Kyuss @Orion live club, Roma (testo e foto di Stefano D’Offizi)

Deserto, distese di sabbia fin dove si riesce a vedere ed anche oltre, il sole che brucia e come se non bastasse, bocca secca ed assenza di acqua. Questa è più o meno la sensazione che si avverte quando il nome dei Kyuss arriva alle orecchie e scuote il sistema nervoso dei propri fan. Dopo infinite peripezie tra collaborazioni e formazioni parallele di diversa (e dubbiosa) natura, la band cult dello Stoner, torna a suonare con un lungo tour che toccherà molte date europee. Il redivivo John Garcia, dopo aver lasciato progetti più o meno fortunati (citiamo solo i più famosi n.d.r.) del calibro di Unida e Slo Burn, si è dedicato un una lista interminabile di comparsate e collaborazioni di tutti i generi, senza accantonare mai lo stile di sempre, richiamando ormai due anni fa, l’attenzione dei vecchi fan incalliti e desiderosi di deserto, con un tour europeo dal nome John Garcia plays Kyuss. Successivamente, si sono uniti al tour anche Nick Olivieri e Brant Bjork, annunciando ufficialmente la reunion con l’aggiunta di Bruno Fevery alle chitarre, per ovvie rogne di copyright (che non hanno comunque evitato n.d.r.) il nome della band è stato cambiato in Kyuss Lives!.
Purtroppo, il mondo del Rock è sempre colpito da eventi assurdi, in cui solo le teste calde o gli sprovveduti riescono ad infilarsi, ed è così che tra (si vocifera) arresti per possesso di sostanze illegali e successivo intervento della squadra SWAT di Los Angeles per aver sequestrato la ex fidanzata, Nick Olivieri (che di certo non è uno sprovveduto, bensì la prima) è finito in manette nel 2011, interrompendo forzatamente l’attività con i Kyuss Lives! che hanno dovuto rimpiazzarlo con Billy Cordell, una vecchia conoscenza di Brant Bjork, il quale lo accompagnava durante i tour della sua carriera solista (vedere NelNomeDelRock 2010).
Mentre Josh Homme e Scott Reeder avanzano una causa legale per i copyright sul nome Kyuss, la formazione riprende a suonare, itinerando parecchie date prima di toccare la capitale con l’Orion live club.
Ad attenderli un pubblico affamato di qualcosa che non si sente più da troppo tempo, voglioso di scatenarsi a suon di deserto, niente più e niente meno. La band di apertura è forse un tantino atipica per il tema della serata, gli Inferno infatti, ci offrono un sound differente, più veloce sicuramente, rabbiosi ed urlanti, ed il pubblico sembra apprezzare l’interazione di basso e chitarra che saltano giu dal palco mescolandosi alla folla nel buio della platea. Potenti e convincenti, molto più tecnici di quanto possa sembrare a prima vista, senza limitare alla sola tecnica la propria esibizione. Ottima prova!
Il tempo di una birra fredda (il caldo del deserto sta arrivando…) e siamo nuovamente sottopalco, ad apprezzare una coppia di Ampeg (ampli per basso n.d.r.) sulla sinistra e tre Marshall (ovviamente per chitarra n.d.r.) sulla destra, come a creare un muro di suono pronto a spazzare via qualunque cosa. Billy Cordell e Bruno Fevery sono i primi a calpestare il palco, seguiti a ruota da Brant Bjork che inizia ad intonare i primi accenni di  Hurricane, consueguente ingresso in scena di John Garcia ed ovviamente è l’apoteosi!
La platea scoppia immediatamente, senza bisogno di arrivare a One Inch Man, secondo brano della setlist che andrà a sfiorare i periodi migliori di una band storica ma non antica da suscitare la tenerezza di un pubblico malinconico… Altrochè!
Fevery non sbaglia un colpo e la voce di Garcia sembra quella dei tempi migliori, anche se alla lunga, verrà a mancare la resistenza, complice un’età non proprio acerba; il clima è movimentato ed a tratti rilassato, le classiche atmosfere donate da dischi del calibro di …and the circus leaves the town, riproposte fedelmente ed acclamate a gran voce da un pubblico che si dimostra rapito.
La potenza ed il carisma della band non sono certo in discussione, priva ormai di personaggi ingombranti come Homme (ben più famoso grazie ai suoi Queens of the Stone Age) la line up risulta essere equilibrata e di piacevole impatto, ed è così che brani come Gardenia o Thumb fanno letteralmente esplodere l’Orion, che fortunatamente resiste anche al peso di un’immancabile Green Machine. Il punto più alto dell’esibizione, si ottiene sicuramente con El Rodeo, il pubblico partecipa battendo le mani accompagnando l’inconfondibile introduzione resa più lunga per l’occasione, crescendo un po’ per volta ed esplodendo nuovamente con l’ottimo Garcia che sembra essersi ripreso, un brano che vale la pena di aspettare. Lunga improvvisazione strumentale con sprazzi di psichedelia, forse anche per respirare tutti prima della chiusura con Spaceship Landing e Odyssey.
Il delirio di questo live, aggiunge un’altra stelletta al curriculum già pesante dell’Orion live club, al quale non potevano certo mancare delle pietre miliari come i Kyuss… pietre del deserto…
Songlist:
Hurricane
One inch man
Gardenia
Asteroid
Supa scoopa and mighty scoop
Thumb
Green Machine
Freedom run
Whitewater
El rodeo
Molten Universe
Conan troutman
Spaceship landing
Odyssey


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