The Hot Dogs Family – The Hot Dogs Family (Yellow Sauce Records, 2013) di Stefano D’Offizi

Reminescenze blues neanche troppo vaghe, suoni caldi, ritmi incalzanti ed una voce perfettamente in linea con il tutto; ecco gli ingredienti di una ricetta ben riuscita! Il lavoro de The hot dogs Family si potrebbe riassumere in questo modo senza perdere di vista alcun aspetto, anche se in realtà c'è molto di più in queste sette tracce e preferisco prenderle in esame tutte per rendere maggior giustizia a questa band. Cayman Review apre le danze con un motivetto chitarristico niente male, si direbbe un'ottima stratocaster pulita e brillante, un incontro al pub fra Clapton e Ray Vaughan; in pratica…

Score

CONCEPT
ARTWORK
POTENZIALITA'

Conclusione : Anacronistico

Voto Utenti : 3.33 ( 14 voti)

04_ottobre_the_hot_dogs_familyReminescenze blues neanche troppo vaghe, suoni caldi, ritmi incalzanti ed una voce perfettamente in linea con il tutto; ecco gli ingredienti di una ricetta ben riuscita! Il lavoro de The hot dogs Family si potrebbe riassumere in questo modo senza perdere di vista alcun aspetto, anche se in realtà c’è molto di più in queste sette tracce e preferisco prenderle in esame tutte per rendere maggior giustizia a questa band. Cayman Review apre le danze con un motivetto chitarristico niente male, si direbbe un’ottima stratocaster pulita e brillante, un incontro al pub fra Clapton e Ray Vaughan; in pratica un inizio col botto vero e proprio che cattura l’ascolto da subito, anche grazie ad una linea vocale completa di cori e tutto il necessario per rendere giustizia a questa cover di Trey Anastasio. Signori, non sono mai stato un grande estimatore del Southern Blues, ma questa band ci sa davvero fare, come dimostrano già nella seconda traccia: I’m Going Down raccoglie tutte le mie attenzioni e sono sicuro anche le vostre. Impossibile distogliere le orecchie dallo splendido ritornello e dalla musicalità di una voce che si sposa alla perfezione con un sound pazzesco, se siete in macchina accostate, potrebbe essere pericoloso proseguire. Una cosa è certa, non risulta affatto semplice raccontare un disco del genere, gli spunti sono molti in realtà, ma la freschezza di questo blues (paradossalmente moderno) non fa che ripetersi ad ogni nota, rafforzando la voglia di far ripartire daccapo ogni brano. Terza traccia, terza storia: Hold Me Back è un’azzeccatissima inversione di tendenza, in un’ipotetica scaletta live risulterebbe perfetta per calmare un po’ gli animi, lo zuccherino allo stallone dopo una sfrenata corsa.20130707_133430_3172_hotdogs Apprezzabili doti canore per Eduardo Abys, a tratti ricorda molto Eric Martin dei Mr.Big, sale e scende con precisione e senza strafare, interpretando stati d’animo che passano attraverso le cuffie ed arrivano dove devono arrivare. Blood ‘n Rolling riprende a farci galoppare la testa, un moderatissimo headbanging direttamente proporzionale alle delicatissime distorsioni dei talentuosissimi Matteo Gilli e Oliver Gambarini; si rincorrono tra pentatoniche e ritmi serrati che sanno di Chicago rhythm and blues. Segue una vera sorpresa, The Same Thing (cover rivisitata di Willie Dixon) spezza i ritmi e le discese frenetiche, trasformando il tutto in un’atmosfera noir. Voce quasi swing, rafforzata dall’azzeccatissima scelta delle spazzole ad accarezzare quasi i tamburi di Luca Stignani, come nell’intermezzo di un sogno estempoaneo, il perfetto preludio a quello che reputo il vero capolavoro del disco: Hoosher. Probabilmente più vicino al mio genere, sarà per le chitarre piangenti ed i loro desertici slide, le cavalcate prolungate quasi psichedeliche di Paolo Mauro al basso, o magari l’intenso apice che raggiunge intorno al quinto minuto, pronto ad esplodere poco più tardi. Forse è tutto l’insieme di questi splendidi otto minuti e mezzo, che a mio avviso potrebbero contenere le capacità compositive di questo gruppo, o magari anche solo il gong finale… in definitiva, questo brano mi piace davvero tanto. Per i successivi cinque minuti si torna invece sulla terra con il motivetto spensierato di Little Lady a chiudere il cerchio con tanto di Hammond e giochi di parole a tempo. In sintesi, potremmo dire tranquillamente che si tratta di un disco fuori dal tempo, leggermente anacronistico ma di piacevole ascolto, di difficile contestualizzazione se volessimo escludere la parola Blues… ma perchè dovremmo farlo? Non sarà sicuramente il disco più originale del 2013, ma il lavoro scolto fin qui è praticamente eccellente. Certo, in sette tracce ben due cover (di cui una in apertura) potrebbe risultare una scelta abbastanza azzardata e lasciar passare il disco come un semplice EP, ma anche il coraggio a volte va apprezzato, e la qualità delle incisioni gli dà decisamente un punto in più… Quindi in conclusione, questo disco si becca ben quattro stelle e mezzo su cinque, un voto piuttosto alto per aver intrapreso una sonorità così classica in un periodo decisamente arido di complimenti…
Bravi, vi piace il Blues? Continuate a suonarlo!

BodyPart (3)The Hot Dogs Family:

Eduardo Abys: Vox
Oliver Gambarini: Guitar
Matteo Gilli: Guitar
Paolo Mauro: Bass
Luca Stignani: Drums

Additional Musicians:

Pino Di Pietro: Wurlizer, Hammond, Clavinet
Ettore Della Campa: Rhodes, Hammond
Marta Lucini e Arianna Ciarletta: Backing Vocals
Nic Polimeno: Guitar

Tracklist:
1. Cayman review
2. I’m goin’ down
3. Hold me back
4. Blood ‘n rolling
5. Hoosher
6. Little lady


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Stefano D'Offizi

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