Mark Kozelek live @ Circolo degli artisti (di Laura Dainelli)

KozelekLa serata si presenta da subito abbastanza surreale: la sala infatti è gremita di gente desiderosa di perdersi tra le incantevoli note di Mark Kozelek, ma tutti in religioso silenzio, quasi come fossimo all’Opera o una prima teatrale di alto prestigio. Siamo tutti abituati ad un Circolo degli artisti diverso, più rock e spensierato potremmo dire, e a vedere quella sala come un posto dove si balla, si beve e si chiacchiera ascoltando ottima musica.

Ecco, stasera non è così.

Per l’ottima musica sicuramente sì, su questo il locale davvero difficilmente si smentisce, ma l’atmosfera è diversa. Proverò a descriverla a chi non era presente, e a chi c’era, invece, se legge, se l’ha vissuta come l’abbiamo vissuta noi. Entrando già notiamo una particolarità, ossia che l’artista ha chiesto espressamente di non fotografare o riprendere in alcun modo la sua perfomance. E questo, pur se abbastanza insolito, potremmo dire che accade ogni tanto, a tutti i fotografi sarà capitato almeno una volta. Ma ciò che desta ancora più stupore è il cartello all’interno in cui si dice che per volontà dell’artista non possono essere serviti cocktail (solo birra) per tutta la durata del live. Perchè?  Mettendo un attimo insieme tutti gli elementi, ci rendiamo presto conto che il motivo può essere uno solo: un rapporto di Mark Kozelek con la sua musica assolutamente intimista e privato, anche durante un live pubblico. Il momento del live sembra essere per lui un momento in cui trascinare chi vuole ascoltarlo nella sua dimensione intimista, anzichè crearne una nuova insieme al pubblico. Colori e rumori di qualsiasi genere sono un disturbo difficilmente tollerabile e conciliabile con questa delicatissima operazione.

Si tratta di un momento in cui è l’artista stesso che non solo vuole coinvolgere il pubblico nel suo mondo interiore in modo totalizzante, ma quello che si nota in più è che è proprio lui ad averne bisogno. Una volta creata questa atmosfera, fatta solo di buio e note che sono in questo buio come lampi di luce e veicoli di emozioni potenti, Kozelek inizia a suonare. Suona per due ore consecutive, senza cedimenti, ma anzi amplificando ulteriormente questa atmosfera appena descritta attraverso una scelta del suo lungo ed articolato repertorio musicale un po’ insolita, ma di certo non lasciata al caso.

L’intero live si concentra infatti su pezzi tutti abbastanza lenti e malinconinci, molto toccanti ed evocativi soprattutto per i temi trattati. Si va infatti da I can’t live without my mother’s love in cui frasi come “I can live with anything you’ve got to throw in my face /But I can’t live without my mother’s embrace/My mother is seventy five, she’s the closest friend I have in my life”, già eloquenti e dolcissime al tempo stesso, sono accompagnate da una chitarra straordinaria e soprattutto una voce che davvero farebbe crollare i muri, non tanto (o non solo) per la sua potenza, quanto per l’incanto che intorno a sè riesce a creare.

Poi, come fa intendere l’artista stesso, per una sorta di “par condicio” degli affetti, o – più seriamente – alla luce di una profonda riflessione su quali siano i veri legami della vita, prosegue il live con I love my dad, altrettanto intensa. Questa intensità però Kozleek non la riserva solo ai suoi affetti ma a tutto ciò che ha regalato lui emozioni importanti e che lo hanno segnato. Ad esempio, sono ricorrenti nei suoi testi e nella sua musica, cenni – neanche troppo velati – all’Ohio, suo luogo di origine, e soprattutto a San Francisco, nel bene e nel male. Si tratta infatti di una città che ha lui ha dato molto e dove ha deciso di stabilirsi e di fondare il suo secondo e più noto progetto musicale Sun Kil Moon, ma dove anche ha potuto osservare tante vite solitarie e chiuse in se stesse, come spesso accade nelle grandi metropoli, e dove l’alienazione reciproca spesso porta anche alle tragedie, come nel caso descritto dal bellissimo pezzo Richard Ramirez died Today for Natural Causes.

Un pezzo che invece a dispetto del titolo è molto commovente è Hey you bastard I’m still here, il cui nome si deve ad una frase di Steve McQueen nel film Papillon, che lui guardava sempre con suo padre. Ripensa a cose semplici di vita quotidiana come attimi ormai perduti e che nulla potrà riportare indietro, li rivive battuta per battuta, ogni singolo sguardo, sorriso o purezza nei comportamenti e nel trasmettere amore pur senza grandi dichiarazioni. In questo contesto, non mancano comunque riferimenti culturali di insofferenza molto precisi, il primo verso inizia infatti con un abbastanza provocatorio “When I was a kid I read the satanic bible.I was bored, got it at the mall in Ohio..” per poi continuare a descrivere, in modo velato e che fa capire più che dire, ma forse proprio per questo incisivo, i motivi che lo hanno spinto a fuggire da una realtà come l’Ohio per stabilirsi definitivamente in età adulta a San Francisco, città dai tanti difetti ma sicuramente con un clima di libertà ed apertura mentale molto più significativo, palese ed in grado di accogliere di tantissimi altri posti negli Stati Uniti.

Il live si conclude poi con una famosa cover di Steven Sondheim, con un pezzo dal titolo folle come The Moderately Talented Yet Attractive Young Woman vs. The Exceptionally Talented Yet Not So Attractive Middle Aged Man, che è una critica, o forse più uno spunto di riflessione aperto, della bellezza fine a se stessa, e se questa sia veramente un punto di forza quando sotto non c’è nulla, e di come invece spesso chi risulta meno attraente ma ha invece tanto da dire e da trasmettere può incontrare maggiori difficoltà nel farlo e nell’essere davvero ascoltato.

Rientra nel gran finale anche Katawice or Catalogne, dove si esprime con un solo strumento musicale una forza grandiosa ed anche una malinconia importante, di quelle che ti rimangono nell’anima, ma non come un qualcosa di necessariamente negativo, più come un raggio di sole al tramonto, che scalda ma flebile e che stra per lasciare spazio all’incerto, certi però di quanto si è già vissuto.

Setlist:

Black Kite

Elain

I can’t live without my mother’s love

I love my dad

Carissa

Dogs

I watched the film but the song remain the same

Micheline

Richard Ramirez die today of natural causes

Hey you Bastards I’m still here

By the time that I awoke

Caroline

Ceiling Gazing

Gustavo

Katawice or Catalogne

That Bird has a broken wing

The Moderately Talented Yet Attractive Young Woman vs. The Exceptionally Talented Yet Not So Attractive Middle Aged Man

Encore:

Tavoris Cloud

Send in the clowns

(Stephen Sondheim cover)

Livingstone Bramble

 

Ringraziamo il Circolo degli artisti e Press Circolo degli artisti per aver ospitato questo evento.


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Laura Dainelli

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