Rover + Persian Pelican live @ Circolo degli Artisti (testo e foto di Stefano D’Offizi)

Il Rock si sa, è fatto di molti ingredienti, ed i sapori riconosciuti dai vari palati, più o meno sopraffini, sono probabilmente un numero ancora più grande. I nostri “assaggi” quotidiani avvengono, esattamente come per il cibo, ogni volte che ci viene fame, voglia di un gusto particolare da assimilare in un dato momento, passando da un sapore al successivo a seconda del nostro stato d’animo. Questa sera, sulla grande tavola imbandita a festa e targata Circolo degli Artisti, troviamo un menù di soli dolci, ed il dolce, si sa bene anche questo, attira i più golosi. Rover (al secolo Timothée Régnier) possiede forse una delle voci più calde e belle del panorama Rock indipendente, ed a precederlo Persian Pelican. Si tratta di un “progetto di musica folk manipolata geneticamente”, o almeno è come viene definita questa particolare sinergia musicale operata da Andrea Pulcini. Il set presenta chitarra (pesantemente effettata tra memory man, loop vari, delay e riverberi) e batteria, quanto basta per rapire una gremita sala del Circolo degli Artisti. In un religioso silenzio che si propaga attraverso il pubblico (già piuttosto numeroso), inizia lo show di Persian Pelican, attraverso visioni che sanno di lungometraggi Iraniani e melodrammi di Douglas Sirk, miscelando il tutto alla dura realtà di un mondo tanto freddo quanto tagliente.  

Silent Changes è melodia pura, dolce ed avvolgente, a metà fra una filastrocca innocente ed una ninnananna sinistra. La successiva There is no forever for us è più che orecchiabile, un ritornello che funziona e che obbliga a dondolare la testa. Una voce molto dotata ed una spiccata sensibilità per l’armonia, fanno di Persian Pelican una promessa già mantenuta, pronta a fare il salto di qualità grazie anche al suo ultimo lavoro uscito a Dicembre scorso (How to prevent a cold). Personalmente credo che il punto più alto della sua performance risieda in Dorothy, un capolavoro da pelle d’oca, la stessa sensazione che ho provato al primo ascolto di Moonchild (King Crimson) o From the Beginning (Emerson, Lake & Palmer), ovviamente non paragonabili in senso tecnico, ma assolutamente vicine per anima, calore e, tornando al punto principale, sapore.

In pochi minuti il palco si trasforma, anche se il pubblico sembra quasi dispiaciuto che lo show di Persian Pelican sia giunto alla conclusione, ma ora è la volta di Rover. Appena calpesta il palco, un boato di applausi di incoraggiamento, ed il cantautore Francese sembra non aspettarsi una simile ovazione, sorridendo quasi intimidito. Nonostante l’imponente figura che mostra un omone alto ed ingombrante, Rover ha una grazia innata, lo si vede già da come accarezza le corde della sua chitarra (una splendida Rickenbacker) e dalla voce calda e vellutata, in grado di sciogliere letteralmente un pubblico già fortemente addolcito dal sogno onirico di Persian Pelican. Un suono decisamente più rock, grazie anche alla collaborazione di uno splendido Arnaud Gavini alla batteria, e la splendida interpretazione di Rover che passa dalla chitarra alla tastiera, alternando ritmi più o meno movimentati a ballate cullanti, decisamente dolci e tendenti ad uno stile abbastanza riconoscibile ma anche pesantemente influenzato da ad esempio David Bowie (al quale viene accostato vocalmente).  

Remeber è forse il brano più applaudito da un pubblico che ascolta in perfetto silenzio fino all’ultima nota, prima di investire di urla un compiaciuto (ma alquanto timido) Timothée Régnier. Stasera tutto sembra andare alla grande, ed anche l’acustica del Circolo degli Artisti sembra voler dare il meglio di se, convincendo una platea ormai piena, sia di numero che di entusiasmo. Rover dimostra un’eccezionale destrezza sia alla chitarra che alla tastiera (non a caso scrive ed arrangia i propri brani da solo) ed una perfetta padronanza della propria voce. 

Nonostante la giovane età, Rover ha la stoffa per rimanere nella storia del Rock che conta, le capacità per calcare i grandi palchi e soprattutto la generosità e la spontaneità di una persona umile e genuina, lontano dalla stereotipa figura che vuole la Rockstar inarrivabile e distante.


Un ringraziamento speciale allo staff del Circolo degli Artisti per averci ospitato durante questo evento
 


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