riferimenti non tardano ad arrivare. Unbelievers alza l’asticella del ritmo e ci riporta verso sonorità molto simili a quelle di Contra e Vampire Weekend, con una batteria incalzante ed i classici synth, molto comuni a chi conosce la band. Il testo non è banale, pieno di quell’ironia tipica dei quattro “I know i love you, you love the sea”. Step potrebbe benissimo essere la colonna sonora di un film di Wes Anderson, estremamente elegante e carica di riferimenti sonori, al passato e al contemporaneo. Diane Young è un pezzo che potrebbe benissimo provenire dagli anni 80, ai quali strizza l’occhio, caricata da synth e voce sapientemente modificata. Don’t Lie e Hannah Hunt sono due ballad molto delicate, parlano d’amore in modo semplice e diretto. Finger Back è il simbolo del legame con il passato della band, un grande ritmo e chitarre che suonano come ai vecchi tempi. Worship You è un pezzo piuttosto anonimo, che stona con il resto del lavoro. Ya Hey è una canzone
molto importante, le toccate e fuga alla Bach sono intervallate da un canto jodel e da cori africani, una bella idea all’insegna della sperimentazione che si esprime al meglio proprio qui. Hudson ci conduce un po’ troppo lentamente verso il finale e Young Lion farà sì che verremo catapultati in un’atmosfera soave, cullati da una melodia anni 60. Modern Vampires of The City è un album importante, che segna una maturazione del quartetto e lo porta verso nuovi orizzonti. Il disco non ha un vero e proprio filo conduttore, le canzoni seguono stili differenti e possono essere ascoltate tranquillamente senza una determinata logica. Forse qualcosa, nell’impianto finale più che positivo, risulta un po’ stonato e rivedibile. Senza dubbio però la band si prepara a compiere il grande salto, allargando il proprio target e confermandosi su livelli altissimi nel proprio genere.
1. Obvious Bicycle
2. Unbelievers
3. Step
4. Diane Young
5. Don’t Lie
6. Hannah Hunt
7. Everlasting Arms
8. FInger Back
9. Worship you
10. Ya Hey
11. Hudson
12. Young Lion