Disco datato 2013 (al tempo autoproduzione), di recente ridistribuito in questa edizione da Seahorse Recordings (eh già, i nostri ragazzotti sono maturati in poco tempo…).
Tecnica, creatività e amore per la musica. La sintesi di “Spop” dei Suntiago regala una nuova sfaccettatura alle canzoni made in Italy: il disco dei tre ragazzi romani (Giovanni Ciaffoni: voce, chitarra e pianoforte; Nauhel Rizzoni: batteria, percussioni e cori; Stefano Danese: basso) stringe a sé l’idea di un suono internazionale, portato avanti con grande maestria ed accompagnato da testi profondi e mai banali. Il rock italiano, insomma, che viaggia su dimensioni parallele, accarezzando la tradizione nostrana senza disdegnare influenze statunitensi e britanniche: si parte con Seguimi, buon singolo che ripassa le orme del rock italiano, una “preghiera (nel senso più laico del termine) in musica con toni alla Timoria. L’esperienza graffiante di Nausea dipinge sullo spartito storie di vita quotidiana, abbracciando amore e odio intorno ad un riff incalzante che ricorda il suono dei Franz Ferdinand. Il ritmo funky di Linea Sottile si scioglie nel geniale intermezzo dal sapore spagnolo, corde pizzicate che trasportano chi ascolta in una dimensione parallela, fatta di una linea davvero sottile tra rock puro e suoni pop. John Bonham racconta una storia tra reggae e rock. Oltre l’omaggio c’è musica vera. Se “Bonzo” ascoltasse, apprezzerebbe senza alcun dubbio: è un inno che rompe con il testo malinconico delle canzoni precedenti e che intende celebrare l’idea oltre l’immagine, raccontando una storia tra reggae e rock.
Voltando pagina, arriva un tema piuttosto impegnato: in Africa è sempre la chitarra a scandire i passi di una storia che narra l’epopea di un figlio dell’Africa – “utero dell’umanità” – disposto a lasciare il proprio mondo per rincorrere il sogno dell’Occidente. Una sorta di denuncia in “presa diretta” che descrive perfettamente il problema dell’immigrazione e dell’integrazione sociale. Chitarra e ottoni aprono e accompagnano Viola, una canzone dal contenuto ambiguo: parole in metafora che certificano come questi ragazzi sappiano andare oltre la semplicità dei soliti temi che permeano le canzoni italiane. Coraggio e spensieratezza in una composizione che accarezza la libertà in ogni sua forma.
Al giro di boa c’è il ritmo sincopato di Funk Off, canzone che si snoda strizzando l’occhio a sound in stile “southern rock”, a riprova dell’ottima padronanza tecnica dei ragazzi del gruppo. L’opinione ha il vero carattere da singolo ed una costruzione perfetta per la versione live: l’opinione che fa ballare e riflettere, cavalcando ancora una vena rock di matrice “british”. Pezzo ottimo per ogni occasione. L’ultima volta, il viaggio psichedelico che si spezza in due: calma piatta e toni morbidi intervallati dal solito riff tagliente, quasi a ricordare che l’anima cruda della vita si nasconde dietro la voce in stile “Thriller” che lancia il monito sul “mistero dei misteri”. Padrona, come sempre, la chitarra, che spazia dal blues all’heavy tenendo incollato un testo sempre interessante. L’esperimento al pianoforte rappresenta un virtuale tentativo di abbraccio: Spogliami sarebbe stata perfetta come chiusura del disco, rilassante cantilena che rompe forzatamente il ritmo serrato che è il leit-motiv di tutta la composizione dei Suntiago.
Batteria ai massimi livelli per scandire il tempo de La Caccia: ennesimo esempio di competenza tecnica, cambi di ritmo definiti e piazzamento d’obbligo nelle hit da proporre in concerto. Un invito, neanche troppo nascosto, a scatenarsi sotto al palco. Lo swing di In Giù prende per mano l’ascoltatore verso la chiusura del disco: è tempo di rilassarsi, di lasciare spazio all’idea di leggerezza suggerita da una voce pacata e dai cori ben modulati. L’ultima tappa del disco è il flamenco di Ogni rinuncia: il viaggio si chiude nell’edonismo dal sapore orientale, un pezzo che conferma tutta la voglia di sperimentare senza troppe paure e nessun preconcetto.
La sensazione è che i Suntiago abbiano cominciato alla grande, dimostrando che la canzone italiana è molto di più di quello che viene pubblicizzato: qualcuno dirà che la scarsa riconoscibilità in un genere definito potrebbe rivelarsi un limite, personalmente credo che riuscire a spaziare tra diversi contesti e differenti tecniche sia la base perfetta per crescere nel modo migliore. Il prossimo disco da comprare, insomma, è Spop.