Intervista ai Dorothy, a cura di Laura Dainelli- foto di Andrea Rossi

E’con grande piacere che oggi dò la parola ai Dorothy, band di Roma e dintorni dalla grande passione ed energia, nonchè dalle varie ed interessanti sfaccettature dal punto di vista delle diverse personalità, che però nell musica ben si amalgamano, dando vita ad un risultato di grande impatto. Ora li conosceremo più da vicino, dopo avervi già proposto poche settimane fa il report del loro live di presentazione del uovo album “Basta” .In primis i miei complimenti per riuscire a produrre in italiano validi pezzi di un genere musicale che molti ritengono in italiano quasi impossibile, nonchè per il modo in cui la vostra musica riesce a coinvolgere.
Passiamo ora all’intervista vera e propria:
– Come nasce l’album “Basta” che siete in procinto di presentare ufficialmente? Partiamo dal titolo per poi spiegarne da lì le caratteristiche: BASTA a che cosa in particolare? A cosa pensavate componendo quei pezzi e cosa veramente non sopportate più al punto da gridarlo a tutto il mondo?
Grazie innanzitutto per i complimenti che ci lusingano sempre come fosse la prima volta!
Davide e Bastia: Come nasce “Basta”..…beh,ci siamo ritrovati con 10 pezzi in mano,ci siamo guardati e abbiamo deciso che volevamo creare quel “figlio” da coccolare e di cui andar fieri,perché in fondo un album è un po’ come un parto ovvero il risultato di un amore tra due amanti…in questo caso noi e la nostra amata musica.
Per il nome del bebè (ormai siamo in tema) abbiamo scelto Basta poiché la parola stessa è molto autoritaria,forte,una parola che indica comunque un cambiamento,una rinascita,un nuovo inizio,un punto di svolta e così via…
Facendo riferimento alla domanda,crediamo in sostanza che in primis il grido sia riverso a noi stessi; prendere atto che c’è qualcosa di noi che ci rende infelici,frustrati,tristi perché no,e la volontà di cambiare,in meglio ovviamente,le nostre vite e (sarebbe un sogno) anche quelle degli altri.
Al mondo ovviamente lanciamo un monito…stiamo arrivando 😉

dorothy basta– Come presentereste quest’album a chi non vi conosce e si approccia alla vostra band adesso ascoltandolo?

BAND: Basta è un album che a noi piace definire nu metal,il genere su cui siamo orientati e che cerchiamo di proporre.
Per nu metal intendiamo quel metal,chiamiamolo soft,accessibile un po’ a tutti;
poi ovviamente l’ascoltatore può notare diverse influenze,apportate dai diversi background musicali dei membri della band. Un album cantato in italiano per uscire un po’ dai canoni tradizionali che vogliono la lingua inglese regnare incontrastata e,allo stesso tempo, avvicinare il pubblico italiano ad un genere che da noi ha sempre vissuto di alti e bassi.

– Mi incuriosisce anche il titolo del vostro precedente Ep (2010 n.d.r.), che si chiama “Trova i 7Marco”, a cosa si riferiva? Ma soprattutto, visti i frequenti cambi di line-up che avete avuto negli ultimi anni, in che modo questo nuovo album ora in uscita segna un’evoluzione rispetto al precedente? Mi riferisco ad un’evoluzione come band oltre che come singole persone e musicisti.

Davide: ahaha ancora mi viene da ridere ahah è il classico titolo che esce davvero dal nulla,forse merito di un goccio d’amaro di troppo. Eravamo a casa di Gabriele (primo batterista della band) e stavamo lavorando alla copertina dell’ep,raffigurante un nostro caro amico e fan (Marco per l’appunto,ne approfitto per salutarlo) con un cartello in mano con su scritto “Dorothy”,agli arrivi dell’aeroporto di Ciampino.Stavamo ritoccando un pochino la foto,quando per errore,Gabriele ha copiato e incollato l’immagine di Marco. In quel momento ovviamente è partita la serie di insulti gratuiti della serie…“ma non sei capace di fare niente”…”dicevi che sapevi usare il programma…” …e in un clima di totale ilarità,non ricordo chi,disse proprio: “ehi,facciamo tipo il giochino della settimana enigmistica e chiamiamo così l’ep”…detto fatto! Incollammo i “ Marco” in 7 punti diversi della foto e cambiammo il titolo,che originariamente doveva essere “Dorothy”. E’ stata un’idea molto divertente,soprattutto sentirci dire ai concerti “io li ho trovati tutti,cosa ho vinto?”  Sotto il punto di vista dell’evoluzione della band i cambi di line-up hanno influito si,ma fino ad un certo punto. Dei 10 brani dell’album,7 sono stati scritti durante la formazione originale e 3 con l’entrata di Bastia alla chitarra in sostituzione del dimissionario Alessandro.Diciamo che stilisticamente i Dorothy hanno sempre suonato e fatto riferimento a quel genere,nu metal per l’appunto. Da fondatore e unico superstite della formazione originale,posso dirti che sicuramente Bastia (si chiama Davide anche lui,lo chiamo col suo soprannome per non creare confusione) è stato sicuramente un asso nella manica. Ha portato con sè una ventata di fantasia ed entusiasmo davvero ammirevoli,senza però allontanarsi dalla linea guida; per linea guida intendo la volontà di rimanere ancorati comunque ad un sound nu metal.

