Tamaryn + Youarehere live @ Circolo degli Artisti (testo e foto di Stefano D’Offizi)

Vi è mai capitato di imbattervi in qualcosa di assolutamente inaspettato da restare a bocca letteralmente aperta? Quando si ha un’idea ben impressa nella mente che poi viene spazzata via in meno di quaranta minuti? Ebbene, stasera ho provato sulla pelle qualcosa di simile…
Circolo degli Artisti, in cartellone abbiamo Tamaryn in una serata del tutto particolare, sulla locandina, in bella vista, la copertina del suo ultimo album (Tender new signs, 2012), ingresso libero (che per una simile proposta non è affatto poco!) e special guest con Youarehere.
Devo ammettere che su questi ultimi ero impreparato, sentiti nominare un paio di volte ma mai capitati sotto la lente d’ingrandimento, e mentre sul maxischermo c’è ancora la proiezione della consueta partita di calcio del fine settimana, mi dirigo verso il palco in (quasi) completa solitudine. Ad accogliermi un ampio banco da lavoro con diversi mixer, effetti analogici e digitali di ogni genere, tre computer a mo’ di sintetizzatori ed un’infinità di cavi collegati ed attorcigliati fra loro… Un bel “Guazzabuglio moderno” avrebbe detto un celebre personaggio del mondo Disney.

La sala del Circolo degli Artisti è pressochè deserta al momento, quindi mi metto comodo e pronto ad ascoltare, incuriosito innanzitutto dalla strumentazione insolita che accompagna il trio romano, secondo poi, perchè sono affetto (come qualcuno sa bene) dalla famosissima “Sindrome del Gruppospalla”. Sullo schermo appeso in fondo al palco iniziano ad emergere immagini colorate volutamente astratte, unica forma stabile la scritta YOUAREHERE a caratteri cubitali, quindi i tre iniziano a scaldarsi le mani a vicenda, generando suoni, frequenze e ritmi in un crescendo lento e ben cadenzato. Riuscire a stabilire da quale dei tre provenisse un suono piuttosto che un’altro è praticamente impossibile, soprattutto per un “Babbano” dell’elettronica come me, eppure nonostante fossero tanto distanti dai generi che normalmente preferisco, ho sentito subito quella scossa, quel brivido fugace che ha saputo catturare tutta la mia attenzione.

EdPorth / French Teen Idol / Micro, questi i tre pseudonimi dei membri (Claudio Del Proposto, Patrizio Piastra ed Andrea Di Carlo per i comuni mortali) che formano questo trio che mi ricorda una buona miscela fra Kraftwerk, Alan Parson Project, un pizzico di Mike Oldfield e l’impronta pesante che potrebbe lasciare un ascolto massiccio di Massive Attack e Bjork. Probabilmente non si tratta del ritratto dell’originalità, ma la loro musica si eleva al di sopra di certi livelli destinati a rimanere Underground (o almeno è quanto gli auguro).

Quaranta minuti o forse più, passano rapidi come durante un piacevole viaggio, quando il viaggio stesso resta nella memoria molto più che la destinazione, e guardandomi intorno mi rendo conto che al termine della loro esibizione, non sono il solo a pensarla così. La sala del Circolo è ora quasi piena e molti non sembrano gradire la loro discesa dal palco: “No no, adesso ne faranno un’altra…” oppure “Ma come… già finito?”. La “Sindrome del Gruppospalla” è altamente contagiosa, e dire che credevo ormai di essere un portatore sano. 
Pochi minuti di attesa in cui il palco viene svuotato, e non solo delle attrezzature degli Youarehere.

Tamaryn Brown e Rex John Shelverton compaiono sul palco insieme alla loro band, mentre tutto diventa irrimediabilmente blu, blu e buio intenso. Schitarrate corpose e “Dream Gaze” non bastano a riportarmi sulla terra mentre cerco di concentrarmi su quanto sta accadendo sul palco. Tamaryn occupa il centro del palco accompagnata dalresto della band (dimenticata nella penombra), avvolta in una coltre di nebbia di scena, fingendo di nascondersi in modo naturale dietro la sua chioma bionda. Bella voce, ottimo Rock psichedelico e vibrazioni che riempiono la sala ormai gremita di un pubblico rapito, anche se per quanto mi riguarda, il tanto agognato “viaggio onirico” è giunto ormai al capolinea. L’atteggiamento della stessa Tamaryn Brown mi rimane quasi indigesto, l’aria sciamanica fin troppo calcata, a volte più concentrata a rimettere a posto i capelli davanti alla faccia che non a cantare. Mi ero aspettato qualcosa in più, o almeno ad ascoltare il suo ultimo lavoro, brani come The Garden, Dawning o Love Fade lasciavano ben sperare

Dal vivo mi risulta più come un’immagine molto ben costruita e non molto di più, la fotografia perfetta di una Rockstar volutamente decadente, maledetta da se stessa. Prosegue più o meno sulla stessa falsa riga canzone dopo canzone, senza incidere troppo nella mia memoria che ormai torna indietro di circa un’oretta… 
Vi è mai capitato di imbattervi in qualcosa di assolutamente inaspettato da restare a bocca letteralmente aperta? Quando si ha un’idea ben impressa nella mente che poi viene spazzata via in meno di quaranta minuti? Ebbene, stasera ho provato sulla pelle qualcosa di simile…


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