Sleater-Kinney – No cities to love (Sub Pop, 2015) di Mario Cutolo

sleater kinneyNon siamo nemmeno alla fine del primo mese del nuovo anno e già siamo di fronte alla prima grande reunion. Il 2015 coincide con due anniversari per le Sleater-Kinney: vent’anni dal loro omonimo album d’esordio e dieci dall’ultima loro uscita The Woods.
I loro dischi sono di per se la testimonianza di una band che può essere definita senza alcun dubbio uno dei più importanti esempi del punk/rock degli ultimi vent’anni. La loro sensibilità femminile che le collega al movimento delle riot grrrl degli anni ’90 ne fa però non solo il gruppo più importante di quel movimento, ma coloro che hanno saputo, in modo originale, approfittare della porta aperta dai Nirvana all’inizio di quel decennio e spalancare un portone.
Nei dieci anni che passano tra The Woods e No Cities to Love, Carrie Brownstein, Corin Tucker e Janet Weiss non sono scomparse dalla scena. Carrie Browstein, oltre ad essere diventata una mini celebrità televisiva con Portlandia, ha, insieme a Janet Weiss dato vita ai Wild Flag, mentre Corin Tucker ha formato la sua Corin Tucker Band. Sebbene questi progetti siano stati accolti favorevolmente, tutti avevano la speranza che le Sleater Kinney ritornassero insieme. Ed ora quel desiderio si e’ trasformato in una realtà che va al di la di qualsiasi aspettativa.
No Cities to Love è un disco che arriva a ricordarci non tanto quanto le Sleater-Kinney siano state influenti, ma piuttosto quanto ci siano mancate in questo lungo decennio. In dieci canzoni che durano poco più di mezz’ora prendono d’assalto tutti I sensi in una ininterrotta cavalcata che comincia da Price Tag e finisce con Fade senza avere un attimo di respiro.
Quando il disco finisce si ha voglia di ricominciare, e piu si ascolta più si fa caso a tutti i particolari, le sfumature, i testi e le implicazioni che il disco racchiude.
Che le ragazze siano cresciute e diventate donne lo si capisce subito da Price Tag quando cantano “We never really checked/we never checked the price tag/when the cost comes in/ It’s gonna be high” o nella candida constatazione di Hey Darling che “The only thing that comes from fame is mediocrity”.
Quasi a giustificare la loro lunga assenza e il desiderio di ritornare insieme, No Cities to Love è la riflessione di tre donne che può essere riassunta nel ritornello di Surface Envy: “We win, We Lose. Only togheter we break the rules”.
Decisamente quello che lascia stupefatti è quanto le Sleater-Kinney non abbiano perso nulla in questi dieci anni ed anzi, siano diventate ancora più “sofisticate” nella loro critica sociale visto dagli occhi delle donne e con “No Cities to Love” hanno già lanciato la candidatura a competere per il miglior album dell’anno.

Tracklist:

1. Price Tag 
2. Fangless 
3. Surface Envy 
4. No Cities to Love 
5. A New Wave 
6. No Anthems 
7. Gimme Love 
8. Bury Our Friends 
9. Hey Darling 
10. Fade


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Stefano Capolongo

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