Intervista ai Massimo Volume (Testo e Foto di Valentina Cipriani)

DSC_9304 copiaIn occasione del Lars Rock Fest 2014 che si è svolto a Chiusi (SI) il 13 e 14 giugno, ho incontrato Vittoria Burattini e Stefano Pilia dei Massimo Volume per un’intervista.
Ci sediamo sulle scalette appena fuori dal Teatro Mascagni in un’atmosfera informale e rilassata. Dietro di noi un maxischermo trasmette la partita, mentre molti ragazzi si aggirano per la piazza in attesa che inizi il concerto. Ecco cosa ci siamo detti.

1) Negli anni ’90 sono nate della band, tra cui anche la vostra, e sono usciti degli album che hanno ridisegnato il panorama della musica italiana. Secondo voi è ancora possibile oggi un cambiamento di quella portata, e se sì quali sono i musicisti che secondo voi stanno portando qualcosa di nuovo nel nostro paese?
V: Domanda già difficilissima
S: Io non c’ero con i Massimo Volume negli anni in cui hanno preso parte a quella che è stata una rivoluzione nel panorama italiano. Secondo me oggi non c’è questa possibilità, o almeno non in quei termini. Però è chiaro che lo spazio per dei cambiamenti e un qualcosa di nuovo c’è sempre, anche se credo che avverranno in termini diversi. Mi sembra che adesso stiamo vivendo più una fase di transizione ed è difficile dire se quello che sta succedendo oggi possa essere un qualcosa che lascerà il segno, come hanno fatto negli anni ’90 band come i Massimo Volume, gli Afterhours, gli Starfuckers. Oggi il metabolismo delle cose è talmente veloce e rapido che è difficile rispondere alla tua domanda in questi termini.
V: Secondo me ci sono degli elementi che hanno cambiato la faccia della musica: il modo in cui sta cambiando il mercato discografico, se ne esiste ancora uno, le leggi tecnologiche, cioè ad esempio l’avvento del download, e il fatto che la gente non compri più la musica. Poi è vero che dal vivo ci sono ancora tante realtà che funzionano, che vanno bene e che andranno sempre avanti. Secondo me così come siamo stati ricordati noi o di più ancora i Bluvertigo, gli Afterhours ed altri negli anni ’90, anche adesso ci sono delle realtà che possono essere ricordate, come ad esempio Vasco Brondi e Dente, anche se la loro musica è più cantautorale diciamo, però magari è un ciclo. Quindi di cose ce ne sono tante, di band, di persone che suonano tantissime. Il mercato discografico non è più così verticalizzato, ma è più orizzontale, quindi ci sono tante proposte, molti live e poca musica venduta

DSC_9190 copia2) La sensazione che ho ascoltando le canzoni dei Massimo Volume, anche quelle più vecchie, è che siano ancora attuali, quindi in qualche modo fuori dal tempo. E mi riferisco sia ai testi che alla musica. E’ così secondo voi?
V: Innanzi tutto grazie perché è un grande complimento. Io credo che sia così, anche perché i testi di Mimì (Emidio Clementi, ndr) non attingono a situazioni particolarmente transitorie o legate al tempo che corre in quel momento, ma a degli universali. Secondo me come tutti i poeti – perché credo veramente che lui lo sia e che ne nasca uno ogni tanto – riesce a cogliere quelle cose universali che fanno sì che nei suoi testi rimanga qualcosa che è sempre attuale e valido. Da un punto di vista musicale, non abbiamo mai scelto delle produzioni particolari, non abbiamo mai utilizzato l’elettronica, ci siamo sempre rivolti ad una registrazione piuttosto sobria e classica, e questo fa sì che i dischi suonino ancora, soprattutto Da qui e Club Privé. Forse Lungo i bordi e Stanze risentono di qualche vecchiezza, però abbiamo sempre cercato di usare dei suoni più classici, meno legati al periodo e alle mode.
S: Io parlo da esterno perché non ho partecipato a quei dischi, però sono sempre stato un fan dei Massimo Volume. Ascoltandoli oggi, mi sembra che quei dischi non siano alla moda, ma comunicano ancora moltissimo, in termini sia semantici che musicali. Sono dei dischi che suonano molto spontanei e soprattutto sono più radicati attorno a delle idee piuttosto che ad un volersi porre in un certo modo. Quindi mi sembra che quei dischi siano ancora comunicativi.

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3) La comunicazione è un elemento fondamentale del vostro lavoro. Come è cambiato negli anni il vostro modo di comunicare, se è cambiato ?
V: Secondo me non è cambiato, usiamo ancora la stessa formula. Poi ovviamente ce lo devono dire anche dall’esterno, io non posso oggettivare le cose che facciamo, però credo che il nostro nucleo non sia cambiamo. Come diceva Stefano, andiamo ancora alla radice delle cose, cerchiamo di dire le cose con sincerità. Noi abbiamo sempre avuto lo stesso pubblico di affezionati, non sono né aumentati né diminuiti, sono rimasti sempre più o meno quelli come numero. Quindi penso che se la gente continua ad ascoltare i nostri dischi e a venire ai nostri concerti allora vuol dire che un po’ riescano a cogliere questa nostra sincerità.

