Tori Amos – Unrepentant Geraldines (Mercury Classics, 2014) di Emanuele Genovese

ToriAmos_UnrepentantGeraldinesIl 31 gennaio del 1994 usciva Under the Pink, secondo album di Tori Amos. Trascinato dal “singolone” Cornflake Girl, fu un successo di vendite e diede la meritata popolarità alla Amos e alla sua musica, caratterizzata da vorticosi incroci tra piano e voce e testi elaborati su tematiche spesso controverse.
Oggi, 12 album e 20 anni dopo, affrontare e parlare di un nuovo lavoro di Tori Amos non è cosa facile.
Anzitutto perché nei suoi lavori da studio la Amos ha sempre fatto quello che si sentiva di fare, mettendoci sempre la faccia, ma ottenendo risultati non sempre soddisfacenti. Si hanno così delle perle (gli album del periodo 1992-1998), dei lavori onesti (1999-2003) e dei lavori che, ad essere buoni, si potrebbero definire “poco ispirati” (2005-2009). Tra quest’ultimi spicca American Doll Posse, calderone col quale la Amos voleva omaggiare il glam rock, ma che risultò solamente un concept album con un idea poetica confusa e prolissa e musicalmente un insieme di brani facilmente dimenticabili, con arrangiamenti poco curati, testi banali lontani anni luce dalla Amos di quegli splendidi anni ‘90.
Fu facile quindi pensare che il declino compositivo della Amos fosse ormai un processo inarrestabile e che ballate come Icicle, Blood Roses, Playboy Mommy, Cooling rimanessero solo un nostalgico ricordo, visto anche il trend negativo delle performance live, dove i nuovi brani da studio (e anche un po’ di ego) cozzavano il reale stato della voce dell’artista, sempre affascinante ma decisamente più debole rispetto a quello dei tempi d’oro. Ma nel 2011 arrivò Night of Hunters e ci regalò una Amos incredibilmente sobria, i cui brani erano basati su variazioni di temi sinfonici di importati compositori, impreziositi da eleganti arrangiamenti per archi e legni. Seppur non fosse un album scevro da difetti, il passo in avanti rispetto ai lavori precedenti era netto, il tutto confermato da un tour che dimostrò una grande forma dell’artista accompagnata sul palco da un quartetto d’archi.
Alla luce di tutto ciò, la domanda che ci si pone oggi nel 2014 è: Night of Hunters è stato solo un episodio estemporaneo oppure l’inizio di una nuova fase della carriera di Tori Amos?
Unrepentat Geraldines è un album sobrio ed elegante (nonostante magari dal booklet si potrebbe pensare altro). La scelta della Amos è di ritorno alle radici, ritornare alla forma di scrittura che le ha dato maggiori risultati e emozioni: le ballate piano-voce. Sia chiaro: non è una mossa ruffiana, come molti artisti/e e gruppi fanno arrivati alla consapevolezza che ormai le frecce nella faretra sono belle che finite. La Amos riscopre se stessa e la sua musica in questo album riprendendo quanto di buono fatto nel lavoro precedente ma liberandosi degli schemi compositivi che il concept richiedeva. Ascoltando Unrepentat Geraldines non si ha mai l’impressione di ascoltare un revival della Amos dei primi lavori, bensì un opera di classe, che richiama a quel periodo ma lo fa con la maturità di una donna con maggior esperienza sulle spalle, che non ricade musicalmente negli errori fatti nel recente passato e, finalmente, consapevole dei propri limiti. I pezzi sono funzionali alla sua voce, non ci sono estensioni critiche o parti fuori portata che potrebbero mandarla in crisi in esibizioni live. La voce è strumento per l’interpretazione, in grado di essere dolce (America), sognate (Invisible Boy), affascinante (Trouble’s Lament) ma anche ruvida e decisa (16 Shades of Blue e Unrepentant Geraldines). Proprio nella traccia omonima dell’album la Amos si ispira ad uno dei suoi gruppi preferiti, i Police, mentre in Giant’s Rolling Pin  il ritmo e gli arrangiamenti per ottoni e legni richiamano i Beatles.
Ma qualche piccolo problemino c’è. Gli arrangiamenti elettronici e i samples presenti in alcuni brani, pur non essendo mai invadenti, risultano un pelino velleitari (16 Shades Of Blue e Promise). Promise  è  un duetto con la figlia Natasha che risulta poco omogeneo visto la personalità che sfoggia la Amos in questo brano e la voce composta e didattica di Natasha che, come ascoltato in Night of Hunters, essendo ancora molto giovane, ha ancora molto da lavorare. La scelta di inserire la “leggera” Rose Dover  tra Oyster e il duo finale Invisible Boy – Forest of Glass rovina il climax profondo e intimista che si era creato con il finale di Unrepentant Geraldines, peccato perché sarebbe stato un ottimo finale.
In conclusione, a voler rispondere alla domanda che ci eravamo posti qualche riga più su: no, Night of Hunters non è stato (fortunatamente) un episodio estemporaneo, ma un “piccolo terremoto” che ha scosso Tori Amos e la sua musica, avviandola verso un processo di autocritica e di lucida analisi su quali fossero le strade sensate per proseguire la sua carriera. Unrepentant Geraldines ne è quindi il logico successore. E’ un album curato, omogeneo, mai prolisso o annoiante. Nonostante qualche difetto è un album ispirato che ci spinge ad affermare che ancora qualche perla Tori Amos è ancora in grado di regalarla. Bentornata!

Tracklist:

1. America
2. Trouble’s Lament
3. Wild Way
4. Wedding Day
5. Weatherman
6. 16 Shades Of Blue
7. Maids of Elfen-Mere
8. Promise
9. Giant’s Rolling Pin
10. Selkie
11. Unrepentant Geraldines
12. Oysters
13. Rose Dover
14. Invisible Boy
15. Forest of Glass


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Emanuele Genovese

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