Roger Waters – The Wall@ Stadio Olimpico,Roma (testo di Christian D’Eramo, foto di Salvatore Marando)

Al giorno d'oggi, sono ben pochi gli artisti leggendari ancora in attività, capaci di far emozionare i loro fan a decenni di distanza, ma quanti di loro sanno mantenere gli standard musicali ai quali ci hanno abituato in passato? Di certo, Roger Waters è uno di questi. Il mastodontico tour di The Wall, già eseguito un paio di anni fa ma ora riprodotto in larga scala per gli stadi, tocca lo Stadio Olimpico di Roma nella sua seconda tappa, portando con sé uno spettacolo di proporzioni bibliche, per grandezza e qualità. Già dal momento in cui si entra, il colpo…

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9391732583_f9da9a30c6_bAl giorno d’oggi, sono ben pochi gli artisti leggendari ancora in attività, capaci di far emozionare i loro fan a decenni di distanza, ma quanti di loro sanno mantenere gli standard musicali ai quali ci hanno abituato in passato? Di certo, Roger Waters è uno di questi. Il mastodontico tour di The Wall, già eseguito un paio di anni fa ma ora riprodotto in larga scala per gli stadi, tocca lo Stadio Olimpico di Roma nella sua seconda tappa, portando con sé uno spettacolo di proporzioni bibliche, per grandezza e qualità. Già dal momento in cui si entra, il colpo d’occhio è strabiliante: uno stadio gremito di gente di tutte le fasce di età, dai giovanissimi ai fan più incalliti (già tutti scaldati a dovere grazie ad una scelta oculata della musica di sottofondo, tra cui l’immortale Imagine), ma soprattutto un muro bianco, che taglia fuori la Curva Sud dal resto dello stadio, di dimensioni spaventose, con un’apertura al centro. Nel corso di tutto lo show, che ha attraversato passo passo la scaletta del doppio disco, l’apertura in questione è stata lentamente riempita, mattone per mattone, fino a completarsi alla fine della prima parte dello spettacolo.9391760703_82f8d2b008_b

Durante tutta la seconda parte il muro è rimasto chiuso, per poi essere abbattuto trionfalmente al grido di “Tear down the wall!”, cantato all’unisono dai circa 50mila dell’Olimpico. Ma questa non è stata l’unica parte scenografica della serata, anzi: un pupazzo gonfiabile raffigurante l’ormai celebre maestro di Another Brick In The Wall cala sul palco durante quest’ultima; un piccolo aereo che, partendo dalla cima dello stadio, si schianta sul muro abbattendone un paio di mattoni al termine di In The Flesh; e ancora, un maiale gonfiabile rappresentante il capitalismo e il monopolio politico del denaro e della religione (duramente condannati da Waters sia con i suoi testi, sia con le immagini proiettate sul muro) che sorvola la folla e che poi viene inghiottito da essa sul finale. L’ex leader dei Pink Floyd non ha badato a spese per riprodurre la grandezza del suo lavoro, forse in un modo anche un po’ egocentrico, ma di sicuro giusto e meritato. Lavoro che, musicalmente, è stato riprodotto in maniera perfetta: nessun suono, nessun effetto, nessuna sfumatura del capolavoro del ’79 è andata persa durante la serata. La drammatica storia di Pink, protagonista dell’opera, è stata messa in scena senza la minima sbavatura, facendola rivivere in tutta la sua grandezza e complessità. Dalle tracce più famose e acclamate, come Comfortably Numb, Run Like Hell e Hey You, ai brevi intermezzi strumentali o ricchi di suoni ed effetti, nulla è stato tralasciato o trascurato.9391739813_5f81cf5caa_b

69 anni e non sentirli, Waters ha offerto una prova vocale da far invidia ad artisti ben più giovani. La componente strumentale non è stata da meno, capace di non far rimpiangere Gilmour e soci, e di reggere un’eredità pesantissima con carisma e talento. L’intero spettacolo, come annunciato da Waters stesso in un buon italiano, è stato dedicato alle vittime del terrorismo di stato, e in particolare a Jean Charles de Menezes, ucciso a Londra nel 2005 perché creduto un terrorista. Questo e le già citate immagini proiettate sul muro, come quelle di aerei che sganciano missili che rappresentano la chiesa cattolica, l’ebraismo, il simbolo del dollaro, del petrolio, e altri ancora, danno all’intero show una patina seria e riflessiva, che però non offusca la magnificenza e la bellezza del resto dell’esibizione. Come se non l’avesse mai fatto durante il corso della sua a dir poco brillante carriera, Roger Waters ha provato per l’ennesima volta, con quello che probabilmente è stato uno degli spettacoli più riusciti degli ultimi anni, di essere un pilastro indistruttibile della storia della musica. O forse, un muro. Il muro più grande e resistente che mente umana abbia mai creato.

Signore e signori, Roger Waters e il suo The Wall.

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