Virgo – L’Appuntamento (Autoprodotto, 2013) di Daniele Dominici

Parlare di gruppi hard rock/ blues italiani non è mai semplice. Si rischia innanzitutto di trovarsi ad annegare in un mare di retorica avvilente, sia per quanto concerne l’abilità tecnica di alcuni personaggi che calcano il nostro suolo discografico, sia per l’incapacità degli stessi di ritagliarsi una fetta di pubblico considerevole in un panorama troppo pop-e-paillettes. In secondo luogo è davvero impossibile muovere critiche a gruppi che decidono di uscire dall’anonimato (nel nostro paese incredibilmente si ha un vantaggio anche nel rinchiudersi per tutta la vita nelle tracce scritte da qualcun’ altro) e si debbono scontrare con un Colosseo…

Score

CONCEPT
ARTWORK
POTENZIALITA'

Conclusione : Hard-a-metà

Voto Utenti : 4.85 ( 1 voti)

virgo-l-appuntamentoParlare di gruppi hard rock/ blues italiani non è mai semplice. Si rischia innanzitutto di trovarsi ad annegare in un mare di retorica avvilente, sia per quanto concerne l’abilità tecnica di alcuni personaggi che calcano il nostro suolo discografico, sia per l’incapacità degli stessi di ritagliarsi una fetta di pubblico considerevole in un panorama troppo pop-e-paillettes.

In secondo luogo è davvero impossibile muovere critiche a gruppi che decidono di uscire dall’anonimato (nel nostro paese incredibilmente si ha un vantaggio anche nel rinchiudersi per tutta la vita nelle tracce scritte da qualcun’ altro) e si debbono scontrare con un Colosseo informe di critici senza arte ne parte che finiranno, tra le altre cose, per distruggerli, l’accusa principale? ‘Senza collocazione sul mercato’.

Iniziamo col dire che i Virgo, quartetto Vicentino all’esordio con il record ‘L’appuntamento’, si sforzano di uscire dal cliché del già sentito, mantenendosi in equilibrio sulla sottilissima corda della sperimentazione. Sebbene le basi, quindi, si sposino in maniera coerente con sonorità grunge, hard n’ heavy, rock di matrice italiana, in alcuni pezzi è introdotto il synth, per infondere atmosfera e tagli soffusi. Dal punto di vista tecnico quindi, al gruppo nato inizialmente col nome di Papataci nel 2008, manca poco o nulla. L’esperienza del tastierista – chitarrista Michele Prontera si fa sentire in ogni brano, tra distorsioni e assoli puntuali; l’impronta ritmica data dalla batteria di Carlo Bucci ed il basso di Luca Bastianello è in certe fasi corroborante, esaltante (anche se raramente geniale), testimonianza cadenzata della competenza dei membri della band; infine la voce colorata del singer Daniele Perrino, che evitiamo di paragonare ad uno strano ibrido di famose voci nostrane come Francesco Renga e Piero Pelù. Ops, cancellate l’ultima riga.

Se dunque è per l’ennesima volta difficile porre obiezioni sul piano tecnico ad un gruppo esordiente (stavolta anche il suono è di primo piano) del panorama Nazionale, l’amalgama finale del prodotto non è altrettanto scontato.

In alcuni pezzi come l’opener Non ti sogno Più , Tre (Queens of The Stone Age? Sicuramente Queens of The Stone Age) ed Una Storia Vivente, la carica è potente e si fatica a rimanere fermi sul posto. Il Rock proposto non solo è ‘duro’, ma abrasivo come le corde di un basso ben accordato. I Soundgarden sono più di una suggestione lontana, si riscontrano anche i riverberi de Le Vibrazioni, quelle ispirate, ovvio.

Tuttavia un paio di punti rischiano di annullare quanto di buono viene proposto in buoni ⅔ del disco. In primis il cantato in italiano rischia di stereotipizzare il lavoro. Nonostante insistere sul nostro idioma sia sintomo ammirabile di attaccamento alla lingua e (chissà), anche al Belpaese, purtroppo un certo genere musicale ci è stato gentilmente tramandato da artisti d’ Oltreoceano, o al massimo da quelli del Paese della Sterlina. Siamo abituati a percepirlo in una certa maniera e, che lo si voglia o no,  allinearlo alla nostra lingua, a livello prettamente manageriale, può al massimo riportare con la memoria a band di casa nostra. Che, senza scendere nei particolari, con l’Hard n’ Heavy hanno al massimo iniziato la propria carriera, per poi straziarlo affinché certe produzioni non rimanessero sugli scaffali a prender polvere. Ergo, senza particolare successo.

E, ahimè, volendo spostare il discorso su un piano strettamente stilistico, la risultante non cambia. In alcuni passaggi viene quasi voglia di tradurre le parole per sentire ‘col senno di poi’, cosa sarebbe venuto fuori. In fundis, anche i testi finiscono per rimanere un semplice contorno.virgo

In seconda istanza non si può certo affermare che i ‘tentativi’ di innestare riverberi elettronici in pezzi  fino a quel momento assolutamente compatti almeno sul piano del manifesto espressivo, sia stata una mossa riuscita. Per fortuna tale esperimento rimane abbozzato, i brani sono per la maggior parte hard rock alternativo senza troppi compromessi, se non quelli, appunto, derivanti dall’ unione con le tastiere.

In sintesi, il lavoro dei Virgo finisce per convincere esclusivamente quando i volumi rimangono alti, le chitarre serrate e la batteria alza il metronomo. Altrimenti è inevitabile in brani come Il Tempo della Memoria, la title track L’Appuntamento e Via Salomone, agganciarsi con la memoria ad altri gruppi dello Stivale che nella loro carriera hanno finito per snaturare il proprio background, standardizzandosi al fine di addolcire l’impreparato apparato uditivo del pubblico di casa nostra. Ripetiamo: tecnicamente è tutta un’altra storia, ma anche le potenzialità discografiche vogliono la loro parte. Consigliamo quindi ai Virgo di rimanere i nudi e crudi di Tre e di abbandonare certe soluzioni sperimentali che sicuramente li porterebbero su binari già precostituiti. E verso l’anonimato. Nel nostro mercato e altrove. Più scapocciate, meno Vibrazioni.

Tracklist:

1. Non ti sogno più
2. Il tempo della memoria
3. Tre
4. Porto franco
5. L’appuntamento
6. Una storia vivente
7. Uomo celibe
8. La stanza dei colori
9. Via Salomone
10. If it’s love


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Daniele Dominici

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