The Heliocentrics @ Biko, MI (report e foto di Mauro Tomelli)

Sono arrivato al Biko appena dopo alle 10 di sera in una serata uggiosa che accennava quella pioggerellina fastidiosa che si fa viva a fine autunno o ad inizio inverno. Sul posto io e altri avventori ci guardiamo con aria rassegnata. La fila per entrare è lunga, quella delle grandi occasioni, ed sarebbe quindi lecito armarsi di pazienza. Alla fine della serata il responso sarà uguale a quello avuto in occasione della data dell’aprile scorso: tutto esaurito. E’ la conferma che gli The Heliocentrics dalle nostre parti piacciono e anche parecchio. Reduci dal nuovo lavoro A World of Masks, la band di Malcolm Catto ha decisamente ampliato il pubblico e dimostrando, soprattutto dal vivo, piena padronanza del loro straordinario miscuglio di jazz, kraut rock, post rock, dub, spaghetti sound e pop che vale la pena ascoltare ed osservare almeno una volta dal vivo.

Il concerto è iniziato tardi, oltre la mezzanotte, anche a causa, come mi è stato spiegato successivamente, per un problema al proiettore che avrebbe dovuto creare la scenografia di immagini sul palco. Questo ha sicuramente anche condizionato l’illuminazione del concerto, allestita in funzione delle proiezioni, che si è rivelata quasi inesistente. Questo però ha creato un’ambiente vitreo, che si è amalgamato bene allo spettacolo dando vita a qualcosa che si avvicinasse più ad una sorta di rito cosmico che a un concerto.

Malcolm Catto e gli altri giovani musicisti della band inglese sono stati i primi a salire sul palco macinando subito due brani tratti dalla colonna sonora del docu-film The Sunshine Makers. Dopo è stato il turno della istrionica cantate di origine slovacca Barbora Patkova, vestita in top a taglio basso che metteva in evidenza i tatuaggi astrali e fascinator Royal Ascot che gli copriva il capo. La sua potente voce in orbita attorno alla bass-line in crescendo di “Made of the Sun“ è stato qualcosa di molto coinvolgente. Il resto del concerto è stato puro estro e magnificenza psichedelica, un miasma di trance e ritmi vorticosa che attinge allo space rock, al funk nordafricano e a tanto tantissimo altro. Il sound degli The Heliocentrics è ben traducibile però anche vedendo la quantità e varietà di strumenti utilizzati dai suoi poli-strumentisti come Jack Yglesias. E poi una sezione ritmica flessibile decorata con molti e talvolta non identificabili strumenti che venivano piegati, soffiati, pizzicati e colpito. La voce della Patkova, che è una novità assoluta per la band che ha sempre vissuto senza sezione vocale, ha fornito uno sbocco visivo e fonico, conducendo la folla a momenti come “Oh Brother” e “The Wake”, utilizzando la voce come se fosse un’altro strumento al servizio della band. Lamenti e grida che si sono alternati in canti dal suo nativo slovacco. La serata è proseguita lungamente con gli “eliocentrici” che sono risaliti sul palco per accontentare il pubblico con altri due brani. Alla fine quando le luci si sono accese, straniti, si ha avuto la netta consapevolezza di aver ascoltato qualcosa fuori dal comune.

 

 


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Mauro Tomelli

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