Chat Noir – Elec3cities (RareNoiseRecords, 2014) di Alberto Calandriello

2c14c8_fc76e05e521d48168f7844a37825b20d.jpg_srz_p_395_352_75_22_0.50_1.20_0.00_jpg_srzNon è semplice mantenere queste righe sugli Chat Noir dentro i confini, a volte rigidi e soprattutto soffocanti, della “recensione” intesa in senso stretto. Non è facile perché la parola scritta arriva fino ad un certo punto, se si prova a descrivere qualcosa che non è catalogabile, se si prova a raccontare qualcosa che non è decifrabile, se si cerca di ingabbiare in un recinto un’emozione che ci coglie impreparati.
Detto questo, è compito di chi scrive usare, in certi casi, alcuni termini che da soli e quasi fuori da qualunque contesto, riescano quantomeno a restringere un po’ la mappa per gli esploratori del sonoro. Quindi, togliamoci il pensiero e diciamo le paroline magiche: jazz, anzi free jazz, dub, elettronica, psichedelia, progressive, morricone, ambient.
Ok, ora potete provare a mischiare le parole di cui sopra a vostro piacimento, come sassolini colorati dentro un caleidoscopio e state sicuri che a nessuno verrà mai la stessa figura, lo stesso disegno, la stessa emozione.
Oppure, fate come ho fatto io nello scoprire questo Elec3cities, lasciate andare la musica, socchiudete gli occhi e cercate di memorizzare più immagini possibili, tra le tante, tantissime che sono certo questo album vi evocherà. Partite con gli Chat Noir in un viaggio piacevole e sorprendente, entrate nella loro musica come dentro ad un catalogo di viaggi tridimensionale e godetevi i paesaggi che vi appariranno lungo il cammino.
Certamente la musicoterapia di cui Michele è insegnante lascia qualche segno nelle note del gruppo, quasi a spurgare la nostra anima dalle asperità di un quotidiano troppo misero per non farci sognare.
Otto pezzi che non è facile limitarci a definire canzoni, perché al loro interno ognuno di essi contiene momenti diversi, aperture e fughe in avanti, poi improvvise retromarce e di nuovo accelerazioni.
Ma tornando al mio esperimento, proviamo a condividere alcuni dei flussi che il pensiero viene stimolato ad attraversare: un fondale desertico, la terra arida, movimenti in lontananza, un canto antico, tribale, evocazione di spiriti, un pianoforte che è come pioggia sulla sabbia asciutta, confini sfumati, confini che si sciolgono al sole o forse per un fuoco che arde e ripulisce, una strada buia, un ciottolato scarsamente illuminato da lampadine troppo impolverate per fare davvero luce, rumori di passaggio, ombre che sembrano enormi, animali impauriti, un uomo che cammina, lentamente, mentre le lacrime gli rigano il volto, mentre chissà dove, una donna è in pena per lui, un fiume in piena, una radio che gracchia, uccelli che girano in tondo, forse ad annunciare la tempesta, forse perché hanno visto un cadavere.
Scegliete di passare un’oretta con gli Chat Noir, provate ad entrare nel loro mondo e soprattutto a far si che i loro strumenti entrino nel vostro, rendendolo sicuramente un film che vale la pena di essere visto.

Tracklist:
1. Avant Buddha
2. Chelsea high line
3. Ninth
4. Pearls
5. Radio show
6. Peaceful
7. Our hearts have been bombed
8. Aspekt


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Stefano Capolongo

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