Massimo Volume live @ Black Out Rock Club, Roma (testo di Simone NoizeWave Vinci, foto di Stefano D’offizi)

Dopo la data di Firenze, stupendamente recensita qualche giorno fa da Valentina Cipriani, e che potete trovare qui su Relics, è il momento di parlare di ciò che è stato il concerto dei Massimo Volume qui a Roma, nella cornice ormai sempre più importante del Black Out Rock Club.

In tour per promuovere il nuovo lavoro, Aspettando i Barbari, i Massimo Volume si presentano sobri e pieni di quello che è lo stile di uno dei gruppi meno convenzionali del panorama musicale italiano. Non c’è bisogno di fronzoli particolari, nemmeno di una spalle, semplici come i video-arte che accompagnano con le loro immagini balbettanti ma colorate, in contrapposizione al loro stile scuro. La risposta del pubblico è ottima, anche se inizialmente sembrava aver vinto la pioggia. E quello che a noi, primi arrivati, sembrava una serata bucata, si è trasformata in una platea gremita di persone di ogni tipo, molte teste “sale e pepe”, ragazzini in età post puberale. Menzione speciale va a tre donne che hanno assistito (si fa per dire) al concerto, in maniera ostinata e rivoluzionaria, sedute per tutto il tempo, sui divani di lato alla platea, senza mai alzarsi e senza vedere assolutamente nulla di tutto il concerto.

Le parole di Emidio Clementi, nemmeno a dirlo, colpiscono ogni volta e sorprendono nella loro ricercata semplicità, al punto da credere che lui abbia scritto q

uesta o quella canzone, basandoti su qualcosa che è accaduto a te. Inutile nascondersi dietro un dito, tutti noi che ascoltiamo i Massimo Volume, entriamo quasi in simbiosi con le parole, le viviamo in maniera intima, percettiva e la compostezza e il silenzio che teniamo durante il concerto, è l’esempio.

Sentendo quello che hanno da dire, a pensare a come quelle parole sembrino uscite dalla nostra bocca, anche se non le abbiamo dette mai.

Tutto diventa intimo e le nuove canzoni, forse più cupe, devono ancora entrare nella testa di tutti, anche se c’era chi cantava su Dio delle Zecche, la maggior parte di noi rimane aggrappata alle labbra di Emidio su pezzi come Litio o Le Nostre Ore Contate, su cui ho visto qualcuno piangere. Emidio parla e la regolarità della sua voce, in canzoni come La Notte, ti si aggrappa alla schiena, ma non è solo Emidio, è tutto. Sono EmidioEgleVittoria e Stefano, che ti si aggrappano alla schiena nei riverberi, nelle basi, nel tempo.  nulla ti distoglie, a parte i soliti che ti pestano i piedi per frapporsi nei 7 centimetri che ti separano dal culo di quello davanti. O chi parla ad alta voce dei fatti propri e si deve far zittire da una porzione di folla inferocita durante un momento strumentale.

Massimo Volume 03web2Emidio parla, ma inizia a sgolarsi, tutto scivola sul più bello, per citarlo. La voce di Emidio sparisce un po’ sotto la batteria, poi la batteria scende, poi sale la chitarra, poi di nuovo il volume della batteria sale. Si sgola per seguire un missaggio audio non ottimale,  ma lui mantiene il suo rigore, la sua strada e i Massimo Volume concedono ben due Bis, in cui tirano fuori quello che era contenuto in Stanze. Tutto finisce, loro scendono e spariscono nello stesso buio che li aveva portati sul palco.

Aspetteremo il loro ritorno, speriamo l’attesa non duri tre anni.
Link al Set su Flickr


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Simone Vinci

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