Ångström – Ångström EP (Autoprodotto, 2013) di Daniele Dominici

La pangea definita come 'industria musicale' , esattamente come qualsiasi altro settore delle nostre esistenze, è soggetta a movimenti ciclici, fenomeni di ritorno, correnti a circuito ovale. Nella prima parte degli anni '10 del duemila, stiamo assistendo ad un grande rigurgito compositivo, che rimanda con insistenza agli anni '70 (da sempre punto di riferimento ideologico, sia ben chiaro), più precisamente al genere progressive. Proprio a questa suggestione hanno (consciamente o meno?) fatto riferimento gli Angstrom, eclettica  band milanese che va a pescarsi il nome nientemeno che da un fisico Svedese e dall’unità di misura a cui il ricercatore ha…

Score

CONCEPT
ARTWORK
POTENZIALITA'

Conclusione : Progressivi

Voto Utenti : 4.23 ( 2 voti)

a0665286642_10La pangea definita come ‘industria musicale’ , esattamente come qualsiasi altro settore delle nostre esistenze, è soggetta a movimenti ciclici, fenomeni di ritorno, correnti a circuito ovale. Nella prima parte degli anni ’10 del duemila, stiamo assistendo ad un grande rigurgito compositivo, che rimanda con insistenza agli anni ’70 (da sempre punto di riferimento ideologico, sia ben chiaro), più precisamente al genere progressive.

Proprio a questa suggestione hanno (consciamente o meno?) fatto riferimento gli Angstrom, eclettica  band milanese che va a pescarsi il nome nientemeno che da un fisico Svedese e dall’unità di misura a cui il ricercatore ha donato il nome.

Per stessa ammissione del gruppo sui media ufficiali, il processo compositivo è un flusso di coscienza senza freni, quasi una jam session a cui non si vuole e non si deve togliere spontaneità.  E da questa improvvisazione nasce l’EP omonimo Angstrom, materiale davvero ‘adulto’ se giudichiamo il gruppo dalla carriera discografica, iniziata appunto con l’EP sovracitato.

Effettivamente inscrivere questo primo approccio degli Angstrom nelle vastità sconfinate del genere progressive, toglierebbe a questo lavoro tutto l’entusiasmo portato dalle ottime sensazioni pervenute analizzando lo stesso.

Il criptico inizio della prima traccia (essendo un EP sono presenti ‘soltanto’ 4 brani), Godard, ha il potere di incuriosire anche l’ascoltatore più timido, persuaso dall’idioma francese preso in prestito dall’opera ‘2 ou 3 choses que je sais d’elle’ del regista francese Jean-Luc Godard. La parte strumentale è un’orchestra di sensazioni in lenta sequenza, un cullare continuo interrotto solamente dal tenero fraseggio degli strumenti, synth compreso. Alcuni arpeggi strizzano l’occhio ad un certo Steven Wilson (Porcupine Tree ndr), avanguardista del rinnovamento artistico citato in apertura d’articolo. La distorsione la fà da padrona, il basso cavalca, la batteria impone senza strafare. Una colonna sonora, insomma, particolarmente avvolgente.

Il panorama non muta neanche nei brani successivi. Probabilmente se uniti insieme, potrebbero risultare un unicuum, una suite con vista sul vuoto architettata con una netta soluzione di continuità espressiva.

E se The Third Word is You accelera i ritmi ed incalza l’ascoltatore quasi inaspettatamente, Scalar (thirteen) accenna contorni riflessivi, per poi rigettarsi nel mare della sperimentazione.

Ad essere onesti vi è una profonda traccia sincretica: a parte le chitarre, sempre arpeggiate e caratterizzate da un sound prettamente contemporaneo, la struttura musicale impone rimandi a mostri sacri come ELP e King Crimson, specialmente nell’uso massiccio del sintetizzatore. Tuttavia non si ha mai la sensazione di trovarsi davanti ad un vero e proprio collage: la vena ispirata, i saggi innesti e l’attitudine spontanea, traghettano piuttosto verso un quadro ingegnato con ottimi spunti.Esempio lampante è l’arpeggio acustico scelto per l’inizio dell’ultimo brano, You and I for a Hundred Miles, accompagnato da un cantato soffuso e

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d in piena linea con lo stile senza punti di riferimento  impronta degli Angstrom. Volendo dare una sfumatura a questo EP, non potrà che essere positiva. La spensieratezza con cui questi ragazzi interpretano il loro spazio musicale, non solo appare apprezzabile in un contesto generico spesso troppo precotto, ma raggiunge anche piccoli standard d’eccellenza legati ad una solidità che mantiene il progetto alla base fortemente in evidenza.

Non resta che augurare al gruppo, provocatoriamente, le stesse fortune del fisico a cui debbono il nome.

Tracklist:

1. Godard
2. The third word is you
3. Scalar (thirteen)
4. You and I for a hundred miles


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Daniele Dominici

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