Siamo negli anni 80, il Rock ha subito una pesante sterzata, così come il suo popolo, i suoni Hard dalle venature blues vengono soppiantati da distorsioni più fredde e decise, ritmiche più veloci e tamburi incalzanti. In una parola Heavy Metal, che a sua volta subirà mille altre sfaccettature ed inclinazioni differenti fra loro, dando vita ad un numero impressionante di interpretazioni più o meno seguite. Fra queste, hanno avuto un ruolo molto importante il così detto Power Metal e la versione più medievale chiamata Epic Metal, due fra le etichette più utilizzate per indicare band del calibro di Manowar, Hammerfall, Virgin Steele, Rhapsody e tanti altri, tutti più o meno legati dalle tinte medievali e dai temi (ovviamente) epici, che narrano di spade, grandi battaglie e tutto quello che viene dal mondo delle ambientazioni letterarie Fantasy.
Stasera il tempo è tornato sui suoi passi, sfruttando la perfetta cornice teatrale dell’Orion live club per dare vita ad uno show di altri tempi. Ad aprire la serata (si fa per dire, visto che si inizia alle 20!!) i toscani Vexillum, formazione dalle tinte forti e dalla spiccata inclinazione medievale.
Provengono dalla pubblicazione di The Bivouac, loro ultimo album, terzo contando anche The Wandering Notes (2011) e Neverending Quest (EP del 2008). Formazione standard per questi ragazzi che vengono da Pisa e da Livorno, Michele Gasparri e Andrea Calvanico alle chitarre, Dario Vallesi voce, Francesco Saverio Ferraro al basso ed Efisio Pregio alle pelli. Una band molto interessante, che si sposa perfettamente con il clima della serata, e che dimostra anche una certa dimestichezza con palchi di certe dimensioni (quello dell’Orion non sarà forse immenso in termini di misure, ma il prestigio se l’è conquistato eccome!) riempiendo di orgoglio Italico un pubblico non ancora numerosissimo, ma che comunque risponde molto bene.
Seguono i tedeschi Orden Ogan, decisamente più melodici, anche se le venature fantasy non cessano, immergendo ancora di più una platea che ascolta e si cela in questo enorme musical metal del nuovo millennio. Fraseggi di chitarre nolto veloci nonostante la chiave classica, senza troppe sbavature e con la solita grinta che contraddistingue le band appartenenti a questo genere. Batteria molto potente e fantasiosa (Dirk) lega perfettamente con un suono impetuoso che rende davvero difficile intuire dove finisce il basso e dove iniziano le chitarre (Spoony, Tobi e Seeb), regalando cavalcate potenti ed impazienti di esplodere in soluzioni ritmiche al limite col Thrash dei più veloci Slayer, mantenendo comunque una linea vocale molto melodica. Non è il genere di Metal che preferisco, ma l’esecuzione è stata davvero impeccabile.
Cambio palco e tocca ai Freedom Call, provengono da Nürnberg (Germania) ed anche loro vantano un eccellente numero di fan, cosa che si capisce immediatamente dal boato del pubblico (che nel frattempo ha riempito la platea dell’Orion).
Chriss Bay (voce e chitarra) scherza ripetutamente col pubblico, trovando un feeling ed una collaborazione che lo porteranno ad innalzare cori nel nome dei “Guerrieri della Luce” (niente a che vedere con Paulo Coehlo… almeno spero!). In attività dal 1998, la band vanta molti album ed una vasta esperienza sul campo, suona un Metal molto più incline al Power che non ai tratti medievali, dimostrando comunque un’ottima preparazione tecnica ed una buonissima presenza scenica. Ottima prova ed ottima anche la risposta del pubblico, riff dopo riff ed assolo dopo assolo.
Giunge infine il momento della headliner, il palco si svuota, lasciando un enorme spazio libero di fronte ad una mastodontica batteria. Lo show viene introdotto dalla proiezione di un video su maxischermo, quindi entrano in scena i nostri…
Luca Turilli’s Rhapsody…
Una rivisitazione dei vecchi Rhapsody da parte del loro chitarrista più famoso? Neanche per sogno: si assiste ad una vera e propria rappresentazione dell’ultimo album di Turilli e della sua band Ascending To Infinity, un mix di potenza e tecnica (non solo chitarristica) con coinvolgenti miscele medievali, inclusi abiti di scena e sessioni semiacustiche che vedranno lo stesso Turilli e Patrice Guers (basso) seduti su dei tronchi intagliati e collocati al centro del palco. Purtroppo, la band si deve esibire con la sola chitarra del mitico Luca, a causa di un infortunio che ha impossibilitato le sapienti mani di Dominique Leurquin.
Nonostante questo, lo show prosegue liscio come l’olio, e la voce di Alessandro Conti vibra con impressionante forza. Un assolo di batteria si interpone a metà dell’esibizione, Alex Landenburg ha uno stile molto affilato, puntuale e potente, ma anche molto veloce, a tratti quasi “Portnoyano”, come ci si poteva aspettare ad osservare il suo set. Ascending To Infinity rappresenta di fatto l’anello mancante fra Turilli stesso ed i Rhapsody, una passo verso un distacco definitivo tra i due panorami, agli occhi del pubblico che li segue entrambi, risulta più che altro come osservare due mondi dalla stessa finestra, anche se l’impronta “Turilliana” è abbastanza distante dai lavori precedenti.
Un anno di distanza dalla famosa divisione, eppure i Rhapsody sembrano più vivi che mai, anche se con due anime diverse.