Lydia Lunch&Retrovirus@Init Club, Roma (di Mario Cordaro, foto di Salvatore Marando)

1460241_10201766695603255_1990406414_nLa programmazione dell’Init ha la particolarità di rivolgersi a poche date ben selezionate, e anche in questo caso non ha fatto eccezione: stasera si esibiscono i Retrovirus, recente progetto che vede all’opera Lydia Lunch alla voce, Weasel Walter (membro fondatore dei – ormai sciolti – Flying Luttenbachers) alla chitarra, Algis Kizys al basso (con gli Swans dall’86 al ’95) e Bob Bert (ex Sonic Youth) alla batteria, aventi già all’attivo un tour in Nordamerica da cui è stato tratto un live d’imminente uscita. Il loro tour europeo vede un avvicendamento nella formazione, infatti Kizys è stato sostituito da Tim Dahl, dai Child Abuse, collaboratore anche di John Zorn e Marc Ribot (c’è altro da aggiungere?).
L’idea alla base di questa “superband” è quella di rileggere la carriera della Lunch partendo dai suoi primi progetti, come i Teenage Jesus and the Jerks, fino ad arrivare alle cose più recenti; la proposta musicale infatti si inquadra pienamente (e non potrebbe essere altrimenti) nell’ambito della no wave. Avete letto correttamente, non si tratta di new wave. Non è il caso di ripercorrere in questa sede la storia e l’evoluzione di questo sottogenere, si finirebbe troppo fuori tema.
L’assenza di bands a supporto degli headliner sposta l’inizio del concerto sino alle 23 circa, quando i quattro fanno il loro ingresso sul palco. La grande stazza del chitarrista fa quasi da contraltare a quella della singer, la quale però mostra rapidamente1472834_10201766689323098_584696358_n spigliatezza e interazione con il pubblico. S’inizia dal punto più logico, in pieno periodo post-punk: il 1977. Oltre a pezzi come Afraid of your company e Burning stones, c’è spazio anche per una cover dei Suicide, Frankie teardrop. L’energia è molta, i suoni della chitarra abrasivi come la voce stessa della Lunch, la quale ci mostra l’effetto sull’ugola di svariati anni di fumo, alcool e chissà cos’altro (non che sia difficile da immaginare…). I risultati di questo modus vivendi, a mio avviso, sono artisticamente altalenanti: il suo timbro profondo, e certamente caratteristico, viene messo sporadicamente in difficoltà dalle eccessive richieste della cantante ai propri mezzi vocali. Non ho avuto modo di ascoltarla in precendenti concerti, quindi non sono in grado di stabilire se è solamente una serata sfortunata oppure no; oltretutto problemi al microfono, prontamente sostituito, rendono ancora più arduo capire obiettivamente di chi siano le responsabilità per quanto riguarda la parte vocale.
Ritmicamente basso e batteria si limitano all’accompagnamento, mentre la parte solista è affidata a Weasel Walter, il quale è certamente il personaggio più “rock” di tutto il combo: non si risparmia un attimo, muovendosi su tutto il palco (e anche sotto lo stesso) mentre maltratta la sua Telecaster, facendone uscire dei suoni tipicamente ottantiani.
Durante la penultima canzone si ripresenta il precedente problema al microfono – una sfortuna più unica che rara – facendo letteralmente andare su tutte le furie Bob Bert e la stessa cantante; la quale, afferrata la borsa, non troverà di meglio da fare che precipitarsi di corsa nel backstage, saltando quindi l’ultimo pezzo.
Tirando le somme, il set suonato è stato breve (settanta minuti scarsi), inficiato per altro dai contrattempi con la parte vocale. Questi incidenti possono capitare in un live e vanno messi in conto, soprattutto da musicisti con anni di carriera alle spalle, i quali dovrebbero prenderla con professionalità e filosofia, invece di fare scenate e piantare tutto: se non con la musica, i Retrovirus si sono certo distinti per la loro mancanza di stile.

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Mario Cordaro

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