REAL RELICS #5 – The Doors @Hollywood Bowl, Los Angeles (di Stefano D’Offizi)

led11968, il mondo è in fermento, i giovani della nuova generazione protestano in ognidove e nella storia verranno ricordati come “Sessantottini” tutte quelle persone che prendono parte ai movimenti studenteschi. Anche il Rock naviga in acque burrascose; a febbraio il fondatore dei Pink Floyd Syd Barrett viene ricoverato in una clinica psichiatrica e sostituito dal suo amico David Gilmour. Nel mese di giungo, gli Iron Butterfly pubblicano In-A-Gadda-Da-Vida, il miglior lavoro di sempre della band psichedelica di San Diego. Un mese dopo l’Hollywood Bowl di Los Angeles ospita una delle band rivelazione degli ultimi anni, il cartellone recita testualmente: The Doors Live At The Hollywood Bowl”.
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La città è in fermento per quello che passerà alla storia come uno dei live meglio riusciti per la band capitanata da Jim Morrison; il tutto verrà infatti sapientemente ripreso da un registratore audio ad otto piste e filmato da cineprese con pellicole a colori da 16mm. Ad occuparsi delle riprese il team di FOF con Paul Ferrara alla regia, il fotografo Frank Lisciandro ed un giovanissimo Harrison Ford come cameraman (si può scorgere durante le riprese mentre imbraccia una delle quattro cineprese).
Inutile dirlo, si sfiora il tutto esaurito!
“Sembra che tutta Los Angeles sia piombata qui dentro” esclama Ray Manzarek sbirciando dai camerini mentre Robby Krieger e John Densmore si preparano ad accogliere un palco caldissimo. Di Jim ovviamente neanche l’ombra. Ad aprire quel concerto vengono chiamati i Chambers Brothers e gli Steppenwolf, dei quali lo stesso Manzarek rimane affascinato, al punto da canticchiare il celebre ritornello di “Born to be wild”.
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Il Re Lucertola si presenta appena prima di salire sul palco, visivamente ispirato, “chiuso” tra concentrazione e trance indotto, resta solo da capire fino a che punto si tratta dell’uno e dove comincia l’altro. Dopo una breve introduzione è subito “When the music’s over” ed “Alabama Song”, un “unodue” per stendere subito il pubblico e non lasciarlo troppo sulle spine; Morrison gioca con la platea (e chissà con cosa altro che solo lui è capace di vedere), rutto libero e danze tribali, mentre uno ad uno introduce ogni brano semplicemente guardando nel vuoto, il tutto perfettamente incorniciato da sprazzi di Rock, Blues e Psichedelia che sconfina in accenni di Jazz, il culmine creativo di una band che resterà per sempre nella storia della Musica con la M maiuscola… come Morrison! Le riprese del live verranno rese pubbliche solo nel 1987, oltretutto con enormi tagli che per ragioni a noi sconosciute (verranno reintrodotti solo in una versione successiva datata 2012, ben quarantaquattro anni dopo!).

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Morrison apostrofa chiunque gli passi davanti, dal tecnico delle luci alla platea stessa, danza come uno sciamano, viene “giustiziato” dalla chitarra di Krieger in una scenetta improvvisata e si diverte a perdersi e ritrovarsi durante tutto lo show. Non può ovviamente mancare “The End”,  cavallo di battaglia intamontabile, recitata o per meglio dire esaltata da un Morrison in fase sognante; tutto il brano viene accompagnato da un silenzio di tomba, un trance collettivo che rimbalza su tutti i presenti, ed ognuno fa parte dello spettacolo. Oggi, nella versione rimasterizzata in 5.1, si può apprezzare maggiormente un’enfasi capace di catapultare l’ascoltatore direttamente nel mezzo della folla.
In conclusione, se siete dei fanatici del genere, non potete non avere questa “Vera Reliquia”!


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Stefano D'Offizi

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