Morrissey @Auditorium Parco della Musica, Roma (foto di Serena De Angelis)

Struggente, soave, spirituale, vintage, romantico e sempre un po’ (tanto?) altezzoso. Ci sarebbero un’infinità di aggettivi per definire il signor Steven Patrick “Mozza” Morrissey ma questi sembrano stasera i più azzeccati. A 53 anni, l’ex-Smiths torna nella sua cara Roma (le prime parole pronunciate sul palco sono state per l’apunto “Mamma Roma”) con il solito charme da star e quell’aura magnetica e affascinante che lo ha reso, nel tempo, un divo di portata mondiale.

La spalla che intorno alle 20 è gia sul palco della cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma è l’eccentrica Kristeen Young, tastierista americana di St.Louis caratterizzata da uno stile forte, acido e graffiante e dotata di una estensione vocale davvero notevole. Nonostante nessuno sia qui principalmente per lei, i fan assiepati in piedi (anche se il parterre era, almeno nominalmente, con posti a sedere) le garantiscono una discreta attenzione fatta soprattutto di scatti fotografici.

Il duro, greve e spesso prolisso suono della tastiera della Young ci accompagna parallelamente al calar del sole all’epifania del mostro sacro che tutti aspettano con trepidazione: Morrissey. Una camicia tremenda con zip sulla quale campeggia una enorme V (i tifosi del Brescia capiranno) è ciò che mi colpisce di primo acchitto ma che si dissolve altrettanto in fretta  sulle note di Shoplifters of the world unite, brano degli Smiths datato 1987. Sono pronto ad affermare che la maggior parte della gente sia accorsa stasera nella speranza di ascoltare più brani del periodo Smiths o immediatamente successivo piuttosto che pezzi, anche se validi, del Morrissey solista, recentemente risultato spesso ridondante ed eccessivamente melodico: la numero due è You have killed me, dichiarazione d’amore verso Roma e a mio avviso uno dei brani migliori del Morrissey solista.

Dalle primissime battute sembra già che non ci siano dubbi sulla forma fisica e vocale, un naturalissimo filo di pancia e una voce che in un baleno ci riporta indietro agli anni ’80, manco fossimo col Dottor Who. Nella scioltezza più assoluta, il buon Moz si districa tra molti brani intimi realizzati nel periodo post-Smiths come You’re the one for me, fatty, Black Cloud, I’m throwing my arms around Paris, People are the same everywhere e qualche chicca storica come I know it’s over, ascoltata dalla platea con una fitta in fondo al cuore accompagnata meravigliosamente da una merce rara, le lacrime.

Verso metà dell’esibizione Morrissey cambia camicia (ne cambierà altre tre o quattro) ma non le intenzioni: la vitalità non cala, l’elettricità aumenta e raggiunge il suo apice nell’esecuzione della meravigliosa Meat is Murder, accompagnata da immagini di crudeltà sugli animali (Morrissey è vegetariano dall’eta di undici anni) che ne aumentano il pathos: il risultato è da urlo e la lunga coda finale lascia spazio alle abilità dei singoli, una band di giovani (tutti rigorosamente con la t-shirt “Forza Mozza”) tra i quali spicca l’eccentrico chitarrista che, visto da qualche metro di distanza sembrava la copia di Robert Smith (ho scoperto in seguito che era vestito da donna) e si concede all’occhio dei fotografi ben volentieri. L’esibizione vede la sua conclusione con la solita corrida all’italiana fatta di scalmanati che invadono il palco alla ricerca disperata di un tocco fugace al loro idolo e con canzoni che peccano leggermente di incisività: To give, Scandinavia, Everyday is like Sunday, eccezion fatta per Last Night i dreamt that somebody loved me non imprimono nella platea quell’idea di epilogo perfetto che tutti vogliono sempre sentire sulla propria pelle.

L’encore è unico ed è la splendida How soon is now? che ci lascia in bilico tra due sentimenti: il rimpianto di non aver potuto ascoltare qualche pezzo storico in più (alla richiesta del pubblico di eseguire This charming manaveva risposto con un ironico “It’s boring”) e la soddisfazione per aver goduto della magnificenza di sua maestà Moz.  Alla fine di questa splendida serata il pensiero ricorrente va a quell’immagine passata mille volte dietro lo stage ossia la foto più famosa di Oscar Wilde che in tono fumettistico chiede “Who is Morrissey?”: “uno che ti cambia la vita”, solo questo potrei rispondere.

 

Setlist:

Shoplifters of the world unite

You have killed me

You’re the one for me, fatty

Black cloud
I’m throwing my arms around Paris
Still ill
Oujia board, oujia board
People are the same everywhere
One dat goodbye will be farewell
Maladjusted
Action is my middle name
I know it’s over
I will see you in far-off places
Meat is murder
Let me kiss you
To give (the reason I live)
Scandinavia
Everyday is like sunday
Last night i dreamt that somebody loved me
—–
How soon is now?
Un ringraziamento speciale a Serena De Angelis per le sue foto


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