Mono live @ Traffic live club (testo di Luca Ruggieri, foto di Simona Rovelli)


Nessuna parola, sono solo le note, i suoni, le distorsioni di un rock strumentale a regnare sul palco del Traffic, in un clima denso di emozioni.
Suonano i Mono, un gruppo del Sol Levante nato verso la fine degli anni Novanta. Il gruppo è formato dai chitarristi Takakira Goto e Yoda, dalla bassista Tamaki e dal batterista Yasunori Takada.

L’atmosfera è orientale: sullo sfondo un grandissimo gong e girandole giapponesi appese al soffitto.
Inizia il primo pezzo, Legend e, sin dalle prime note, il pubblico viene ammaliato, rapito da melodie intime e nostalgiche che fanno da sfondo a tutto il concerto.

Pianoforte e arpeggi di chitarra in Burial at Sea lasciano, sovente, spazio ad una batteria che lentamente prende coraggio e sovrasta sugli altri strumenti.
Il chitarrista Takakira Goto si lascia trasportare da quel flusso emozionale e continua a suonare la sua chitarra a terra, con movimenti lenti e sofferti.
Durante il terzo pezzo Dream Odissey ci regalano dolcissimi accordi. C’è un gioco di echi di chitarre che non fanno altro che aumentare il senso di distanza e malinconia. Irrompe poi la batteria che riesce a tenere tenacemente il ritmo in un seducente gioco di distorsione delle chitarre.
Tamakiindossa il basso: è il momento di Pure as snow, uno tra i loro brani più conosciuti. Il pubblico è in estasi.

Piano e chitarra inaugurano Unseen Arbor, la batteria è in sottofondo, felpata e latente. La chitarra sembra poi trasformarsi nel suono malinconico del mandolino e a quel punto le percussioni cercano di prendere il sopravvento ma nessuno strumento riesce a sovrastare sull’altro, fino a quando il suono diventa distorto e la batteria tiene il tempo lasciando spazio ad un ritmo più fiero, più duro. E’ il rintocco del gong che dà solennità al momento e importanza al tempo.
Ashes in the snow inizia con lo xilofono che sembra essere un carillon e ci regala note dolci e intime.

La serata si chiude con Everlasting light, ammaliante e coinvolgente con le delicate note di piano a far da protagonista all’introduzione. Le pelli dei tamburi sono percosse con le estremità delle bacchette rivestite per produrre un suono più morbido. Poi l’intensità cresce e i rulli di tamburo rendono l’atmosfera quasi epica. Le  vibrazioni aumentano e le distorsioni delle chitarre chiudono magicamente il concerto.
Atmosfere sognanti in questa serata che spesso ha ricordato le melodie emozionali dei Sigur Ros.

Gli artisti salutano e, silenziosamente, in perfetta coerenza con il loro stile, escono di scena.


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