Depeche Mode live@Stadio Olimpico, Roma (testo di Mirko Porcari, foto di Stefano D’Offizi)

Depeche Mode 05webUna cosa è certa: i Depeche Mode si divertono. Passione, automatismi e sorrisi, due ore di concerto che riescono a catapultare i fan nel mondo incantato dei ragazzi di Basildon: due o tre generazioni si mixano nella notte dell’Olimpico, a riprova di un amore che sorvola un trentennio, portando sudore e fatica in una calda serata di luglio.

La forma è fantastica, cinquanta primavere e non sentirle, tre corpi in un’anima ben sostenuta dalla bravura di Peter Gordeno e Christian Eigner: i Depeche Mode continuano la cavalcata del Tour europeo, toccando l’Italia a Milano e nella Capitale, prima di un bis veloce nel prossimo febbraio.
L’abbraccio di Roma è quello delle grandi occasioni: pochissimi spazi vuoti, un colpo d’occhio da evento ricordo nonostante la calura di una giornata a tratti inclemente.

SETLIST – È divertente immaginare come sia difficile trovare un giusto compromesso nella Depeche Mode 01websetlist da presentare: 13 album e centinaia di canzoni, un background da cui attingere a piene mani tenendo conto dei grandi classici, il Delta Machine Tour prende forma modulando pezzi nuovi ed altri più datati. Molti brani dell’ultimo lavoro in studio funzionano bene nella versione dal vivo, come da copione l’entrata è celebrativa, con i membri del gruppo che prendono posto di fronte agli oltre cinquantamila innamorati: Welcome To My World e Angel sono il giusto warm up per un poker di inni intramontabili, da Walking in my shoes a Policy Of Truth, passando per PreciousBlack Celebration, tornata in scaletta dopo più di dieci anni.

Depeche Mode 02webSORRISI – Should Be Higer vede Gahan alle prese con un falsetto che accarezza le tonalità più vicine a Martin Gore: il chitarrista è protagonista dell’intermezzo canoro che da sempre caratterizza le apparizioni dal vivo dei Depeche, con il tandem composto da The Child Inside e la ballad Shake The Disease.

Il magnetismo nasce dalla consapevolezza di essere di fronte ad uno degli ultimi supergruppi: carisma, sorrisi ed una buona dose di autoironia sono alla base di un feeling che va avanti da tantissimi anni, esorcizzando i problemi che nel tempo hanno rischiato di incrinare i rapporti tra i membri fondatori.

Gore e Gahan si abbracciano, scherzano tra di loro e propongono il meglio della loro amicizia, Fletcher mette da parte la solita compostezza permettendo al frontman un’incursione innocente tra i tasti del suo piccolo mondo: è l’apoteosi della goliardia che si fonde con le voci di Roma, un coro unico che accompagna brani come Barrel Of A Gun, Soothe My Soul, Heaven e A Pain That I’m Used To, riarrangiata seguendo il remix di Jacques Lu Cont.

La corsa di Dave Gahan su Enjoy The Silence,“È lunghissimo questo palco…”– è la prova provata di uno smisurato amore per il pubblico e per il proprio lavoro: esausto, il cantante guarda con affetto l’assolo finale di Martin, giusto il tempo di ricaricare le batterie per l’incalzante Personal Jesus e Goodbye, canzone in stile Johnny Cash accompagnata dalla visione di Anton Corbijn in cui i tre ragazzi di Basildon si rubano i cappelli seduti nel mezzo di una campagna in bianco e nero.

BIS – La tenera cantilena di Gore apre il bis: dopo Dusseldorf, anche in Italia arriva «Somebody», strappalacrime che calma gli animi prima dei saluti finali. «Halo» in versione riarrangiata, molto più lenta dell’originale, è accompagnata da un triangolo rosso che viaggia sui maxischermi: il carattere visivo dei Depeche colpisce sempre per la sobrietà e la capacità innata di emozionare.

Depeche Mode 07web  Just Can’t Get Enough fa ballare tutto lo stadio: il ritorno alle origini passa anche per una hit degli anni ’80, lascito di una gioventù all’insegna dell’elettro-pop. I Feel You e Never Let Me Down Again regalano gli ultimi brividi, braccia e gambe che si muovono sulla promessa di nuovi incontri futuri: “See you next time”.

Senza nessun dubbio…

Qui la gallery completa di foto di Stefano D’Offizi:

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Laura Dainelli

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