Colin Edwin & Lorenzo Feliciati – Twinscapes (RareNoise Records, 2014), di Simone Pilotti

La collaborazione tra Colin Edwin e Lorenzo Feliciati ha dato vita ad uno dei progetti nostrani più interessanti del 2014, intitolato Twinscapes. Due bassisti (più un terzo alla rifinitura del tutto), zero chitarre, poco meno di un anno per comporre undici tracce, registrarle oltremanica e missarle oltre oceano. Il risultato è ottimo, un complesso intreccio che riesce a toccare molti ambiti della musica sperimentale, svariando da un approccio tipicamente da jamming band alla linearità di un gruppo navigato. L’album, che è uscito il 21 febbraio scorso per la RareNoise Records, ha visto coinvolti nella realizzazione anche altri illustri musicisti,…

Score

CONCEPT
ARTWORK
POTENZIALITA'

Conclusione : Complesso

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cv_twin-e1395007171222La collaborazione tra Colin Edwin e Lorenzo Feliciati ha dato vita ad uno dei progetti nostrani più interessanti del 2014, intitolato Twinscapes. Due bassisti (più un terzo alla rifinitura del tutto), zero chitarre, poco meno di un anno per comporre undici tracce, registrarle oltremanica e missarle oltre oceano. Il risultato è ottimo, un complesso intreccio che riesce a toccare molti ambiti della musica sperimentale, svariando da un approccio tipicamente da jamming band alla linearità di un gruppo navigato. L’album, che è uscito il 21 febbraio scorso per la RareNoise Records, ha visto coinvolti nella realizzazione anche altri illustri musicisti, David Jackson, ex Van der Graaf Generator, e Roberto Gualdi, Premiata Forneria Marconi, e proprio l’enorme bagaglio di esperienza che si portano dietro i partecipanti ha saputo creare uno dei lavori più convincenti di quest’anno in ambito sperimentale, accresciuto ulteriormente dal valore dei musicisti nella fase di registrazione.

Quasi un’ora di avanguardia, tra ritmiche sofisticate e basi sintetiche, tra trame stratificate e suoni autunnali. Definirne il genere è impossibile, oltre che limitante e dannoso. Lo space rock è il punto di arrivo d’ogni traccia, vero; com’è vero che l’elettronica regge tutta la composizione. Ma, in modo elegante, ordinato e accurato, emergono elementi di ambiti più svariati: si va dalla world ed etno music, ossessive, calde e selvagge, al trip hop, che ci riporta indietro di un decennio; dal free-jazz, ammaliante e stordente, sempre da applausi, alla dub evocata da alcune percussioni. E poi ancora la brillantezza del funky, l’irresistibilità del progressive, i confini espansi dell’ambient, le atmosfere leggere del fusion e il clangore dell’industrial. Nonostante gli ingredienti buttati nel calderone, tuttavia, l’album possiede un’invidiabile omogeneità, un filo, un’idea che lega gli undici brani, grazie alla quale viene allontanata la spigolosità dei dischi troppo eclettici, salvaguardando l’esplosività e l’originalità che riescono a conferire i mille impulsi. Difficile, se non irrealizzabile, provare a decodificarne le influenze, vista la varietà di generi. Proviamo ugualmente ad offrirvi una coordinata per comprendere meglio il valore dell’album: i suoni variegati, la sperimentazione, l’assenza di parti vocali, la miscela frizzante di elettronica e strumenti evocano il lavoro frutto della collaborazione di David Byrne e Brian Eno, uscito nel 1981, ma ancora attuale, “My Life in The Bush Of Ghosts”.

L’apertura è affidata all’oscurità di Shaken, tra melodie tetre e basso noir, sui binari degli italiani Calibro 35 per intenderci, ma molto efficace. Segue l’atmosfera sinistra di Alice, mentre le quattro corde plasmano una spirale ipnotica, sino alla polverizzazione e alla dilatazione di fine traccia. Il jazz di In Dreamland è il più rilassante, Breathsketch unisce improvvisazioni di stampo free-jazz, molto frivolo, in Trasparent si dilatano notevolmente gli spazi, tra atmosfere fusion e ambient ai limiti del post-rock. La successiva I-Dea sembra la sintesi degli elementi pungenti (Breathsketch) e diffusi (Trasparent), mentre le due canzoni seguenti sono caratterizzate da un’elettronica pura: Conspiracy, con le sue basi minimal e percussioni gelide, e Perfect Tool, accompagnata dal basso per tutta la sua durata. In Sparse torna il sax e con esso le atmosfere fusion, la seguente Yugen richiama un funky che sembra jammato, frescho, sbarazzino. La chiusura, Solos, è ambientale, cosmica, notturna, ma non oscura e torbida. Dunque, un album da gustare in tutte le sue venature, in tutti i suoi particolari. Consigliato.

Tracklist:

1. Shaken

2. Alice

3. In Dreamland

4. BreathSketch

5. Transparent

6. i-Dea

7. Conspiracy

8. Perfect Tool

9. Sparse

10. Yugen

11. Solos


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Simone Pilotti

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