Le Luci della Centrale Elettrica live @ Blackout Rock Club (testo e foto di Michele Saravo)

Un punto di vista può cambiare da persona a persona. Questo è quello che mi è venuto in mente dopo l’esibizione de Le luci della centrale elettrica, ospitata dalla già conosciuta cornice del Blackout. La band del ferrarese Vasco Brondi approda a Roma per continuare il tour invernale  successivo l’EP C’eravamo abbastanza amati. Al mio arrivo ho incontrato una fila chilometrica per l’ingresso al locale già stracolmo…e non erano nemmeno le 9 e mezza! Riesco ad ottenere una misera sesta fila per le foto, riuscendo a convincere pochissime persone che volevano vedere il loro idolo a tutti i costi. Ed è proprio sul concetto d’idolo che bisogna riflettere un istante: Vasco Brondi, osannato dalla critica e dai suoi fan, meritevole della copertina di Repubblica XL… purtroppo, diversamente da quanto mi aspettavo, non mi ha trasmesso molto, osservo in silenzio e sperando in qualche scossa improvvisa, rimango comunque immune ai testi quantomeno enigmatici e al ritmo  cantilenante delle canzoni, che risultano molto simili tra loro. 
Questo però, come ho già detto prima, è un punto di vista personale, che con me hanno condiviso altre persone presenti sul posto. Ma andiamo per ordine.
Il concerto è iniziato regolarmente e senza alcun gruppo spalla alle 22 in punto, dopo un paio di minuti di buio e di effetti sonori di sottofondo. Brondi e la sua band hanno rotto il ghiaccio aprendo lo spettacolo con la già acclamata e conosciuta Cara catastrofe, canzone che viene suonata nel fumo degli effetti scenici insieme ai due brani successivi.  Le canzoni si susseguono velocemente, tenendo una linea melodica pressoché in linea che riesce a conservare l’atmosfera senza creare scompensi. Il ritmo della serata accelera decisamente durante una cover di Emilia Paranoica, noto successo dei CCCP (ovviamente in grado di muovere qualche timido accenno al pogo che non appartiene a questo pubblico), e di Summer on a solitary beach di Franco Battiato, dando adito a suoni più rudi e potenti.
A circa tre quarti del concerto Le luci lasciano il palco, per poi illuminarlo nuovamente qualche minuto dopo; uno stacco presente in  ognuno dei loro concerti, che lascia stupito il neofita, quanto desideroso del ritorno in scena il veterano. Quel che mi ha colpito molto di questa esibizione è stato decisamente il pubblico, sembrava differire totalmente dalla mia visione della serata: tutti i presenti, una folla abbastanza eterogenea formata da ragazzi giovanissimi e meno, hanno seguito il concerto con il fiato sospeso e (come mi è capitato di vedere) qualche lacrima negli occhi, segno di un’incredibile partecipazione emotiva verso Vasco Brondi e l’emozione data dall’ascolto dei suoi testi. 
In ogni caso, raccomando l’ascolto dei loro lavori che reputo comunque meritevoli, poiché non è dall’opinione del singolo che si può giudicare totalmente qualcosa, certo è che sono in grado di muovere una buona dose di massa, forse alla ricerca disperata di qualcosa in cui riconoscersi, forse innamorati in modo genuino di questo sound, o magari semplicemente riescono a cogliere quei lati di poesia che ho involontariamente schivato.
A parte tutto, il livello tecnico è parso più che soddisfacente, e la personalità di Vasco è stata comunque in grado di raccogliere i consensi di chi già lo conosceva e l’interesse di chi per la prima volta ha potuto ascoltarlo dal vivo, sicuramente un artista che avrà modo di dire la sua, per questo motivo mi trovo ad applaudire comunque in modo spontaneo.

Un ringraziamento speciale ad Ausgang per averci permesso di seguire quest’evento.


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