti tre quarti d’ora, e la solita pausa, è la volta dei romani Doomraiser e del loro doom acidissimo, oltre che ricco d’influenze settantiane, con tanto di moog a fare la sua bella figura sul palco. Ho assistito diverse volte a dei loro concerti, e mi hanno sempre convinto: l’unica differenza che he ho trovato, rispetto ad altre occasioni, è stata la tendenza ad “urlare” di più del vocalist Nicola “Cynar” Rossi, rispetto al classico clean. Per il resto, compatti e granitici come sempre. D’altronde, sono in giro da diversi anni e hanno ormai una discreta esperienza, live e non.
Ottimo antipasto in vista del pezzo forte, headliner della serata, gli Orange Goblin. Il locale, già affollato in precedenza, si riempie del tutto mentre apprezziamo Suspiria dei Goblin, usata come intro dalla band inglese. Il loro stoner/doom con influenze blues e sabbathiane fa subito presa sulla folla, e il pogo non si farà attendere molto. Il gruppo sembra divertirsi ed essere decisamente in serata, complice magari “qualche” birra in più del normale. Chiaramente nella setlist verrà privilegiato il nuovo gradevole album (uscito da qualche mese per Candlelight Records) A Eulogy For The Damned, con ben cinque pezzi estratti da esso, anche se a mio avviso la roba vecchia rimane ancora la migliore. Il tempo scorre veloce, mentre la stanchezza si fa sempre più sentire; d’altronde si sono susseguite, una dopo l’altra, ben nove band… penso sia anche normale. Arriviamo comunque alla chiusura del concerto, e della giornata, con la promessa degli Orange Goblin di tornare presto nella capitale: speriamo sia davvero così, mi sono davvero divertito tantissimo.

Songlist:

– Scorpionica
– The Filthy And The Few
– The Ballad Of Solomon Eagle
– Time Travelling Blues
– The Fog
– Getting High On The Bad Times
– Some You Win, Some You Lose
– Round Up the Horses
– Aquatic Fanatic
– Cities Of Frost
– Acid Trial
– They Come Back (Harvest of Skulls)
– Stand For Something
– Blue Snow
– Quincy The Pigboy
– Death Of Aquarius
– Red Tide Rising


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