Relics incontra gli Youarehere (a cura di Daniele Latini, foto di Stefano D’Offizi)

Youarehere Intervista01webAbbiamo incontrato gli Youarehere, li abbiamo seguiti più volte e dopo essere rimasti affascinati dalle loro performance live e dal loro Primavera, abbiamo deciso di fargli qualche domanda per saperne un po’ di più. Il trio ci accoglie come fossimo vecchi amici, l’atmosfera è rilassata, sebbene tra pochi minuti si esibiranno sul palco del Circolo degli Artisti. Ecco cosa è venuto fuori dopo una lunga e piacevole chiacchierata…

 

Relics: Cominciamo con una domanda preliminare, perché “Youarehere”? Siete appassionati di toponomastica o ha un significato particolare? (spero la seconda…)

C. Del Proposto: E’ stato un impatto grafico più che altro, proprio da Centro Commerciale. Da locazione. E soprattutto cercavamo un nome che si acronimizzasse bene, visto che siamo amanti degli acronimi. Comunque diciamo che la toponomastica in qualche modo ha influito.

P. Piastra: Il fatto di scriverlo tutto attaccato è per essere più riconoscibili, anche se poi alla fine lo scrivono staccato quasi tutti. Molti pensano che derivi dal pezzo di Nathan Fake, ma non è così visto che lo ignoriamo completamente tutti e tre. (ride)

 

Relics: Come vi siete conosciuti e cosa vi ha spinto a collaborare insieme? Siete partiti con un obiettivo ben preciso in merito al sound?

C.D.P.: Ci siamo conosciuti una sera, perché tutti e tre abbiamo dei progetti solisti, e neanche a farlo apposta c’è stata occasione di suonare tutti insieme, di conoscerci e di apprezzarci vicendevolmente.

Loro due (Patrizio ed Andrea), ad esempio, hanno già collaborato. Patrizio, come EdPorth, ha già collaborato con Andrea, French Teen Idol, ed ha prestato i suoi acuti e i suoi gorgheggi alla Jònsi, tra l’altro bellissimi.

P.P.: Per quanto riguarda l’altra domanda riguardo al suono, essendo le nostre influenze elettroniche molto simili, avevamo in mente già cosa fare. Forse queste comuni influenze sono uscite fuori più con il secondo EP piuttosto che col primo.

 

Relics: Questa è una cosa molto rara per un gruppo di musica elettronica, visto che di solito le influenze sono sempre molto diverse.

C.D.P.: Nello specifico dei nostri progetti solisti siamo molto diversi l’uno dall’altro. Andrea è più orientato verso il Post-Rock, Patrizio più verso un Jon Hopkins, io decisamente più idolatrante di un Aphex Twin.

P.P.: Lo vediamo soprattutto nelle recensioni. La nostra idea era quella di prendere, passatemi il termine, questi tre generi e farli confluire in un unico progetto. Soprattutto nel secondo album.

C.D.P.: Si, il secondo ne è la sintesi perfetta.

P.P.: La ritmica un po’ IDM, un po’ tedesca…

C.D.P.: Qualche influenza Radiohead, Atoms for peace…

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Relics: L’influenza Radiohead l’ho sentita molto nel pezzo “Metaphysical”.

A. Di Carlo: Non possiamo smentire. (ride)

C.D.P.: Per noi, essere accostati ai Radiohead è un punto d’onore. Questo lo prendiamo come il migliore dei complimenti. Essere paragonati a loro è un punto di arrivo.

P.P.: Si, sicuramente fa piacere, però sfido chiunque a sentire l’EP ed un pezzo come “About me” o “Primavera”…dove stanno i Radiohead?

 

Relics: Infatti era un’osservazione circoscritta a quel brano.

P.P.: Si, magari può ricordare un po’ la linea vocale…

A.D.C.: Diciamo che Patrizio è un po’ suscettibile sull’argomento, visto che spesso sulla voce viene detto “mi ricorda Thom Yorke” e quindi… (ride)

P.P.: A me sembra che lo dicano quasi come fosse un difetto. Certamente non mi stai dicendo che la voce ricorda quella di Gigi D’alessio, ecco… su Yorke parliamo di uno che ha un’interpretazione abbastanza importante direi.

 

Relics: Ascoltando i vostri due lavori si può notare una differenza di approccio alla produzione, nel primo più ossessiva e glitchy, nel secondo ambient e atmosferica al punto giusto, senza tralasciare i ritmi dance.

A.D.C.: Nel secondo abbiamo puntato ad uno snellimento generale. La composizione è avvenuta a distanza perché mi ero trasferito.

C.D.P.: Nella composizione del primo ci vedevamo due volte a settimana, nel secondo invece c’è stato questo snellimento della procedura. Chi aveva un’idea la proponeva tramite soundcloud, proprio alla The Postal Service.

P.P.: E in maniera spontanea abbiamo anche snellito il sound.

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Relics: Il nome del secondo album è, a mio avviso, assolutamente azzeccato, “Primavera”. Sei tracce che portano a pensare ad un risveglio dal letargo invernale. Qual è il vostro pensiero in merito?

P.P.: In realtà c’è un equivoco su questa cosa che ci fa anche gioco. Nel titolo del primo album c’è l’autunno e in questo la Primavera. Il titolo dell’album è venuto fuori perché cercavamo un titolo in italiano…

C.D.P.: Ma allo stesso tempo “fruibile” al livello internazionale…

P.P.: E Primavera, indubbiamente, è una bella parola.

