In uno spirito di trepidante attesa, la serata si apre con gli Sleekstain: una band di origine francese che,per essere relativamente nuova come formazione (2009/10) si fa apprezzare parecchio, e probabilmente conquisterà in fretta un pubblico vasto ed abbastanza eterogeneo.
Il loro sound ricorda infatti un’efficace e decisamente incisiva sintesi tra gruppi rock melodici storici quali Aerosmith e Skid Row ed il metal duro e puro: senza dubbio un affascinate connubio. Poco dopo è la volta dei Sister, una band “sleaze metal” svedese esattamente come i nostri protagonisti Crashdiet. Si tratta di una band dal percorso interessante, perché hanno iniziato diversi anni fa partendo da un sound tipicamente sleaze/glam anni 80, evocativo ad esempio di Motley Crue, Pretty Boy Floyd e Poison, per poi passare negli anni a sonorità molto più cupe, che loro stessi amano definire “wild and aggressive”. Decisamente all’altezza delle aspettative del pubblico in sala. I Crashdietnon si fanno attendere troppo, indice anche questo del fatto che dietro al look così aggressivo nascondono un’umanità assolutamente umile e gentile, come dimostreranno poi diverse volte dopo nel corso della serata.
Si tratta del tour dell’ultimo disco The Savage Playground, uscito pochi mesi fa, ovvero il secondo disco con Simon alla voce, il quarto per la band in generale, ed è già considerato, dagli appassionati del genere, uno dei dischi migliori della nuova scena hard rock/sleaze scandinava, anche se bisogna dire che dai tempi della morte del precedente frontman (Dave Lepard, anche fondatore della band n.d.r.) si erano già ripresi, pubblicando, con la formazione attuale che vede alla voce il carismatico Simon Cruz l’album Generation Wild nel 2010, che ha riscosso anch’esso consensi ed acclamazioni ovunque. Nel corso della serata hanno pescato pezzi davvero da ogni album, cosa sempre troppo rara per una band da riscontrare e che quando capita è invece sempre un tripudio per chi li segue da sempre. Dal primo disco hanno riproposto, con grande riscontro nello scarso ma molto caloroso pubblico, Riot in Everyone, Queen Obscene – 69 Shots e Breaking the Chain e dal secondo In the Raw, mentre del già citato Generation Wild le sconvolgenti e trascinanti So Alive, Rebele Chemical. I suoni sono sprochi e ruvidi, basso e batteria tecnicamente ineceppibili ma sicuramente è la voce a dare il tocco definitivo di originalità e graffiante personalità.
La prima parte del concerto si chiude, per una brevissima pausa, con Garden of Babylon, un pezzo un po’ sperimentale, che dura più di sette minuti, che è stata probabilmente l’unica parte non troppo riuscita dello show. La versione proposta risulta infatti eccessivamente dilatata e forse fin troppo contrastante con il taglio del live nel suo complesso, sia come sonorità sia come coinvolgimento del pubblico e popolarità del pezzo in questione.
Immediatamente a seguire, dall’album invece che stanno presentando in questo tour, ovvero The savage Playground hanno regalato al pubblico per la prima volta dal vivo i due attesissimi e potentissimi singoli Cocaine Cowboys e California, che probabilmente rendono persino meglio live che in studio, anche perché la produzione del disco non risulta, a parere di alcuni fan, tra le più riuscite, in particolare se confrontata con Generation wild.

Tra gli aspetti più notevoli del live sicuramente la maestria e la grinta con cui il frontman Simon Cruz se la sia cavata anche sui pezzi di Generation Wild, che si vede quanto riesca a padroneggiare ormai con grande stile e soprattutto come ne abbia interiorizzato profondamente i contenuti, completamente e visceralmente. La loro prestazione nel complesso ottima, di certo nessuno è rimasto insoddisfatto, sia a livello di presenza sia di esecuzione, il cantante in particolare ci mette sempre l’anima, gli altri tre forse puntano più sul lato strettamente tecnico, che indubbiamente si può definire riuscito, ma che manca a tratti di quel valore aggiunto che il contatto con il pubblico richiederebbe invece. Ad ogni modo, a compensare questo lato c’è sicuramente, anche qui, la presenza del frontman Simon ed il suo modo di fare, pieno di vitalità, voglia di coinvolgere ed ovviamente di spaccare tutto, in senso figurato ma non per questo meno incisivo, anche perché dal punto di vista dello spirito non ha nulla da invidiare o da apprendere dai più famosi frontman metal della storia. In aggiunta a questo, e lasciando tutti abbastanza di incanto e piacevolmente colpiti, non disdegna affatto, a fine live, una birra (una sola?) con i fan più accaniti ed a fine serata ancora desiderosi di divertirsi e con poca, pochissima voglia di tornare a casa ed essere quindi risvegliati da quell’atmosfera cosi sleaze e così positivamente alienante da tutto il resto.
Scambiare due chiacchierare con i fan e firmare autografi con entusiasmo: sembra tutto così naturale, così spontaneo, quando invece nel panorama rock-metal internazionale lo è sempre troppo poco.
Un ringraziamento speciale a Daniele Mignardi Promopress Agency ed Orion live club per averci ospitato durante questo evento
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