L’aspettativa per questa serata è dunque, a buona ragione, molta e molto variabile; considerando che non ho mai assistito ad un suo concerto non so cosa aspettarmi. La musica comincia presto con i Wake up call, giovane e promettente rock band romana già nota nell’ambiente underground. I ragazzi si dimostrano già ben preparati e con un sound di tutto rispetto. Seguono a ruota i potenti Ushas, formazione hard rock anch’essa capitolina già avvezza da tempo ai palcoscenici (che avevamo seguito proprio qui non molto tempo fa n.d.r.), mentre il Jailbreak comincia a popolarsi. Gli Ushas possiedono uno stile innegabile ma a tratti un po’ forzato. Niente da dire per ciò che riguarda l’aspetto musicale: potenti e rock’n’roll fino all’osso. Durante la loro performance si è potuto assistere anche all’esibizione delle Revolver Ladies (ebbene si, avevano le pistole e il cappello texano), ballerine da saloon che all’occasione lanciavano sulla sparuta platea una pioggia di dollari finti, veramente di cattivo gusto (se non altro perchè erano finti n.d.r.). E’ arrivato il momento di Pino che una volta sul palco si trova davanti solamente un gruppetto di ragazzini e una manciata di persone sedute ai tavoli. A nulla purtroppo varranno le richieste del rocker campano di avanzare di qualche metro per posizionarsi sotto il palco.
I brani proposti dalla band stasera vedono scorrere l’intera carriera di Pino Scotto: Quore di Rock ‘n’ roll che fa scalmanare il pubblico, Signora del Voodoo, Menomale che adesso non c’è Nerone, la bella Work in regress e Codici Kappaò da cui prende il nome il suo ultimo album (2012). Brani, questi, eseguiti sempre a mille ma offuscati dal mostro commerciale che ha ammantato la figura di Scotto negli ultimi tempi. La vena becero-polemica è ciò che molti avventori del concerto cercano e Pino non la fa mancare: dopo ogni brano infatti non mancano le invettive (al limite del populismo) su temi quali religione, politica e coscienza sociale. Se questo è il levare, il battere è la musica di questa band, potente, coinvolgente e con la giusta dose di carisma; la voce di Scotto non è di certo quella dei tempi migliori ma può contare sul sostegno di musicisti molto validi. Alla batteria manca Marco Di Salvia, un vero e proprio funambolo delle pelli, in grado, nonostante la giovanissima età, di fomentare anche gli animi più tranquilli, con evoluzioni non certo comuni ad un batterista canonico. Nonostante ciò, l’esecuzione di brani come Get up shake up, pietra miliare dei Vanadium e Spaces and sleeping stones(dal progetto Fire Thrails) sono da applausi.
Anche alla chitarra e al basso non ci si fa mancare niente: pregevole la prima (Steve Volta), valido ma scolastico il secondo, entrambi esaltati su brani quali Quore di rock ‘n’ roll, Morta è la città, Angus day (forever Young)(dedica ad Angus Young) e la potentissima Il Pronista.