“Le Mille e una vita della Regina del Reich”- Queensryche (Century media, 2013) di Fabio Ippoliti

La recensione del nuovo disco della rinata band di Seattle con un po’ di storia e retroscena

Fase 1: Queen of The Reich

Dalle ceneri dei Myth il tenore Jeffrey Wayne “Geoff” Tate unisce le proprie doti vocali alle ceneri dei the Mob (Scott Rockenfield alla batteria, Chris DeGarmo e Michael Wilton alle chitarre, Eddie Jackson al basso), generando una band che vuole proseguire il discorso iniziato da alcune brillanti intuizioni dei Judas Priest. Il sound  prodotto risulta subito mirabile, specialmente per il periodo storico/musicale. Incroci di chitarre costruiti con una meravigliosa coscienza armonica su una base ritmica serrata e coinvolgente. Nascono i Queensryche.

Recensione di The Warning

Recensione di The Warning

Il successivo passo consiste nello sperimentare. Secondo infatti il produttore di Rage For Order, il veterano Neil Kernon, il disco spinge più in alto l’asticella dell’heavy progressive in maniera straordinariamente creativa conferendo ai Queensryche un ruolo imparagonabile nel panorama rock/metal. Il cantato di taglio operistico di Tate fuoriesce ancor di più dal percorsi vocali usati dalla maggiorparte delle band heavy metal e si staglia su degli standard aldifuori di quello che era il tipico vocalist. E’ tra le prime opere a far riconoscere la band di Seattle come una voce decisamente fuori dal coro.

Il seguente risulta essere il loro lavoro più complesso e intenso: Operation Mindcrime. La storia di Niky viene raccontata attraverso un album composto da 14 brani incredibili per maturità compositiva ed espressività sia dal punto di vista melodico e vocale. Il disco si snoda tra l’apertura guerriera di chi vuole cambiare il mondo e il finale tragico di chi il mondo l’ha subito e gli ha cambiato la vita.  Un disco dall’anima eccellente, emotiva, eterogenea, eclatante.

Operation: Mindcrime

Operation: Mindcrime

Il gruppo prosegue discostandosi di nuovo dal suo operato pur rimanendo loro stessi: il successivo multiplatino Empire decreta la vittoria dal punto di vista commerciale col singolone eterno Silent Lucidity che spazza via MTV. Ma dopo quell’esperienza a cui non credo i Ryche fossero pronti, il successo globale, qualcosa inizia a scricchiolare nella dinamica del gruppo.

Il successo cambia le vite. Se non si è pronti o in qualche modo ci si riesce a discostarcisi, la vita si incrina col grosso rischio di spezzarsi.

Sono 3 gli anni che separano Promised Land da Empire, un disco che è per molti versi l’antitesi del predecessore. Atmosfere cupe, un senso di alienazione, inadeguatezza che imperversano e il sentimento di depressione che viene affrescato con triste dolcezza ma fa comunque perdere la terra sotto ai piedi [quando uscì mi ritrovai in depressione, delle emozioni che ti arrivano dritte all’anima senza essere bypassate..]… Senso di smarrimento.

Fase 2: Roads To Madness

Un’anima pensante. Nei primi 14 anni di carriera i Queensryche questo avevano dimostrato. Testi intensi, vivi… si: VIVI. Pensieri forti, umanità predominante. Thinking Man’s Metal, li avevano descritti.

Ma l’anno in questione, il 1997, segna l’inizio del cambiamento. Dopo Hear In The Now Frontier, un disco contestatissimo in cui prevale una fortissima anima grunge, le chitarre sognanti cedono il passo ad un rifforama di completamente altro taglio, più rock, e Tate che (complice il bere e il fumare) non riesce più ad esprimersi come riusciva in passato. Una band che di nuovo si allontana da se stessa per non tornarci più, stavolta: il principale chitarrista/compositore della band Chris DeGarmo lascia, nello shock generale dei fan.

 

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I Queensryche cambiano, l’anima si immerge nel vuoto e la band stavolta inizia a scricchiolare. Le uscite successive, tra pessimi suoni e pezzi affatto all’altezza dello spirito e degli standard, segnano un significativo calo di fan che restano legati alla primo, glorioso periodo artistico. Va detto che il più delle volte i metal fan sono persone molto “religiose”, non mandano giù i cambiamenti netti: a me Hear In The New Frontier non era dispiaciuto del tutto, era un disco differente ma la musica era piacevole.

