2Hurt – Mexico City Blues (2013, Lostunes Records) di Simone Vinci

Mexico City Blues è un libro di Jack Kerouac, il primo pubblicato che fosse una opera poetica, fatta di ispirazioni, di momenti, di improvvisazione più jazzistica, che scritturale. O almeno Kerouac sosteneva questo. I 2Hurt, seppur in maniera meno improvvisata, cercano di dare una nota a quelle parole fermate sulla carta e Mexico City Blues è il loro nuovo album, il quarto pubblicato nella loro storia e il primo per la Lostunes Records. Non avrà l'impatto di Jack Kerouac, ma è pur sempre un lavoro di livello. Il gruppo romano dei 2Hurt, nasce nel 2009 e l'attuale formazione, del…

Score

Concept
Artwork
Potenzialità

Conclusione : Raffinato

Voto Utenti : 4.12 ( 10 voti)

983851_10151610201672367_1267473312_n[1]Mexico City Blues è un libro di Jack Kerouac, il primo pubblicato che fosse una opera poetica, fatta di ispirazioni, di momenti, di improvvisazione più jazzistica, che scritturale. O almeno Kerouac sosteneva questo. I 2Hurt, seppur in maniera meno improvvisata, cercano di dare una nota a quelle parole fermate sulla carta e Mexico City Blues è il loro nuovo album, il quarto pubblicato nella loro storia e il primo per la Lostunes Records. Non avrà l’impatto di Jack Kerouac, ma è pur sempre un lavoro di livello.

Il gruppo romano dei 2Hurt, nasce nel 2009 e l’attuale formazione, del tutto nuova, è composta da: Paolo Spunk Bertozzi, Laura Senatore, Roberto Leone, Marco Di Nicolantonio, Giancarlo Cherubini. Oltre ad avere già 4 dischi in 4 anni di vita, hanno trovato il tempo per numerose collaborazioni internazionali. Tipo quella con Jimmy Donegan, per il quale i 2Hurt hanno inciso due pezzi che accompagnano le esposizione del pittore a New York. Gli stessi Paolo Bertozzi e Laura Senatore, hanno suonato per la colonna sonora di un film che sarà presentato al Sundance Festival.

I 2Hurt sono raffinati, piacevoli, orecchiabili e ci offrono un saggio della loro bravura nel saper dosare tutto nelle giuste proporzioni, sia che si tratti di effetti, sia di strumenti. Hanno dalla loro delle immagini che regalano qualcosa che è difficile scovare in giro: un blues classico, ma non standard. Perchè non è così scontato stare lontano dagli standard blues, ma loro ci riescono o comunque lo nascondono bene, sotto dei suoni molto ricercati. Questo Mexico City Blues sarebbe perfetto per la colonna sonora di un film on the road, o per un anime alla Cowboy Bebop. Insomma il succo è quello: un viaggio nel deserto verso il confine a bordo di una Plymouth Fury.

Manca ancora qualcosa, però, per poterlo considerare un ottimo lavoro, perchè, se da una parte è orecchiabile come una colonna sonora, dall’altra risulta vagamente spento e ripettivo, proprio perchè somiglia ad una colonna sonora. E’ un po’ un circolo vizioso, in effetti, ma il genere Blues offre questi effetti collaterali. Spesso il lavoro di cercare un suono particolare, è vanificato dall’eccessiva lunghezza della traccia, come in Ride the Blues, per esempio. Ma nel caso di Untravelled, riusciamo a trovare il giusto equilibrio, la quadratura del cerchio, accompagnati dal suono della chitarra di Van Christian e da quello di un mandolino elettrico.

Van Christian è l’ospite internazionale dell’album, rinomato Bluesman statunitense, rinomato per gli intenditori del genere, ovviamente. Lo stesso musicista è l’autore di Map of France, contenuto in questo stesso lavoro.

The Purple Paradise, rimane, secondo il nostro parere, il pezzo più bello ed emozionante dell’album, in cui ogni aspetto positivo di questa produzione, entra nelle orecchie e nella testa per quasi 5 minuti, senza farti distrarre da nient’altro intorno a chi ascolta.

Insomma, per quanto possa essere raffinato l’album, non riesce a risultare scorrevole, come se si perdesse dentro un bicchiere d’acqua alla ricerca dello spunto geniale. Per quanto riguarda la realizzazione pura, i ragazzi suonano alla grande, di quelli cui piace talmente tanto suonare, che se li piazzi dentro casa con del Bourbon, potrebbero suonare anche 36 ore consecutive. L’Artwork dell’album, ricorda quelle vecchie copertine Prog degli anni 70, molto curata, con un disegno pittorico che ben si sposa con il concetto dietro questo disco. E’ un disco che va ascoltato, anche se non si proviene da New Orleans.

 

 

Tracklist:
1. Watching you sleep
2. Can’t live without your love
3. Untravelled
4. The purple paradise
5. El Peyote
6. Map of France
7. By the river
8. Old rough roads
9. Days of wine and roses


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Simone Vinci

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