Eniac – I, Mother Earth (Edison Box, 2015) di Luca Frasca

Chiariamoci subito, "I, Mother Earth" di Eniac non è un album di canzoni. O meglio, il formato è quello ma la sostanza è tutta un'altra cosa. Piuttosto potrebbe essere considerato come un album di suggestioni visive e sonore, frutto di una ricerca sconsiderata nei meandri più remoti della parte destra del cervello così come dell'universo. Si, perchè è nell'universo -mentale o reale che sia- che si trova il punto di ascolto di questo disco. Se infatti l'obiettivo del compositore era farci ritrovare immersi in uno spazio denso e oscuro, a galleggiare tra i meccanismi freddi e automatici di una navicella spaziale alla Alien,…

Score

CONCEPT
ARTWORK
POTENZIALITA'

Conclusione : Visionario

Voto Utenti : 4.4 ( 1 voti)

Eniac - I Mother EarthChiariamoci subito, “I, Mother Earth” di Eniac non è un album di canzoni. O meglio, il formato è quello ma la sostanza è tutta un’altra cosa. Piuttosto potrebbe essere considerato come un album di suggestioni visive e sonore, frutto di una ricerca sconsiderata nei meandri più remoti della parte destra del cervello così come dell’universo. Si, perchè è nell’universo -mentale o reale che sia- che si trova il punto di ascolto di questo disco. Se infatti l’obiettivo del compositore era farci ritrovare immersi in uno spazio denso e oscuro, a galleggiare tra i meccanismi freddi e automatici di una navicella spaziale alla Alien, lo scopo è stato raggiunto pienamente. Anche se, a volte, ascoltando il disco chiusi nella propria camera, si corre il rischio di passare per uno scienziato pazzo a cui è sfuggita la realtà, tra formule per creare ansia in pillole o algoritmi per trovare il suono perfetto. Sicuramente in questo disco non si trova la nuova hit, o il pezzo catchy da lanciare in radio. Ma si capisce fin dalla prima traccia che non è assolutamente questo il senso del disco. Non ci sono melodie riconoscibili nè armonie comprensibili, siamo lontani anni luce, per rimanere in tema, dall’idea di “canzone”. Il disco suona come suonerebbe l’universo, se solo potesse, nel momento in cui un commando di Grigi, la più televisiva delle razze aliene, scrutasse dall’alto della loro tecnologia la nostra amata Terra. Strano, complesso. Freddo, ma, in fondo, interessante. Non per tutti, quantitativamente parlando. Portare questo disco ad un immaginario convegno di critici ed esteti sul senso della musica e dell’arte sarebbe come portare una bomba atomica, si aprirebbe la solita infinita diatriba sui limiti dell’arte, su cos’è l’arte e dove finisce. Fortunatamente la musica permette tutto questo, la sperimentazione, anche la più intrepida, trova il suo spazio, apre varchi e offre spunti, per connubi inaspettati, anche con altre forme artistiche. Ed è qui che trova la sua
dimensione “I, Mother Earth“, al limite tra l’assurdo e l’estremamente significativo, a seconda del contesto. Perciò, bisogna allacciarsi le cinture dell’immedesimazione al momento di ascoltarlo, tra un suono e l’altro c’è pericolo di ritrovarsi in chissà quale punto dello spazio-tempo. Una cosa è certa, una volta scesi, anche la cassa dritta e distorta della canzone del tamarro in auto farà tirare un bel sospiro di sollievo.

Tracklist

  1. Gradiente Zero
  2. Again
  3. Rimembranza
  4. Moss-ed
  5. Dalton Minimum
  6. Saturn’s Aurora
  7. Incipient
  8. Gort Beat
  9. Pixelated Cloud
  10. Endurance


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Luca Frasca

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