Spiritual Front – Black Hearts in Black Suits (Rustlblade, 2013) di Martina Tiberti

Forse sette anni fa nessuno avrebbe scommesso i propri ascolti notturni sul gruppo creato da Simone Salvatori, forse troppo spesso etichette come ‘dark’, ‘gothic’, ‘suicide rock’ inibiscono più che incuriosire e per finire, forse “Black Hearts in Black Suits” è un gran bel disco, a prescindere dal proprio credo musicale. Pianoforti, harmonium, cori e chitarre soffuse fanno da tappeto alla voce del cantante romano che risalta intensa ed evocativa per tutte le quindici tracce del disco.  Si inizia con l’Intro di Requiem aeternal  per approdare alla struggente Life’s to long, ballad di tristezze incompiute sostenuta da un arrangiamento carismatico…

Score

CONCEPT
ARTWORK
POTENZIALITA'

Conclusione : Romanticismo lunatico

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black-hearts-in-black-suits-076635148Forse sette anni fa nessuno avrebbe scommesso i propri ascolti notturni sul gruppo creato da Simone Salvatori, forse troppo spesso etichette come ‘dark’, ‘gothic’, ‘suicide rock’ inibiscono più che incuriosire e per finire, forse “Black Hearts in Black Suits” è un gran bel disco, a prescindere dal proprio credo musicale. Pianoforti, harmonium, cori e chitarre soffuse fanno da tappeto alla voce del cantante romano che risalta intensa ed evocativa per tutte le quindici tracce del disco.  Si inizia con l’Intro di Requiem aeternal  per approdare alla struggente Life’s to long, ballad di tristezze incompiute sostenuta da un arrangiamento carismatico e personale. Evidenti i richiami nickcaviani della band che ne stravolge la matrice rock avvolgendo l’aggressività in lenzuola di armonie classiche. Per le prime tracce questa rimane sottesa, culminando poi nella trionfale No forgiveness misto di romantic pop e cupi intrecci classici arricchiti da un violino tormentato e da un pianoforte indulgente. Si va avanti come scorrendo le pagine di un libro, una storia d’amore finita male, il diario di un vecchio pieno di nostalgie: Erwing è uno strumentale dolce che vedo immediatamente proiettato nella colonna sonora di un film moderno in bianco e nero e la storia è dentro di noi, come sempre.  I just can’t have nothing è la prova di una sonorità originale che non può confondersi nei contorni di un solo genere, la voce di Salvatori scorre su un tappeto di harmonium e cori, percorre strade antiche e torna nell’asfalto di un futuro disarmato. Tutto sembra precipitare con l’inizio di I believe I was yours , altra ballad disillusa carica di nostalgie incomprese da un fantasma in ascolto ma sempre muto, fin quando qualcosa cambia nel ritornello e un sentimento di rabbia ravviva il brano e ne indirizza il finale verso uno speach ossessivo.

Chiude come un’opera classica il disco degli Spiritual Front, con un brano dal titolo duro ma dalle melodie dolci e vaporose. Each man kills the things he loves è la chiusura di un cerchio perfetto, il coperchio sottile di un vaso di Pandora destinato ad esaurirsi nelle orecchie di un ascoltatore attento e romantico e di quanti sappiano farsi sconvolgere dalla bellezza fallimentare del gruppo romano. Auguriamo a questo album tutta la fortuna che merita e a noi di vedere presto gli Spiritual Front dal vivo.

Tracklist:
1. Requiem Æternam
2. Life’s too long
3. Martha
4. Eternally yours
5. Veronika
6. The only sin
7. Dies Iræ
8. No forgiveness
9. Erwig
10. I just can’t have nothing
11. Lacrimosa
12. I believe I was yours
13. Franz
14. Choose death
15. Each man kills the thing he loves


Commenti

Stefano Capolongo

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