Bane live @ Traffic live club (testo di Laura Dainelli, foto di Marco Cenci)

Comincerei con il definire la serata nel suo complesso veramente potente e coinvolgente.
Forse è stato lasciato troppo spazio ai gruppi di supporto, per quanto interessanti, ma questo lascio deciderlo ai presenti, e comunque non è il punto principale. Il punto è che i Bane hanno pazientemente aspettato il loro turno, probabilmente dilettandosi in qualche doverosa e profonda comparazione alcolica con i prodotti oltreoceano ( J ), per poi tirar fuori, circa allo scoccare della mezzanotte, una carica incredibile.
La line- up del gruppo si conferma quella ormai storica, visto che da oltre dieci anni, dopo alcuni cambiamenti iniziali, la formazione è ormai la stessa, sinonimo di successo ma anche di amicizia e condivisione:  Aaron Bedard cantante (nonché fondatore del gruppo nei primi anni Novanta), Zach Jordan ed Aaron Dalbec le due chitarre, Pete Chilton al basso e l’inconfondibile e “forever young” Bob Mahoney, ultimo arrivato nel gruppo ma ormai per modo di dire, visto che è con loro dal 2003.
Purtroppo dei numerosi album incisi in 15 anni di carriera è stato possibile suonare solo 8-9 pezzi ma sicuramente l’attacco con As the world turns con il mitico refrain Though I never walk alone (I am never on my own) ha scaldato tutti gli animi del pubblico immediatamente, un impatto veramente di pochi secondi.
Si continua con Count on me e Pandemonium dove il batterista Mahoney, seppur un po’ sbilenco nell’andatura, da seduto di fronte al suo strumento dimostra ancora una volta di padroneggiarlo con spaventose grinta ed accuratezza tecnica, doti non comuni da trovare contemporaneamente.
Lo show prosegue con la famosissima the Swan song e poi Perfect jail :entrambe esprimono perfettamente la rabbia comunicativa caratteristica dell’hardcore, e del punk hardcore in particolare.
Anche se tra le peculiarità dei Bane che più li rendono cosi interessanti ed unici vi è proprio la contaminazione tra generi. L’hardcore old school, che è da sempre il loro marchio di fabbrica, rimane sempre presente ma viene arricchito da sonorità che nel corso della loro storia (e soprattutto dal 2000 in poi) si spostano sempre di più verso il metal-core.
Si tratta di una contaminazione di generi assolutamente interessante anche perché da pochissimi altri esplorata finora con la stessa convinzione. Infatti in pochi sono riusciti a produrre un tale effetto di tensione sonora che arrivi al pubblico in modo cosi veloce e lineare così come i Bane invece sono riusciti pienamente a fare, sia tra le mura delle diverse sale di registrazione sia nel contatto con il pubblico nello stesso identico modo e con la stessa forza.
E’ importante segnalare anche che l’estrema irrequietezza del punk-core e metal-core sono accompagnate da testi di una grandissima profondità e che se probabilmente in un live non sono esattamente la prima cosa che giunge al pubblico, anche per la velocità ed il ritmo molto sostenuto dei pezzi, appaiono comunque meritevoli di nota.
Infatti nelle loro parole i Bane insistono da sempre nel voler condividere con chi li ascolta e li ama dei messaggi importanti, o semplicemente delle loro riflessioni ed esperienze di vita che li hanno segnati e li hanno resi più consapevoli di quello che sono oggi.  Queste riflessioni fanno riferimento in particolare all’incoraggiamento a volte necessario a trovare la forza emotiva, per chiunque, di ribellarsi a tutte quelle situazioni che ci si trova a vivere  e che vengono percepite da chi le subisce come prigioni emotive.
Questo tipo di messaggio viene urlato a gran voce ed in modo veramente eclatante, ma che nulla toglie alla profondità del concetto, in pezzi quali Snakes among us e la già citata Perfect jail (ed entrambi i titoli sono già di per sé eloquenti al riguardo).
Un altro tema che ai membri della band sta veramente a cuore è il valore dell’amicizia, anzi della fratellanza quasi, ovviamente non in senso religioso ma proprio nel senso di broterhood all’americana (maledetti termini intraducibili decentemente J !!), ossia una vicinanza emotiva talmente forte tra due o più persone da renderle legate in qualche modo per sempre, a prescindere dalle circostanze della vita. Si grida quanto possa essere devastante la sofferenza che si può provare se si perde una di queste persone, soprattutto se in passato ha rappresentato un punto di riferimento ben più consistente della famiglia di origine e di sangue, anche se le stupide leggi non rendono espliciti questi legami così forti, che pure esistono e spesso ti salvano, come invece accade per i familiari biologici.
Questo tipo di messaggio lo comunicano con rabbia ed indignazione sia perché ci credono profondamente sia perché la sofferenza che ad esso è legata è ancora viva ed ha bisogno di essere urlata per poter essere efficacemente trasmessa in tutta la sua disperazione e nella combattività nel reagire che deriva poi dal dolore una volta che è stato elaborato.
Alcuni tra i fan storici che li hanno seguiti in tanti live della loro lunga carriera erano soddisfatti della performance ma non completamente, poiché notavano una leggera perdita di tono e di energia avvenuta con il passare degli anni. Per chi invece come me li segue da tempo ma dal vivo era la prima volta beh l’effetto che danno è sicuramente quello di far sentire lo spettatore incredibilmente partecipe. E’ probabile che le dimensioni abbastanza ridotte del palco e sottopalco possano aver inciso nell’enfatizzare questo aspetto, ma di certo non ne sono l’unica motivazione, visto che in altri club di musica live anche più piccoli altri gruppi suonando lo stesso genere non sono riusciti ad esercitare un coinvolgimento simile. Da un punto di vista più musicalmente specifico, quello che appare incredibile, oltre alla potentissima energia sul palco sia del frontman Bedard sia degli altri componenti, è l’incredibile coordinazione tra i diversi strumenti che in alcuni pezzi in particolare, regala a chi ascolta quasi la stessa precisione e lo stesso vigore di un loro disco, ma con il pogo, la folla, le urla, gli applausi e tutto il resto in aggiunta. Che non è poco!
A questo punto è doveroso concludere il racconto della serata con una citazione di uno dei più famosi album dei Bane che forse ben sintetizza quanto è stato detto finora:
“Give more, give everything, give blood”
 


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