Shijo X @ Le Mura, Roma (testo e foto di Giulia Pierimarchi)

1469823_10153471622410570_400666481_nMusica a bassa battuta, da sottonfondo. Ma anche suoni cupi, onirici, a tratti cosmici esternati dal vivo in una forma più rock. Trasmessi con una voluminosità più dissonante. Quasi a voler creare dell’immaginario notturno di If a night, secondo lavoro degli Shijo X (Bombanella Records, 2012), un’atmosfera disturbata.
Così la band sceglie di rendere la qualità del suo dream-pop giovedì 21 a Le Mura.
Il background è quello del trip-hop con i riferimenti al Bristol Sound: Massive Attack, Portishead, Morcheeba, Thievery Corporation. Ma forse gli umori degli ultimi due raffiorano più nella parte introduttiva del live concept, dove la band decide di proporre un’elettronica più vellutata ed avvolgente.
Lo slancio sognante dell’iniziale Bologna by Night riproduce un downtempo rievocativo alle tradizionali espressioni della Black Music re-interpretate alla maniera dei Morcheeba. Riprendendone le vocalità nu-soul, Laura Sinigaglia (voce) si presta molto attenta alle variazioni cromatiche delle suggestioni melodiche del piano, interpretate su questo brano con un feel jazzy da Davide Verticelli.
Come da disco la competenza di Laura e Davide illustra fin dall’inizio quello che si mostrerà essere la costante stilistica e potenziale di tutto il live setlist. Nella successiva Uptown bike, i due innestano al soundscape dub un soul psichedelico influenzando anche i movimenti del drummer, Federico Adriani, a mutare sulla versatilità tecnica d’interpretare spoken word e scenica di dar forma a vocalizzi eterei.
Il drumming di Federico, nella sua singolarità riesce a suggestionare per la sua capacità eclettica di battere ritmo con maniere 2005-01-01 00.00.00-7proprie all’acid jazz e per l’enfasi utilizzata su molti punti ritmici di incidere crash. Questi nella seconda parte del live assieme ai riverberi e ai delay della bassline di Federico Fazia sostengono bene le dilatazioni sonore a cui si dedica la band nel corso del live: i loop e le vibrazioni si fanno più frequenti ed intensi. Il dinamismo del loro suono crea degli agglomerati sonori. Le tastiere elettroniche si fanno più compresse e l’impressione che si ha è quella di voler distogliere l’ascoltatore dalla dimensione di quiete, creata finora, per mettere su un’atmosfera più dark, più narcotica. In qualche passaggio come Kruger anche ipnotica ed alienante.
È in questa fase che l’abilità performativa della band esterna la vera essenza strumentale del live. Sono proprio le estensioni agli sperimentalismi a costituire il vero fulcro di questa concept-band che sceglie di accentuare la parte più psichedelica di composizioni come Runnin’, Colors e la succitata Kruger per definire meglio il tracciato sonoro di questa riflessione notturna.

Accade raramente che l’elettronica soprattutto quando prende forma nella sua accezione più sognante e psichedelica come nel caso di If a night riesca a mantenere una raffinata resa su ampliamenti sonori improvvisati senza accostarsi necessariamente a contesti espositivi e virtuosistici. Soprattutto per un album musicalmente e tematicamente ragionato.

Fate in modo di vederli dal vivo.


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Giulia Pierimarchi

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