4) Oggi, anche a causa di Internet e dei social network, la fruizione della musica da parte dell’ascoltatore medio tende ad essere sempre più veloce e superficiale, mentre la musica che fate voi richiede un ascolto più attento. Secondo voi c’è ancora oggi chi si sofferma sulla sostanza delle cose, soprattutto tra i più giovani?
S: Secondo me sì e quello ci sarà sempre. La necessità di andare in profondità delle cose fa parte degli esseri umani in generale, c’è chi la vive con più urgenza e chi meno magari, però quella cosa lì sarà sempre presente. Poi per quanto riguarda la musica è chiaro che la fruizione attraverso internet e i computer riduca delle possibilità espressive e di argomentazione dei lavori. Però io incontro continuamente persone che dalla fruizione attraverso il web prendono degli spunti per delle modalità e delle funzioni di ascolto più ampie e significative. Internet funziona un po’ come una vetrina, una pubblicità, che va benissimo ed è ottimo che ci sia. Però il punto è avere consapevolezza di cosa sia quella cosa lì. Mi sembra che il problema sia più quello, cioè capire cosa offre quello strumento e fin dove può arrivare.
V: Io penso che il numero di persone che fanno lo sforzo di ascoltare un nostro disco sia biologicamente basso, per fare una cosa così devi essere molto appassionato di musica e pensare che questa insegni e cambi la vita. Devi essere disposto ad un ascolto a cuore aperto per accogliere un cambiamento e non solo per un godimento magari superficiale. Comunque si tratta di una nicchia e rimarrà sempre un numero limitato di persone a farlo.

DSC_9366 copia5) Ognuno di voi porta o ha portato avanti dei progetti paralleli ai Massimo Volume. Questi hanno delle influenze all’interno della band?
S: Assolutamente. Una band è la risultante delle persone che la compongono, per cui quando poi ci ritroviamo assieme a lavorare ognuno di noi porta con sé, in maniera più o meno consapevole, quella storia lì: Mimì come scrittore, Vittoria con altri gruppi, Egle con la sua storia, io con la mia. Anche se non è immediatamente verificabile o dichiarato, quel contributo di esperienza di vita vissuta passa sempre.

Può dare quindi un valore aggiunto?
S: Assolutamente, anzi, per me è fondamentale.

6) A proposito di side project, tu Stefano stai portando avanti un progetto interessante che è quello di Cagna Schiumante e l’anno scorso hai collaborato con Mike Watt, musicista che apprezzo particolarmente. Che esperienza è stata lavorare con lui?
S: Potente. prima che suonare assieme siamo soprattutto diventati amici, abbiamo condiviso un’esperienza di vita, idee, opinioni, pensieri, un modo di fare le cose. Ormai è da un po’ di anni che suoniamo assieme e presto faremo questo secondo disco che uscirà in agosto a cui seguirà un tour. E’ stata una bella esperienza, così come lo sono state altre cose, anche lavorare con i Massimo Volume per esempio. La cosa più importante per me è stata incontrare e suonare con persone che hanno voglia di condividere un qualcosa che va al di là della musica. Questa cosa l’ho trovata tantissimo in Mike ma anche quando con Vittoria abbiamo suonato con Franklin e con i Massimo Volume, poi con Mimì, con Egle e con altri musicisti con cui mi è capitato di collaborare. Alla fine il discorso musicale diventa una conseguenza di questo modo di intendere la collaborazione artistica, che è prima di tutto esperienza di vita, soprattutto quando si parla di una band.

DSC_9345 copia7) Ho sentito un’intervista in cui Emidio diceva che lavora molto sulle parole per evitare che la voce divenga in qualche modo troppo vicina, quasi fastidiosa. Come fate a trovare il giusto equilibrio tra la musica e i testi?
V: E’ una cosa che fa soprattutto lui perché scrive i testi, però ci sono state delle direttive, delle discussioni che poi sono sfociate in decisioni artistiche. Io per esempio in Cattive Abitudini sento molto l’invadenza della voce di Mimì, un tono troppo basso che certe volte ti tira giù energeticamente. Ho cercato, anche telepaticamente, di fare in modo che su Aspettando i Barbari non fosse così ma che ci fosse del distacco, che poi è quello su cui ha lavorato anche lui. Quindi alla fine abbiamo trovato una quadra nelle nostre intenzioni, perché c’è spesso la paura che diventi tutto molto testo. Da quando abbiamo iniziato a fare delle cose che assomigliano più alla forma racconto, il reading è veramente è dietro l’angolo.
S: Infatti i brani dei Massimo Volume sono molto diversi dai reading di Mimì. Nelle canzoni il testo è decisamente più calibrato.
V: Cerchiamo di togliere, di limare il più possibile. Ad eccezione di Da qui, in cui c’erano delle canzoni quasi in forma racconto, ci siamo un po’ allontanati da questo stile e le parole si sono avvicinate di più alla forma canzone. Questo era già presente in Lungo i bordi e Stanze e si sente soprattutto negli ultimi due dischi.

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Valentina Cipriani

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