Croce e delizia! Dream Theater [no, non è la traduzione…]! Live! A Roma… E RELICS C’ERA, ANCHE A FIRENZE!
Un pizzico di me vuol rendervi partecipi della storia dei live della band, che innegabilmente ha avuto un ruolo importantissimo nell’ascesa alla fama dell’heavy prog di cui i suddetti sono ormai vessillo: ricordo ancora i press report del 1993 nei quali si decantavano le doti tecniche e la perizia nel rendere dal vivo in maniera impeccabile i pezzi, complessi come pochissimi fino ad allora, e si assisteva con la meraviglia negli occhi ai prodigi di questi ragazzotti di belle speranze.
Quei ragazzotti ora sono diventati dei veri e propri pilastri [era veramente solo questione di tempo, come vaticinavano nel loro debut album] e i tour mondiali fioccano, con date corposissime di 3 ore a sera. Non è proprio una possibilità che hanno tutti, ma si sa che i Dream Theater sono ad un livello molto alto. 3 ore intrise di musica tecnicamente notevole, un’intervallo di circa 15 minuti in un concerto diviso in parti.
I 5 ragazzoni dal gran passato sono in vena celebrativa e accorpano in una data l’anniversario di Awake [Images And Words cambiò il punto di vista del mondo sul progressive, Awake cambiò il mio punto di vista sulla musica…] che impattava gli scaffali dei negozi di dischi esattamente nel 1994 e di un altro disco molto importante per loro: Metropolis pt. 2 che vide la luce nel 1999.
Quindi il concertone viene diviso in 3 parti, che potremmo [un po’ cinicamente, nevvero] riassumere con 3 stati d’animo: 1 = Ahaha divertente; 2 = Emotività a secchiate; 3 = Uhhh si sarebbe fatta una certa ora…
Partiamo dal punto di vista tecnico! In più di 25 anni di carriera una cosa è certa: non si diventa Dream Theater suonando il triangolo [anche se qualcuno nello spassosissimo intermezzo proiettato alla fine della prima tranche sul maxi schermo ci prova, veramente divertente!], ci sono degli standard da rispettare e una band di taglio mondiale come loro li rispettano assolutamente. Già la scelta della location significa parecchio: il Palalottomatica di Roma non è esattamente il pub locale da cover band degli Oasis: circa 10.000 posti (non colmo ma bello pieno, gli spalti erano molto probabilmente completi) e quindi si preannuncia un Eventone. An Evening With Dream Theater! Che delizieranno [e magari a qualcuno crocifiggeranno pure…] le orecchie dei presenti con tanta belle evoluzioni, fughe, armonizzazioni etc. etc. La band è in ottima forma e si giova della giovialità dell’ultimo arrivato Mike Mangini che riempie bene, benissimo, le scarpe… no aspè facciamo pedali che è più consono… del suo predecessore.
PART 1: Vediamo i nostri portare sul palco la parte dei pezzi più recenti, dagli ultimi due album… Il clima sul palco è veramente godibile, rilassato: LaBrie fila sul palco e dialoga con le masse, Mangini sorride sempre, Petrucci coinvolto e scorrazzante, Myung *non pervenuto* come al suo adorabilissimo solito e Rudess che fa il solito mago di Oz con la tastiera basculante, moog, synth e la “pianòla alla Sandy Marton” ça vans dire. Quindi la scaletta viene sciorinata gradevolmente e i pezzi si dimostrano lievemente più coinvolgenti che in fase studio, con Petrucci che si fa carico dei cori con una resa abbastanza buona. Un mio personale applauso a The Enigma Machine che viene corredata da un video giocattolo in cui i nostri vengono cartoonizzati. Myung [che si pronuncia MAIÀNG, ma immagino che lo sapeste di già, grandissimi fan che non siete altro, no?] reso in modalità ninja non sono è perfetto per il carattere del timidissimo ma straordinario bass player ma anche dannatamente divertente! Una sola cosa che non mi sono riuscito a spiegare: l’idea delle telecamere puntate in vari punti strategici su Petrucci, Rudess e Mangini è ovviamente buona… Ma chi è quel genio che ha puntato la videocamera di Petrucci sull’asta del suo microfono?!?!
