Sicilia Queer Film Festival @Cantieri Culturali Zisa, Palermo (Testo e Foto di Marco Calò)

gIl clima pre-estivo del giugno palermitano rende l’atmosfera ideale per una bella raffica di musica live. La location è invidiabile, i Cantieri Culturali della Zisa di Palermo rappresentano un punto fermo per la vita artistica della città avendo ospitato la scorsa edizione del Gay-Pride e divenendo sede del Centro Sperimentale di Cinematografia, oltre a divenire teatro del Sicilia Queer Film Festival rassegna musicale e non che ha visto la presenza sul palco di Good Falafel, Omosumo, Concreat Alì. Questa stessa location, inoltre, nei giorni a venire ospiterà i MojoJamLab di CaravanSerai, Le Matrioske No Hay Problema. 

L’evento si apre con la performance dei Good Falafel, band elettronica palermitana sulla rampa di lancio della Qanat Records che presenta il loro primo EP omonimo, accolto con discreto successo da fans e critica. La band è composta dal Laura Messina alla voce e loop station, Vincenzo Schillaci synth, kaoss pad e basso, e la new entry Salvatore Aiello alla chitarra e synth. Dopo un rapido sound-check l’esibizione parte con Moonlight, brano che è la perfetta sintesi del concetto musicale dei Good Falafel, melodie in cui si sposano perfettamente le linee vocali di Laura Messina e i potenti loop elettronici inviati dalla postazione o7di Vincenzo Schillaci. Il set prosegue con i brani Find Me In, City Lights, In The Beginning We Were Wrong (Out Loud) e Crimson Sky. Ogni pezzo viene scandito dall’applauso di un pubblico sempre più presente e sempre più rapito dall’esibizione della band che conclude il concerto con Fake Fields and Beautiful Lies e Salted Lake lasciando il palco alla band successiva, gli Omosumo, super-band composta da Roberto Cammarata (Waines) alla chitarra e synth, Antonio Di Martino (Dimartino) al basso ed effetti, e Angelo Siculella voce e drum-machine. Il trio presenta un genere che varia dall’elettronico al rock sperimentale, il tutto espresso con la potenza di un rave party. Con un Ep già uscito l’anno scorso dal titolo Ci proveremo a non farci male, che ha permesso alla band di farsi conoscere, ed un disco in uscita a settembre che avrà come titolo Surfin’Gaza, gli Omosumo si presentano al Queer Festival in pompa magna davanti un pubblico numeroso e impaziente di assistere all’esibizione che si apre con un primo assaggio di Surfin’Gaza, Yuk Nowhere, brani che si distanziano leggermente dallo stile martellante del precedente EP proponendo un sound più melodico e ambient. Col terzo brano in scaletta si torna sul repertorio del EP d’esordio con Le streghe di Benevento, per poi tornare ai pezzi del nuovo lavoro Waves, Surfin’Gaza, Nuovo (ancora senza titolo) c3e Nancy. L’esibizione è potente ed energica, ed è molto apprezzata da un pubblico che si fa man mano meno timido nelle dimostrazioni d’affetto e tende sempre più ad avvicinarsi sotto al palco prima di scatenarsi per quello che è certamente il pezzo più noto del repertorio Omosumo, Ci proveremo a non farci male trasforma le prime file in un piccolo rave party. Il concerto si avvia al termine con gli ultimi pezzi, Napalm, Ausschnitt e Costano le drum machine, concedendo anche il bis con Ahimana. Esibizione eccellente che lascia ampiamente soddisfatto il pubblico e gli Omosumo che preparano la ormai imminente prossima uscita discografica a suon di live che incuriosiscono un numero sempre maggiore di fans.

A distanza di 24 ore la location è sempre la stessa ed il palco è sempre li, a calcarlo stavolta sono i Concreat band di formazione relativamente giovane in quanto nata nel 2008 ma definita nel 2012 con l’ingresso di Gaetano Solazzo al basso, che va a completare la line-up composta da Riccardo Villanti (chitarra, tastiera e voce) Manfredi Mazziotta (chitarra e voce) e Marco Villanti alla batteria. La band ha da poco prodotto il primo EP intitolato Mojo Rising, un eccentrico viaggio musicale tra psichedelia e melodie post-moderne con ispirazioni che vengono da Beatles Kasabian fino a Tame Impala. La band si dispone sul palco e si prepara ad aprire la serata con il primo brano che è proprio la title track dell’EP, Mojo Rising, brano dal sound ipnotico che stuzzica la curiosità del pubblico. Anche la scaletta stilata dai alì3Concreat per la serata prevede l’esecuzione di brani tratti dall’EP già disponibile e pezzi di nuova scrittura come Woh, Yellow water e il brano eseguito per ultimo che non ha ancora titolo. Vengono poi estrapolate dal disco Tea in the desert Middle of the town. L’impressione è quella di una band dalle buone idee e ottime potenzialità, ma che dimostra una certa insicurezza e timidezza nell’esibirsi davanti un pubblico numeroso. Dopo un rapido cambio palco ecco presentarsi l’ultimo artista della serata, Stefano Alì, meglio conosciuto semplicemente come Alì. Il cantautore siciliano, che ha pubblicato il suo disco La rivoluzione nel monolocale per La Vigna Dischi nel 2013, arriva al Queer Festival dopo un considerevole numero di esibizioni e si presenta sul palco insieme a Peppe Schillaci al basso, Davide Iacono ai synth e Roberto Cappellani alla batteria. Pochi fronzoli ed il cantautore comincia a strimpellare la sua chitarra sulle note di Armata fino ai denti, Woodoo, Calze a righeMaggio. Il particolare mix tra storie comuni e sonorità leggere trova un riscontro abbastanza positivo nel pubblico. L’esibizione continua con A me il mare piace quando è sera, Roulette, New York , Le nostre bocche incollate e si avvia alla conclusione con gli ultimi brani Cash, Oro Racconti di viaggi, quest’ultimo eseguito come bis.

Un bell’evento condito dalla presenza di 4 ottime band palermitane che hanno ben figurato sul palco del Queer Festival.

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Marco Calò

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