Destination Morgue VII @ Closer, Roma (testo e foto di Mario Cordaro)

Premessa: recensire proposte sonore di questo tipo è arduo, trattandosi in fondo di “rumore puro”. Cercherò comunque di essere più preciso possibile nel raccontarvi cosa è successo in questi due giorni al Closer, nell’ambito della settima edizione del festival industrial Destination Morgue.

Prima giornata: Imago Meccano + Santaagostino + Gerstein + Corpoparassita

Immagine 002Posso affermare tranquillamente di essere un appassionato ascoltatore di molti generi musicali differenti: l’industrial, con le sue sfaccettature, è tra questi. A quanto ne so non sono molti i festival inerenti in Italia, quindi la presenza al Closer è a dir poco obbligata.
In una sala quasi al buio assistiamo alla prima esibizione: tocca agli Imago Meccano scoperchiare il vaso di Pandora con un mix di noise e ambient sperimentale. La proposta di questa one-man-band – anche se è errato definirla in questa maniera – si basa su suoni graffianti come la puntina di un vinile, schiocchi, echi, ronzii, loop elettronici, campionamenti e voci registrate; il tutto adeguatamente amalgamato da un film in b/n sullo sfondo di Jean Epstein. L’effetto è straniante, rumoristico, quasi fastidioso. Presumo sia proprio quello che si voleva ottenere: l’effetto Larsen fa il suo dovere e difatti i ronzii nelle orecchie cominciano a farsi sentire.
Chiaramente questo genere di esperienze (di “musica” qui non c’è assolutamente nulla) sono a dir poco drastiche: semplicemente si amano o si odiano.
Opinione confermata con il power noise dei Santaagostino: questo trio usa la drum machine come base per un’elettronica simile in alcuni passaggi ai Tangerine Dream o gli Ulver, con i soliti echi e campionamenti del moog a fare da contorno. Proposta più “orecchiabile” quindi, termine ovviamente da prendere con le dovute riserve.Immagine 017
Il duo a nome Gerstein sposta il tiro musicalmente, oltre a cogliere l’occasione per festeggiare i loro trent’anni di attività: l’occasione è perfetta per concentrare interamente il set sull’esecuzione di nuovi pezzi, dal tipico cantato new wave su una base elettronica simil-Kraftwerk. Notiamo di nuovo la presenza del moog in alcune canzoni, oltre alla chitarra elettrica (in stile shoegaze). Questa band non nasconde di certo il proprio essere italiana, dato l’utilizzo nei brani di alcune registrazioni di noti esponenti politici.
La prima giornata si chiude con la performance dei Corpoparassita, il progetto più vicino alle mie corde di questa prima giornata. Trattasi infatti di power electronics con tutte le caratteristiche del caso: voci recitate o distorte, echi, urla, campanelli e un mood generale decisamente inquietante, per non dire horrorifico. Bella scoperta.

Seconda giornata: Candor Chasma + Khem + The Sodality + Bathory Legion

Immagine 031Il secondo, e ultimo, giorno di festival si apre all’insegna del rumorismo/noise con i Candor Chasma. Questo duo miscela campionamenti, distorsioni, loop, annunci e rumori vari (tra cui quello che sembra il decollo di un aereo), ma l’effetto non è particolarmente evocativo o avvincente. Non si capisce bene dove vogliano andare a parare, ma il pubblico mostra di gradire molto applaudendo il gruppo.
I Khem, invece, propongono un genere totalmente diverso, tra la sperimentazione e l’avanguardia; anch’essi sono un duo voce/effetti, ma l’esecuzione di “Daddy Cool” come primo pezzo mi lascia abbastanza sorpreso. I loro testi affrontano argomenti politici o sociali, avvolgendoli in un’aura quasi mistica. Sicuramente ostici al primo ascolto, ma meritevoli di un approfondimento.
I prossimi a salire sul palco sono gli storici The Sodality, nome di spicco della power electronics, qui riuniti per l’occasione: il set è furioso, l’elettronica disturbante e la voce urlata all’inverosimile. Questo trio è davvero martellante sul palco, l’energia sprigionata è notevolissima e nessuno si risparmia. Un come-back degno di questo nome, per loro solo applausi. Menzione doverosa alla chiusura del loro concerto, affidata a Wagner.Immagine 042
L’ultimo nome della rassegna, Bathory Legion, propone una dark ambient piuttosto canonica correlata di pentacoli, segni esoterici vari e tutto l’armamentario del caso: questo genere però alla lunga rischia di assomigliare troppo a se stesso e di annoiare. Nel mio caso mi pongo in una via di mezzo definendola gradevole, ma assolutamente non trascendentale.
Festival riuscito comunque, peccato per il poco pubblico (un’ottantina di persona in entrambe le giornate): per quanto mi riguarda, l’appuntamento è tra un anno per l’ottava edizione.


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Mario Cordaro

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