Il Blackout Rock Club rappresenta uno dei punti fermi del panorama Metallico della capitale, così come la Extreme Agency, capaci di offrire sempre nomi degni di nota ed artisti di un certo spessore, difficilmente raggiungibili in altri siti che dispongono ovviamente di molto meno spazio ed acustica sicuramente di livello inferiore.Il Bonecrusher Fest si rivela all’altezza delle grandi occasioni, così come il numerosissimo pubblico accorso per assistere all’enorme lista di band che si susseguiranno tra i due palchi all’interno del Blackout, sfiorando diversi generi fra le ultimissime sfaccettature in voga nella vastissima scelta offerta dal sound più duro di una generazione nata dai vari Sepultura, Pantera, Slayer e chi più ne ha, più ne poghi, ed in programma tantissimi nomi:
…un vero e proprio festival Metal Core che parte dal tardo pomeriggio per concludersi a notte fonda.
Le porte si aprono per le 18-30, anche se per ovvi motivi, il pubblico inizia a raggiungere la location un’oretta più tardi, iniziando ad accalcarsi sotto il palco per accaparrarsi i posti migliori.
L’età media è abbastanza giovane, un segnale importante che svela le nuove inclinazioni in ambito Metal, ed appartenendo alla “vecchia guardia” devo ammettere che si fa un po’ di fatica a stare al passo con questa evoluzione che di fatto, segna una svolta tra due generazioni.
…così non è invece per i Caliban:
dopo un lunghissimo line check, protrattosi anche troppo per l’allestimento di due muri di casse abilmente aereografate in un tema stencil bianco e nero, (così come l’abbigliamento, lo sfondo ed il colore della maggior parte della strumentazione, di un vero e proprio treno di chitarre e bassi, alle pelli della batteria) si incappa in un problema tecnico che sembra provenire dal basso, e purtroppo si perde altro tempo. A parte questa piccola difficoltà tecnica, l
a band tedesca non sembra soffrire troppo dell’impazienza dei propri fan e si rimette subito in riga, proponendo un suono molto meno duro della band precedente. A mio parere si è perso qualcosa anche a livello tecnico, una performance più incentrata sull’immagine che non sul suono, lasciato anche in disparte in fase di check (la batteria ed il basso risultano davvero terribili), contribuendo così ad abbassare lievemente l’intensità del festival.
Canzone dopo canzone, pogo dopo pogo, il festival giunge al termine, lasciando infine una folla sudata ed impazzita che dimostra comunque di non averne ancora abbastanza, continuando ad azzuffarsi anche quando i più cominciano a lasciare la sala.
L’energia delle nuove generazioni…
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