Tornano in Italia per una attesissima data i maestri incontrastati (e probabilmente incontrastabili) del noise/shoegaze mondiale. Stiamo parlando degli A Place To Bury Strangers, capitanati dal leader Oliver Ackermann alla chitarra e voce insieme a Robi Gonzalez e Dion Lunadon, rispettivamente batteria e basso. I tre diavoli di Brooklyn, New York sono alle prese con il mega tour mondiale di promozione del loro ultimo lavoro uscito in febbraio dal titolo Transfixiation, uno dei lavori più terrificanti dal punto di vista della violenza sonora e nuovo punto d’approdo per la sperimentazione sonora di Ackermann e soci. La location è il Locomotiv di Bologna, locale che torna ad ospitarli a distanza di 2 anni e che si rivela essere sempre una splendida vetrina per eventi di questo genere. Ad accompagnare gli APTBS ci sono i Rape Blossoms, band belga dalle sonorità cupe e particolari, che con la loro esibizione scaldano a dovere i rimpani di un pubblico che si presenta in massa inondando il Locomotiv. Pochi minuti per il veloce cambio palco ed ecco partire l’esibizione degli APTBS che cominciano a martellare e a demolire ogni base melodica si possa immaginare di trovare sulle note di una canzone. L’esplosione sonora di una esibizione live degli APTBS è paragonabile ad un impatto a 120 km/h su un muro di cemento, una autentica tempesta di feedback e suoni portati all’estremo. L’apertura del concerto è riservata ad alcuni pezzi provenienti da Transfixiation, come Supermaster e Straight, ma in scaletta non mancano alcuni dei pezzi forti della band come Ocean, Ego Death e Deadbeat. Il pubblico risponde con un pogo serrato e urla d’estasi, ovviamente nessuno immaginava che il concerto avrebbe riservato continue sorprese da parte dell’imprevedibile Ackermann e dai suoi 2 altrettanto folli soci. La prima arriva dopo la prima scarica di adrenalinici pezzi quando Oliver getta a terra la propria Fender Jaguar, lasciandola nel suo delirio di feedback, e decide di bombardare l’intero locale con una scarica di fumo, proveniente dalle macchine istallate sul palco, e di condire il tutto con 4 flash che iniziano a sparare lampi di luce abbaglianti. Il risultato è stata la creazione live di un ambiente totalmente surreale dove in buona sostanza il pubblico si è trovato smarrito all’interno del locale con unico punto di riferimento il continuo sferragliare di feedback e linee di basso che si insinuavano nelle orecchie come uno scalpello nella pietra. Quello che succedeva sul palco per un buon quarto d’ora è stato un assoluto mistero, il fumo era talmente fitto che si faticava a riconoscere chi ci si trovasse a fianco, una situazione più unica che rara. Le sorprese tuttavia non sono ancora terminate. Il fumo si dirada appena, un breve momento di puro noise no-sense precede uno dei pezzi più famosi e certo più apprezzati del repertorio della band, I Live My Life To Stand In A Shadow Of Your Heart, lo start lo da Dion con il suo basso e quello che succede nei minuti successivi è facile da immaginare, quello che però era decisamente meno prevedibile era che durante il bridge centrale del pezzo Oliver lanciasse via la sua chitarra lasciando Robi e Dion (che per l’occasione decide di proseguire il suo giro di basso in piedi sulla chitarra del compagno) soli sul palco a proseguire il pezzo mentre lui comincia ad armeggiare sugli amplificatori. La situazione degenera quando Dion prende il suo amplificatore e prima lo trascina al limite del palco, praticamente in faccia ai temerari della prima fila che si vedono schiaffeggiati letteralmente dall’onda d’urto di un basso che già picchiava a dovere quando era 10 metri indietro…non è ancora finita, a questo punto sono saltati gli schemi di un concerto rock “classico” e non ci sono più regole. Dion scende dal palco e tira giù l’amplificatore in mezzo ad un pubblico incredulo e lo trascina a forza verso il centro del locale lasciando Oliver da solo sul palco alle prese con il consueto stupro della sua Jaguar. pochi minuti di incredulità e anche Oliver stacca la sua chitarra e si avvia verso il centro del locale facendosi spazio chitarra alla mano attraverso il pubblico trovando a sorpresa un nuovo mini stage allestito in mezzo al pubblico con due stand per tastiera che sorreggevano una drum-machine e alcuni pedali che modulavano la voce di Oliver e a chiudere l’amplificatore per basso che diligentemente Dion si era portato dietro dal palco. Il concerto si conclude con gli ultimi due brani, Lower Zone e Now It’s Over, eseguiti praticamente in mezzo al pubblico che incredulo ed estasiato si è gustato questa ennesima meravigliosa follia della band Newyorkese.
Un concerto da vivere, nessun racconto potrebbe mai esprimere più del 20% di quello che è successo venerdì 17 aprile dentro il Locomotiv di Bologna. Se il concerto è l’estrema esibizione del concetto di arte in quanto musica da vedere, immaginate il genio e l’imprevedibilità dagli A Place To Bury Strangers di privare il pubblico del fattore visivo lasciando soltanto un muro sonoro e le sensazioni che questi porta dietro di se. Provateci.