– La vostra musica è davvero molto curata in tutti gli arrangiamenti, e questo a dispetto – per l’ennesima volta – di chi (poveri ignoranti!) pensa che il metal sia solo un casino d suoni affollati e che sia un genere stilisticamente poco curato. Come nasce un vostro pezzo? Chi scrive la musica e sulla spinta di quali sensazioni prevalenti? C’è una collaborazione tra voi sotto questo aspetto o al contrario una rigida divisione dei ruoli?

Davide e Bastia: Generalmente ci vediamo noi due e scriviamo la spina dorsale della canzone,nel senso che comunque la chitarra (Bastia) suggerisce quel riff portante e la voce (Davide) va a posarsi sulla base della chitarra. Cerchiamo di portare in sala un buon 60-70% del brano che poi tutti insieme andiamo a elaborare e arricchire,per completarlo.
Scrivere tutti insieme dal nulla in genere è ardua; cinque teste,cinque idee,li per lì è dura e porterebbe via tanto tempo. Abbiamo sempre lavorato così e sembra funzionare fortunatamente poiché il materiale che poi portiamo in sala prove è sempre ben accetto dagli altri elementi.9875107815_f2989f2345_c

– I vostri pezzi esprimono sentimenti di rabbia ma anche di riscatto da situazioni di disagio e sofferenza, o meglio ancora dal senso di oppressione e soffocamento. Quale pensate sia la migliore forma di riscatto da questo tipo di sensazioni che all’inizio appaiono atrofizzanti e totalizzanti nella loro intensità?
Davide: Cercare di agire sempre secondo coscienza. Affrontare le proprie paure e i problemi di tutti i giorni con la giusta grinta. Tutti quanti passiamo dei momenti tristi, a volte. L’importante è rialzarsi, e penso sia questo il messaggio dietro lo sfogo che fuoriesce dall’album. Un sonoro vaffanculo, e poi ci si rimbocca le maniche. Non ci regala niente nessuno…

Secondo voi c’è anche una componente ludica nella musica? Non in generale, ma nella vostra. Il rapporto con il vostro pubblico come lo vivete? Oltre a ringraziare chi vi segue (gesto comunque molto apprezzabile e che dimostra umiltà ed intelligenza), queste persone le “vivete” realmente durante la dimensione live o sono solo uno sfondo che vi dà ancora più grinta e che in qualche modo rassicura l’ego?
Davide: Ti rispondo io poiché,oltre ad essere il famoso “frontman”,gestisco i nostri account delle varie piattaforme. Teniamo al nostro pubblico,ovvio. Saremmo dei pazzi a non ringraziarli del supporto e della stima,che però,come dire,deve essere reciproca. Non ci piace fare i “lecchini”…ti faccio un esempio…non sto li ogni due secondi,come tante band fanno,a linkare,linkare e rilinkare di continuo; 1) perché si corre il rischio,come si dice a Roma,”d’accollarsi” e diventare quindi fastidiosi 2) preferiamo magari avere 200 “mi piace” onesti e veri sulla pagina che 700 “mi piace” finti,ovvero di zii,cugini,nipoti e vicini di casa a cui hai rotto le palle 24 ore al giorno 😀 ahaha Il nostro fan deve divertirsi ed essere emozionato da quello che facciamo e non “costretto” della serie “metto il mi piace sennò questi non me li tolgo dalle palle”. Per quanto riguarda il live,stessa cosa. Se sei li sotto a pogare e cantare,buon per te e buon per noi che,inevitabilmente,veniamo coinvolti a nostra volta dall’entusiasmo. Se stai lontano 5-6 metri dal palco e magari non hai energie perché è stata una lunga giornata di lavoro è inutile che sto li a romperti i coglioni al microfono dicendoti “vieni avanti,dai,vieni avanti”. Sta a noi riuscire a riscaldare l’atmosfera e,ovviamente, se poi i fan ci mettono la ciliegina sulla torta,tutto diventa più bello. Viviamo il calore delle persone con grande intensità, e chi viene ai concerti infatti già sa che, quando passo il microfono a Roberto (nostro caro amico sempre in prima fila), è probabile che ci mandi fuori tempo ..ahaha!