Il problema era intrinseco alla band, ad un Tate che fa assumere alla moglie il ruolo di management e inizia ad assumere dei toni un po’ troppo autoritari e dei comportamenti non troppo corretti. Atteggiamenti che – a posteriori – scopriamo provocarono l’allontamento del principale compositore ed armonizzatore, DeGarmo.

Fase 3: Spool (turn another turn). 

E succede l’irreparabile, il 2012 segna la spaccatura definitiva.

La band dopo diversi cambi di chitarrista ma diversi insuccessi commerciali inizia a considerare di cambiare pagina di nuovo, in quanto i fan erano decisamente affamati dello stile che avevano generato e elaborato fino al 1994. Tate inizia a perdere la trebisonda, e dopo il licenziamento della moglie (colpevole di alcune manovre oscure dal punto di vista contabile) da parte della band inizia a sentirsi alle strette e aggredisce il bassista sembra addirittura minacciandolo con un coltello e durante una data sputa (già, sputa) al batterista.

E’ la fine.

I 3/4 del gruppo decidono, appellandosi ad un’opzione sul contratto della società Queensryche firmato ovviamente da tutta la band agli inizi, la defenestrazione del cantante, oramai allo sbando.

Incapace e disinteressato nel riprodurre i pezzi vecchi, inabile e nolente nel produrre nuovi pezzi con il tipico sound storico del gruppo.

Michael Wilton, Eddie Jackson e Scott Rockenfield con l’aggiunta di Parker Lundgren (ex fidanzato proprio della figlia di Tate che, oh the irony, aveva fatto entrare nella band) alla chitarra, forti dell’aver trovato un sostituto che riesce a dare spolvero e onore alle composizioni del primo periodo, addirittura con una timbrica vocale vicinissima a Tate, fanno entrare mr. Todd LaTorre in campo come vocalist.

La loro volontà di portare avanti quanto di buono fatto in 30 anni di carriera li porta in contrasto con Tate (il web lo vede in un primo momento rivolgersi ai fan dei Ryche con un poco riuscito “fate schifo”, dichiarare di non essere interessato a suonare metal e affermare che il materiale dei primi dischi non è degno di essere riproposto dal vivo) che ALL’IMPROVVISO si ritrova interessato al brand e intende contestare giuridicamente il suo licenziamento asserendo che “lui E’ i Queensryche”. In un primo momento il giudice (un vero e proprio genio, consentitemi) permette AD ENTRAMBE LE PARTI di tenere il nome del gruppo con l’appello definitivo a novembre 2013.

Mr. Tate prende gioiosamente atto di questa bislacca decisione caricando a testa bassa la concorrenza con un assalto mediatico/propagandistico di notevole entità e incidendo dischi in tutta fretta, senza cura e con produzione raffazzonata, con “special guest” che nemmeno lui ricorda (crederci resta difficile anche a me, ma ci sono i video in giro…) e calcando palchi non proprio di altissimo profilo con così tanti strumentisti che alla fine non pare nemmeno una band ma un porto di mare.

I restanti componenti cercano un approccio meno vistoso, richiudendosi in studio e tirando fuori il disco che mi appresto (finalmente, diranno in molti!) a recensire.

 2013: QUEENSRYCHE TRACK BY TRACK. 

