Caso – La linea che sta al centro – To Lose La Track, 2013 (di Stefano Capolongo)

Cantautori, nient'altro che cantautori. Chi come noi riceve una buona mole di dischi ogni settimana può facilmente constatare il rapporto vertiginosamente alto che questa formula ha rispetto alla classica band. La facilità di prendere in mano una chitarra e di non dover rendere conto a nessuno, garantisce una libertà espressiva pressochè illimitata la quale, in connessione a un periodo storico così tetro, corrisponde a regalare al pubblico una considerevole parte del proprio Io. Fin qui tutto bene. I problemi iniziano quando si decide di incidere un disco. Caso, al secolo Andrea Casali è un cantautore di Bergamo che ha…

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Cantautori, nient’altro che cantautori. Chi come noi riceve una buona mole di dischi ogni settimana può facilmente constatare il rapporto vertiginosamente alto che questa formula ha rispetto alla classica band. La facilità di prendere in mano una chitarra e di non dover rendere conto a nessuno, garantisce una libertà espressiva pressochè illimitata la quale, in connessione a un periodo storico così tetro, corrisponde a regalare al pubblico una considerevole parte del proprio Io.
Fin qui tutto bene.
I problemi iniziano quando si decide di incidere un disco.
Caso, al secolo Andrea Casali è un cantautore di Bergamo che ha deciso di compiere questo passo con un lavoro intitolato “La linea che sta al centro” (il terzo dell’artista) uscito poco  tempo fa per Tolose La Track. Dopo un primo ascolto completo si è già abbastanza fiaccati dalla considerevole ripetitività di stilemi e di formule adottate da Caso che non riesce mai ad uscire dal seminato della sua isola fatta di voce (mai un sussulto) e chitarra. Ma noi che non siamo diversi dagli altri, MAI ci fermiamo al primo ascolto o al secondo (personalmente arrivo anche alla doppia cifra) e perciò decidiamo di provare a capire qualcosa in più. Stavolta lo sforzo è però inutile perchè ci troviamo persi nel marasma dell’affollamento verbale e verboso delle parole che riempiono i brani, una sorta di horror vacui (ravvisabile già nell’artwork del disco) che distorce spesso anche la sequenza ritmica, risultando a tratti cacofonico (lo faceva spesso anche Federico Fiumani, per intenderci). Le tematiche di vita vissuta ricordano un Vasco Brondi meno depresso ma più scarno, sorretto solo da chitarra e da qualche sprazzo elettrico fornito dal supporto di Riccardo Zamboni (chitarra elettrica), Stefano Zenoni (batteria), Pierluigi Ballarin (basso, organo e piano) che fanno di Motore una traccia divertente e di Andata e ritorno una traccia un poco più profonda (citiamo Nat Vigorelli come seconda voce).
In conclusione, dunque, La linea che sta al centro non riesce mai a convincere. Un tentativo, questo del cantautore lombardo forse prematuro, frettoloso e poco sostanzioso, giocato più su un flusso di coscienza che su una formula accattivante. Inoltre dieci tracce risultano indigeste, anche per la concentrazione di testo facendoci pensare che una formula EP sarebbe stata più efficace per dare un assaggio di sè lasciando campo libero ad un LP più articolato.
Tracklist:
 
1. Parete nord
2. Fino agli alberi sottili
3. Un anno terribile
4. Poco memorabile
5. Motore
6. Più forte più ferocemente
7. A pennarello blu
8. Andata e ritorno
9. Orsa Minore
10. Senza luna


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