Per primo sul noto palco di Roma si presenta Luke Roberts, cantautore americano di Nashville che ha da poco pubblicato il suo secondo album The Iron Gates at Throop and Newport, e che quest’anno si è distinto al SXSW di Austin.
Quest’esile figura quasi intimidita dal suo primo tour europeo nasconde dietro la sua giacca a frange in classico stile country una imponente ricchezza creativa.
Accostato dalla critica a mostri sacri come Crosby, Stills e Nash riconosco che il suo mix folk, rock e country è di primissima qualità adatto ad un pubblico che sappia apprezzare la genuinità di chi ancora si ostina (per fortuna!) a comporre musica con la sola bellezza della propria voce e una chitarra acustica arpeggiata.
Davvero complimenti a Roberts che colmo di autoironia e semplicità (nonchè umiltà n.d.r.) da una lezione di buona musica a tutti.
E’ poi la volta dei The Cyborgs.Questa band “a due” mi incuriosisce davvero molto e ben presto le mie attese vengono soddisfatte;
Nascosti nelle loro maschere da saldatore Cyborg 1 e Cyborg 0 (quasi si trattasse di musica in codice binario) cominciano a presentare il loro penetrante “elektrock boogie” e la potenza che ne sprigiona è impressionante.
Cyborgs boogie, 2110, Human face, Highway man e Dancy sono solo alcuni esempi di quello che può fare questa band. Tutto si lega tra improvvisazioni blues, distorsori overdrive al massimo e percussioni improvvisate sulla propria maschera, non si risparmiano nulla ballando e facendo ballare, dimenandosi sopra il palco e tra il pubblico in un escalation a suon di pentatoniche che esaltano tutti i presenti, dimostrando le altissime capacità di questo singolare duo tutto da scoprire, divertenti e piacevoli non solo visivamente.
Infine arrivano gli Arbouretum.
La band americana, con The Gathering è arrivata al quinto album di una carriera iniziata nel 2004 e sono una delle realtà più interessante dell’attuale scena musicale a stelle e strisce.
La loro musica tanto apprezzata da pubblico e critica spazia dal post stoner al classico folk rock made in USA non risparmiandosi sonorità che ricordano Neil Young, Mark Lanegan, Wilco e Grateful Dead.
Bisogna riconoscere che il motivo di tanto apprezzamento è davvero ben riposto; Destroying to save, False spring, Another hiding place e Underneath the Arches tra i brani del loro ultimo album che dimostrano le grandissime doti di questi musicisti d’oltreoceano, capaci di spaziare tra quantità e qualità, ovviamente aiutati anche dall’ottima cornice offerta (come sempre) dal Circolo degli Artisti.
La loro musica è genuina, ispirata e davvero originale e l’esecuzione davvero impeccabile, la dimostrazione che la buona musica ha ancora (abbastanza) interpreti di eccellenza.
La serata volge al termine e lascia tutti assolutamente appagati, ancora complimenti al Circolo degli Artisti
che ha saputo proporre una ricchezza musicale davvero notevole con tre alternative così ricche e differenti tra loro.