Archive live @ Orion live club (testo di Flavio Centofante, foto di Stefano D’Offizi)

Nella bella cornice dell’Orion live club abbiamo avuto il piacere di assistere ad un gran concerto, uno di quei live che quando finisce ti senti lo stomaco pieno e la mente ispirata. Dopo tanti cambi di line-up, il gruppo nato a metà degli anni novanta a Londra ha finalmente trovato la sua ossatura stabile in nove elementi, alcuni dei quali si alternano sul palco: più una sorta di collettivo musicale in cui ognuno può dare forma alle sue idee piuttosto che un semplice gruppo numeroso. Il live si apre con un suono forte di campane, squillanti e in crescendo, una specie di riproposizione contemporanea nonché citazione di quelle usate dai Pink Floyd (High Hopes). Poi il gruppo sale sul palco. Darius Keeler e Danny Griffiths al piano, gli effetti e i sintetizzatori;  Pollard Berrier, voce e chitarra;Dave Penney, voce, tamburi e chitarra; Maria Q e Holly Martin, voce; Steve Harris (omonimo del bassista nonchè fondatore degli Iron Maiden n.d.r.) alla chitarra solista; Jonathan Noyceal basso.

Appena entrati, ricevono una grandissima ovazione: il pubblico è davvero numeroso stasera, una delle maggiori affluenze registrate dall’Orion live club. Fin dall’inizio, restiamo stupiti dall’ottimo lavoro fatto dai tecnici audio: suono pulitissimo, meraviglioso, perfetto. Complimenti al locale e ovviamente ai musicisti: è anche merito loro. La batteria accompagna tutti i pezzi con piglio divertito, preciso, intenso: d’altronde le sonorità degli Archive vanno dall’elettronica al trip-pop, fino al rock vero e proprio. All’interno di questo calderone gustoso è proprio la sezione ritmica, basso e batteria, a fare il lavoro sporco, e lo fa benissimo. Questo permette alle chitarre e alle voci di interpretare con la massima abilità ed un intenso trasporto emozionale tutti i brani: si passa dall’ugola vellulata ma potente di Pollard Berrier a quella ruvida e quasi recitante di Dave Penny (soprattutto nella bellissima Fuck U), fino alle gole da usignolo di Maria Q e Holly Martin.

E’ molto stimolante vedere che gli artisti sul palco ti sorridono, suonano con te e non per te, con sorrisi amichevoli e genuini: una grande voglia di regalarsi e regalare una bella serata all’insegna della musica di buona qualità e della creatività artistica. Il termine non è esagerato: il modo in cui i generi e le invenzioni musicali vengono proposte e inglobate in  un pezzo è semplicemente magnifico: non c’è un momento morto, si passa da un genere all’altro, sempre mantenendo altissima la qualità d’esecuzione ed il trasporto emozionale. Di sicuro, un gruppo e un live che avrebbe fatto la gioia di Steven Wilson dei Porcupine Tree, noto creativo e onnivoro. Vengono proposte Fold, Sane, Bullets, Kings of Speed,The Empty Bottle, Lines, Hatchet. Tanti brani e nuovi ma anche vecchi, a dimostrare che il flusso che ha mosso il gruppo da quasi vent’anni a questa parte non è mai morto. Ognuno dei musicisti regala un po’ di sé all’esecuzione, le voci di Berrier e Penny sono una l’opposto dell’altra, e riempiono bene tutti gli spigoli e gli angoli possibili delle trame musicali del gruppo.

Le tastiere creano i tappeti sonori della serata: gli effetti sintetici proposti in alcuni brani strizzano chiaramente l’occhiolino ai vecchi ritmi trip-hop ed elettronici dell’Inghilterra dei novanta: insomma, Keeler e Griffiths, gli storici fondatori del gruppo. Maria Qrivela di avere i genitori italiani, e si mette a fare due chiacchiere col pubblico, mostrando un italiano praticamente perfetto. Holly Martin, più delicata nell’aspetto e nella voce, tradisce alcuni momenti di timidezza, subito gettati via grazie ad una voce meravigliosamente dolce e intensa. Gli Archive suonano per quasi due ore, senza dare segno di stanchezza o che stanno facendo un favore al pubblico, tornando sul palco due volte.

Peccato che il gruppo non abbia proposto la splendida Sleep, a parere di chi scrive uno dei loro pezzi più belli e intensi. In ogni caso, la commistione dei generi proposti, fino al’ultimo brano, hanno illuminato davvero la nostra notte qui all’Orion. Sentire un concerto dove un brano è di musica elettronica, e quello dopo è un rock d’atmosfera dalle tinte pesanti, da una parte ti disorienta, e dall’altra esalta la tua percezione della musica. E poi, è come aver preso tanti biglietti al prezzo di uno.

Un ringraziamento allo staff dell’Orion live club e Daniele Mignardi Promopress Agency per averci ospitato durante questo evento


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