PART 1 STAGE SET: False Awakening Suite; The Enemy Inside; The Shattered Fortress; On the Backs of Angels; The Looking Glass; Trial of Tears; Enigma Machine (incluso il drum solo di Mike Mangini); Along for the Ride; Breaking All Illusions.
PART 2: Ok, se la prima parte mi ha visto nei panni del “critico” venuto a vedere un concerto, la seconda parte mi ha sopraffatto, sgusciando il diciassettenne in me che con Awake vide nascere [assieme a Promised Land dei Queensryche, i loro gemelli diversi] la passione per l’aspetto meditabondo, oscuro, riflessivo di un certo tipo di metal. Viene riportata sul palco in perfetto ordine di tracce la seconda parte di quello che è un disco senza ombra di dubbio leggendario, che fungeva da contrappasso al suo fortunatissimo predecessore Images And Words e dava purtroppo l’addio della formazione al primo storico ed inimitabile tastierista della band Kevin Moore. A questo punto, decisamente, le emozioni hanno preso il sopravvento… Eeeh che ci potete fare: vent’anni fa non avevo avuto modo di assistere alle date romane del gruppo, e per una volta che ci eravamo riusciti a muovere con due amici eravamo arrivati proprio poco dopo la fine del concerto! E c’erano pure i Fates Warning di supporto! AAAARRGGHHH! Vabè insomma, tornando al 2014: tranne qualche assolo variato e i vibrato un po’ troppo neomelodici di LaBrie i pezzi filano ancora ch’è una meraviglia e devo oggettivamente riscontrare e convenire col boato del pubblico che accoglie in maniera vibrante queste fantastiche tracce. Poche inutili, insulse, insufficienti, inette parole per descrivere l’emozione fluviale che genera Scarred, pezzo impossibile da emulare e menzione d’onore assoluta per Space Dye Vest che viene eseguita dal vivo PER LA PRIMA VOLTA in assoluto proprio in questa tournée! Un torrente di emozioni inesauribile, un po’ appannato dal finale che LaBrie [azzeccato il look molto seventies, un altro a cui l’età ha giovato] ha un po’ appannato visto che non è riuscito proprio a tenersi gli acuti – abbastanza inutili su questo pezzo d’atmosfera insuperabile – nella maglietta… Ma va bene, sarebbe stato veramente un sovraccarico mnemonico-emotivo-neuronale un po’ troppo greve per me… Si può fare!
PART 2 STAGE SET: The Mirror; Lie; Lifting Shadows Off A Dream; Scarred; Space Dye Vest.
PART 3: Vado ad un concerto della band che fino a circa vent’anni fa era la mia preferita in assoluto, mi emoziono… Ma non sono così rimbambito! E non mi faccio imbambolare, sono sempre dalla parte di una certa logica dell’estetica e dell’esecuzione. E questa parte del concerto, sebbene OVVIAMENTE eseguita al top come tutto il resto delle canzoni precedenti – malgrado la flessione della voce di LaBrie in alcune parti – secondo me ha denotato un calo di divertimento in generale. Petrucci mi è iniziato a sembrare distaccato, e anche il pubblico persino! Se facciamo paragoni tra atmosfere, è scesa una certa aria nel Palalottomatica e gli entusiasmi mi sono apparsi lievemente calati. Forse sarà stata la stanchezza della quasi terza ora di concerto… Chi lo può sapere di preciso?
PART 3 STAGE SET: Overture 1928; Strange Déjà Vu; The Dance of Eternity; Finally Free.
Quindi: ne è valsa la pena? Emotivamente si. Tecnicamente, penso, come sempre. Insomma passano gli anni ma i Dream Theater restano sempre oltremodo validi, da vedere live!
E vogliamo parlare delle fantastiche foto del nostro Stefano D’Offizi? No! Guardatevele a bocca aperta! Voglio solo scrivere da parte sua che se ci infilavano Pull Me Under il concerto era perfetto al 100% e sicuramente veniva giù l’intero Palalottomatica! Mica sbagliata come analisi, alla fine..!
P.S.: un urràààà per il Palalottomatica e la sua acustica sorprendentemente buona!