Nel pezzo “Nuvole” è estremamente suggestivo il tuono iniziale, dei primi pochissimi secondi. In che modo secondo voi alcuni suoni possono coadiuvare le emozioni forti ed accompagnarle?
Penso sia molto importante il lavoro svolto in questo senso. Ci sono effetti sparsi qua e là durante tutta la durata dell’album, che sicuramente danno una carica emotiva maggiore alla nostra musica. Il ruggito durante l’intro di Troppa Pressione, il dialogo estratto da Il mago di Oz nella parte centrale di “Dorothy”…esempi pratici su come poter “suggestionare” un po’ l’ascoltatore.

Ora una domanda a cui penso siano necessarie risposte singole: immaginando la vostra formazione musicale e le origini della vostra passione per la musica, se chiedessero ad ognuno di voi di risvegliarsi domani mattina in una determinata città in un determinato periodo storico degli ultimi decenni, che cosa rispondereste? Quale atmosfera e che genere di fermento musicale sentite a voi più congeniale e di maggiore carica ed ispirazione?
Attenzione: non parlo di band a cui vi ispirate (anzi, è una domanda che detesto cordialmente 🙂 ) ma, appunto, di un’atmosfera, di descrivere una situazione ed una energia di vita che ritenete vi assomigli un po’

Davide: Senza dubbio il periodo tra il 1999 e il 2002. In quegli anni è uscito il maggior numero di album tra i miei preferiti e il nu metal era ai suoi picchi storici. Ricordo bene quel periodo,la mia adolescenza più o meno…gli Slipknot mi aiutavano a mandare a fare in culo i bulli,i Limp Bizkit mi davano quel pizzico di arroganza che serviva per strada e i Linkin Park mi aiutavano a sentirmi meno solo quando qualcosa non andava. Bei tempi 😉

Francesco: Sicuramente la scena “grunge” di Seattle a cavallo tra gli 80 e i 90. Il valore musicale dei singoli musicisti e delle band che parteciparono a quell’ondata è incredibile, a mio avviso. Inoltre amo particolarmente il rapporto che avevano tra di loro, creando un circuito underground in cui c’era rispetto, amicizia e spirito collaborativo. Infatti poi questi legami portarono alla nascita di progetti paralleli molto importanti, come Temple of the Dog, Mad Season. Progetti in cui confluirono le capacità di membri di band come Soundgarden, Peal Jam (che di lì a poco esordirono con Ten), Mother Love Bone, Alice in Chains, Screeming Trees, ecc…. Quindi ritengo siano stati un periodo ed un’atmosfera a me congeniali, fondati su un solido rapporto di amicizia. Che fa la differenza.

9875153716_59b861b12d_cRaffaele: Sicuramente se potessi mi risveglierei volentieri tra il 1700 e il 1800,l’epoca in cui la musica era considerata una vera e propria forma d’arte e tutte le più importanti corti europee facevano salti mortali per accaparrarsi i migliori musicisti e compositori,sostenendoli economicamente. Più precisamente vorrei trovarmi a Vienna e percorrere insieme a W.A.Mozart tutte le sue esperienze perchè credo che nella storia non ci sia stato nessun altro musicista così tanto bravo da trasformare le emozioni in note musicali,trasmettendole all’ascoltatore. Vorrei,anche solo per un giorno,vedere e scoprire il segreto della bravura di questo problematico fanciullo prodigio e perchè no,vorrei scambiare quattro chiacchiere con lui,l’individuo che ha radicalmente spezzato quelli che erano i canoni inattaccabili della musica .

Matteo: La domanda è davvero ardua, se solo avessi una macchina del tempo sarebbero troppi i periodi degli ultimi 50 anni che desidererei assaporare e vivere… costretto a scegliere, direi Inghilterra anni ’70. In uscita da un periodo florido come gli anni 60, dopo Woodstock e i movimenti del ’68, dopo la morte di Jimi Hendrix, la musica non sembrava volesse fermare la sua evoluzione. Tutto stava per nascere e dare vita alla storia del Rock. Avrei pianto alla notizia della morte di Hendrix e Joplin, avrei ascoltato in anteprima l’uscita di album come Led Zeppelin III, Who’s Next o The Dark Side Of The Moon, avrei assistito alla fine della guerra del Vietnam preparandomi a sfogare la mia insoddisfazione politica e gustare l’odore di rivolta con la carica dei Clash e dei Sex Pistols nelle orecchie, per poi perdermi alla fine di questo decennio nel viaggio mentale di The Wall.Un decennio di sesso, droga e fottuto rock ‘n’ roll, un decennio di anime perse e dedite completamente nella musica, musa ispiratrice di una vita. “It’s only rock ‘n’ roll, but we like it!”
Davide: Io vorrei rinascere a cavallo tra 19esimo e 20esimo secolo, strano ma vero,nel periodo della nascita del blues.
Amo questo genere perché molti stili musicali derivano dalle sue influenze.
Vorrei tornare indietro,magari essere uno schiavo afroamericano,lungo il Mississippi e cantare e suonare questo genere che ha influenzato così tanto la musica contemporanea.

Grazie per la collaborazione e per la chiacchierata e soprattutto in bocca al lupo con il nuovo album!


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Laura Dainelli

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