Queensryche 2013

Queensryche 2013

  • X2: un’intro atmosferica, dal taglio vagamente apocalittico.
  • WHERE DREAMS GO TO DIE: scritta dall’ex genero del precedente cantante, è una canzone basata sul risentimento, si percepisce che Lundgren è rimasto molto scosso dagli atteggiamenti e atti di Tate, un brano classicamente Queensryche, con LaTorre che sfodera una buona prestazione, con molte analogie all’ex cantante. Amarezza mista a rabbia, scalda le orecchie in apertura di un disco “rivoluzionario”
  • SPORE: un riff sincopato in wah wah introduce un bel cazzotto in faccia, strofa battagliera e ritornello emotivamente forte, buonissima prestazione di LaTorre, mentre sotto il gruppo inizia a dimostrare una compattezza e un carattere che fa intuire che forse DeGarmo non era l’unico compositore “forte” della band.
  • IN THIS LIGHT: con atmosfere liquide, e un LaTorre che infila delle melodie vocali rimarchevoli, si prosegue il disco in maniera molto ispirata, altra grande track che fa risaltare la fame del gruppo per atmosfere ispirate e progressive che era stata repressa negli ultimi tempi.
  • REDEMPTION: pezzo complicato, articolato e primo estratto assieme a Fallout da questo che è senz’altro la rinascita di una band storica. Molti controtempi e un basso prepotente come solo mr. EdBass sa incastrare… Un bassista che forse non sarà il più tecnico di tutti ma con una personalità d’acciaio. Finale che trasmette serenità.
  • VINDICATION: qui il buon Scott Rockenfield pesta duro sull’accelleratore e inserisce, in un pezzo che sicuramente è dedicato a chi-sappiamo-tutti, un drumming molto tribale, dinamico e carico. Nessun calo di tono finora nel disco, i nuovi QUEENSRYCHE stanno arroccati e rivendicano le proprie origini!
  • MIDNIGHT LULLABY/A WORLD WITHOUT: ad abbassare le dinamiche del disco arriva un pezzo dove –  secondo la mia modesta opinione – le capacità teatrali del precedente cantante avrebbe permesso di guadagnare diversi punti in su. A mio avviso qui si sente che LaTorre, sebbene abbia due polmoni così e sia assolutamente in grado di usarli, manca di quella capacità evocativa che invece il suo precedente riusciva a dispiegare riuscendo a toccare l’anima dell’ascoltatore. Il ritornello però è pieno di grazia e riesce a pizicare con successo le corde dei sentimenti.
  • DON’T LOOK BACK: qui il motore inarrestabile Queensryche riparte bruciando i 0-100 in pochissimi attimi, un brano molto eighties, carico di una base ritmica bella pressante e armonizzazioni ficcanti.. Finale da brividi con LaTorre che sfodera un acuto rauco da vera pelle d’oca.
  • FALLOUT: questo è come si vince a man bassa. Primo estratto assieme a Redemption, Fallout è un siluro di 2’50” che con delle armonizzazioni vocali stratosferiche e un ritornello si pianta in testa dal primo ascolto! Non nascondo che mi ha fatto immediatamente innamorare, è un pezzo che non ti aspetteresti dai Queensryche e che se riuscisse ad essere passato per radio regalerebbe molta fortuna ai ragazzi di Seattle.
  • OPEN ROAD: bello. Veramente bel pezzo. La tradizione dei Queensryche di chiudere i dischi con pezzi molto evocativi, nata con Anybody Listening? su Empire continua a vele spiegate. Sapete quante volte avrei dovuto usare “emozionale” in questa recensione? Un milione. Me la sono tenuta per l’ultima. Una track che da speranza e guarda al futuro… Una strada aperta. Bella prestazione corale, con Todd che riesce a convincere (anche a emozionare, tiè!).

EPILOGO: grande passato, grane passate? Il gruppo risponde vigorosamente all’appello, è straordinariamente coeso, efficace e trascinante e suona sincero al 100%. Merita di essere seguito a prescindere se il giudice deciderà che non sono degni di ereditare il nome Queensryche [tsk].

Le vendite della prima settimana di QUEENSRYCHE hanno polverizzato gli ultimi due dischi di Tate tra solista e “Geoff Tate’s Queensryche” INSIEME. Vincitori morali. Un unico appunto che mi sento di muovere è a Todd LaTorre: sta riempendo delle scarpe belle grosse e non ha esperienza specifica essendo stato prevalentemente un batterista. Le prestazioni vocali dal vivo di pezzi classici quali Queen Of The Reich sono lievemente calate col procedere del tempo, si sente che inizia a far fatica a riprodurre (usando un buon talento di mimica vocale, ammettiamolo) le parti vocali di Tate con cui ha tanto fatto infiammare i fans del primo periodo e mi auguro che per il suo futuro, il futuro della band e il futuro dei fan che hanno applaudito alla nuova uscita, inizi ad allenarsi seriamente ad un livello professionale. Per non dare più adito a critiche e evitare un fattore Tate 2.


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Fabio Ippoliti

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