Wasted Pido – Caffeine Recordings (Autoprodotto, 2013) di Giovanni Paoluzzi

Le sue frasi nella presentazione esplicitamente scarna, volutamente breve e amputata da qualunque possibile fronzolo-abbellimento sono davvero una fedele trasformazione in parole di cosa sia Wasted Pido: "Wasted Pido one man band è uno spettacolo di rock n roll sporco e bastardo, un attacco lo-fi a colpi di ritmi indemoniati e ballate country senza futuro realizzato con dispositivi elettronici a basso costo". La sua musica sul lavoro Caffeine Recordings ha un impronta digitale netta: DRIVE! Saturazione voluta sulla voce, saturazione sulle chitarre, a volte sul suono acustico a volte su quello della resofonica (o tale sembra), saturazione sull'armonica e sulla…

Score

CONCEPT
ARTWORK
POTENZIALITA'

Conclusione : Embrione incazzato

Voto Utenti : Puoi essere il primo !

a3260741723_10Le sue frasi nella presentazione esplicitamente scarna, volutamente breve e amputata da qualunque possibile fronzolo-abbellimento sono davvero una fedele trasformazione in parole di cosa sia Wasted Pido:
“Wasted Pido one man band è uno spettacolo di rock n roll sporco e bastardo, un attacco lo-fi a colpi di ritmi indemoniati e ballate country senza futuro realizzato con dispositivi elettronici a basso costo”.
La sua musica sul lavoro Caffeine Recordings ha un impronta digitale netta: DRIVE!
Saturazione voluta sulla voce, saturazione sulle chitarre, a volte sul suono acustico a volte su quello della resofonica (o tale sembra), saturazione sull’armonica e sulla cadenza ritmica delle percussioni “street”. Lo spettacolo sporco invade il ventaglio di strumenti scelti dal one man band.
Facciamo un lieve passo indietro e partiamo proprio da questo: un uomo da solo davanti gli strumenti e il microfono, il formato canzone in cui, anche se assente a volte la differenza strofa ritornello, un solo artista esprime e imprime il proprio sound: risultato?
Il risultato e’ altalenante: il graffiante ispirato, il suono pieno di risentito punk e la cadenza blues da una parte mentre l’esplicita scelta di un low-fi medioso da una altra, che spingono ogni brano in uno dei due eccessi: la brillante originalità da una parte e un bluesman dentro il citofono da un altra.
La scelta punk di brani brevissimi non aiuta a focalizzare l’ascolto sul messaggio, al tempo stesso e’ la testimonianza di una menefreghista incuranza del dettaglio. Tutto ok, perfetto. Ma allora cosa arriva a chi ascolta?
Il lavor a nostro avviso e’ buono, diretto originale e onesto. Il groove non e’ mai lasciato al caso mentre la voce ora presente ora assente e’ comunque il nitrito di un country-punk che vuole lasciare il segno. Che, a nostro avviso, in meno di 2 minuti a volte lasci un breve graffio e a volte rischi di non lasciare nulla e’ solo un commento su una scelta stilistica.
Ne è un simbolo la bella The cavern trash dove lo stile quasi calcante il surf di Dick Dale trova un country distorto e irriverente da doppio malto in fase di smaltimento che nella brillantezza delle idee si scaglia presto verso un finale. Peccato.
Quello che arriva e’ il percorso intermedio di un artista che sta maturando crescendo solo sulle proprie gambe, portando avanti da solo l’onere di una one man band unito alla rabbia di un urlo che vuole sgretolare le regole che separano gli stili.

Tracklist:

1. Rep
2. In the cold
3. Low my line
4. Moore & Napier
5. Railroad
6. The cavern trash
7. Guanabara bombs
8. Tear in my beer
9. Degenerated
10. Speedwolf
11. Pray them bars
12. Diabo verde
13. Searching
14. Black cold dead rotten animal
15. Lass of low countee


Commenti

Stefano Capolongo

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