C.D.P.: Poi il discorso delle stagioni ci affascina proprio per la ciclicità e il rinnovamento insito alla ciclicità. Abbiamo voluto dare una continuità all’album che parlava di Autunno e che comunque era contestualizzato all’uscita in primavera.

P.P.: Però il prossimo non si chiamerà né Summer, né Winter. (ride)

C.D.P.: Abbiamo chiuso il capitolo stagioni.

 

Ascoltando le opere, mi sono balzati alla mente i primi boards of canada. Avete delle specifiche influenze o vivete la produzione in maniera libera e impulsiva?

C.D.P.: Ascoltiamo di tutto e tutto in continua evoluzione. Durante la stesura del primo disco, ad esempio, non conoscevamo The Field (produttore svedese di musica elettronica minimale, ndr) e poi è entrato prepotentemente nei nostri ascolti e indirettamente nelle nostre influenze musicali. Noi cerchiamo sempre di suonare quello che vorremmo ascoltare. Siamo i primi fruitori di quello che suoniamo. Non rientriamo nella categoria di persone che non ascoltano quello che suonano. Io personalmente sono un amante dei nostri pezzi.

P.P.: Indubbiamente, tutti i gruppi e tutti gli artisti che hanno delle influenze le riportano in quello che fanno, però quello che mi piace di questo disco è che ci sono influenze, ma i singoli pezzi non possono essere ricondotti ad altri artisti. Ad esempio, la traccia Primavera è basata su un loop, come fa The Field, ma quest’ultimo non farebbe mai una cosa così primaverile, così aperta…

A.D.C.: Spesso ci chiedono che genere facciamo ed io mi trovo in difficoltà. Non so mai cosa rispondere esattamente.

P.P.: Un po’ come tutti i gruppi di musica elettronica…

C.D.P.: Io penso che il nostro gruppo sia molto più vicino, ed è un paragone che non fa mai nessuno, a Moderat, progetto dei Modeselektor più Apparat. Io trovo una certa similitudine di suoni e di struttura dei pezzi molto vicina alla loro. L’influenze è sempre giusto nominarle: Radiohead e Thom Yorke su tutti, Moderat, The Field, Jon Hopkins…

A.D.C.: Boards of Canada è un caso ricorrente. Anche nel mio progetto solista viene evidenziato.

C.D.P.: Boards of Canada diciamo che è principalmente un mio ascolto, più che loro. Però si, è un paragone calzante.

 

Relics: Domanda tecnica: Che tipo di strumentazione preferite utilizzare? Completamente digitale o ogni tanto vi abbandonate anche al fascino dell’analogico?

P.P.: Siamo in continua evoluzione anche su quello. Siamo partiti totalmente digitali…

C.D.P.: Poi c’è stata un’implementazione di strumentazione. Ma anche questo è completamente casuale, perché spesso ci troviamo a suonare e a concepire idee a casa, sul divano, al volo, oppure ci siamo trovati in studio. Su “As When The Fall Leaves Trees” ci sono dei Roland che aveva Andrea e dei Microkorg.

P.P.: Ma siamo principalmente computer-based.

C.D.P.: La nostra è una catena di Ableton Live dal vivo, anche perché riportare tutti gli strumenti che usiamo sarebbe praticamente impossibile.

P.P.: Su questo nuovo EP siamo riusciti a non delegare tutto quanto a Ableton Live, ma suoniamo abbastanza.

C.D.P.: Ableton Live ci permette di essere più snelli anche dal vivo, perché i nostri progetti sono abbastanza pretenziosi dal punto di vista strumentale. Se dovessimo portare uno strumento fisico per ogni strumento utilizzato nel pezzo, servirebbe un palco enorme…

 

Relics: Il vostro software preferito quindi è Ableton Live?

C.D.P.: Ableton Live è vitale per noi, poi siamo grandissimi fruitori di Native Instruments, dei loro plugins.

A.D.C.: Io sono il nostalgico del gruppo, ogni tanto ricorro ancora a Reason.

C.D.P.: Poi i plugin dell’iZotope per la post-produzione…

P.P.: Poi anche Maschine, KaossPad, per non limitarci al software.

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Relics: Quali sono i vostri progetti futuri?

C.D.P.: Al momento siamo ancora in un discorso promozionale di “Primavera”, almeno fino alla fine di quest’anno. Poi penso faremo una pausa necessaria per ultimare il nuovo album, che puntiamo di far uscire nel 2014, che comunque stiamo già scrivendo. Ben vengano sempre i live, ma ad un certo punto la pausa è necessaria.

 

Relics: La cosa che mi ha colpito molto dei vostri progetti è il loro respiro internazionale.

P.P.: Sicuramente nel genere che facciamo, sia perché è cantato in inglese, sia perché ha un respiro internazionale per le sonorità, se vuoi fare un passo più grande, in Italia non è molto considerato. Il nostro traguardo è sicuramente quello di uscire fuori. Certo, se riusciamo ad essere un grande un grande gruppo in Italia…

C.D.P.: Ben venga…

 

Ringraziamo gli Youarehere per la disponibilità.


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Stefano D'Offizi

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