Un cavallo senza nome, 44 anni dopo: intervista agli America (a cura di Frenk Lavorino)

Alcune delle loro grandi hits come A Horse With No Name, Ventura Highway, Daisy Jane e You Can Do Magic fanno ormai parte della storia della musica folk rock internazionale; 44 anni di carriera, innumerevoli concerti in tutto il mondo, 28 dischi tra live e in studio ed una popolarità che non accenna a diminuire. A pochi giorni dal loro ritorno in Italia (saranno infatti a Boretto, in provincia di Reggio Emilia il prossimo 5 Agosto), gli America ci raccontano passato (indimenticabile), presente (eccitante) e futuro (radioso) attraverso le parole di Gerry Beckley.

2587845e7a_america-the-band1– Ciao Gerry! Grazie per la tua disponibilità.

Ciao! Grazie a voi.

– Durante la vostra lunga carriera avete suonato in tutto il mondo centinaia e centinaia di volte. Avete mai vissuto momenti imbarazzanti sul palco?

Devo dire che è successo raramente. Però mi ricordo in particolare di una sera in cui ci dimenticammo in quale città fossimo.

– Quali sono i tuoi artisti preferiti? Ce n’è qualcuno che ancora oggi continua ad ispirarti?

I Beach Boys e i Beatles hanno rappresentato le influenze maggiori senza alcun dubbio, ma ascoltavamo molti artisti, fra cui gli Everly Brothers, nonchè i gruppi californiani e britannici degli anni ’60. I Beach Boys ci hanno ispirato fin dall’inizio e la loro musica ha ormai rilevanza storica. È meraviglioso che ci abbiano chiesto di andare in tour con loro anno dopo anno e diventare poi grandi amici.

– Eravate grandi amici anche di Harry Nillson, giusto? Cosa puoi dirci di lui e del suo grande corpus compositivo?

Harry è stato un’ispirazione fin dal primo giorno che ci siamo conosciuti. Un talento incredibile con una voce altrettanto magnifica. Ci manca oltre ogni misura.

– Tra le tante grandi canzoni che avete scritto, qual’è quella che preferite suonare dal vivo?america

A Horse With No Name”! È la canzone con cui è iniziato tutto. Come dice il testo: “on the first part of the journey” (“nella prima parte del viaggio”)….

– Tra il 1974 ed il 1979 George Martin è stato il produttore di alcuni dei vostri dischi migliori. Che ricordo avete di quel periodo? Come è stato lavorare con lui?

Aver conosciuto George all’inizio del 1974 ha rappresentato un momento cruciale nella carriera degli America; venivamo dalla produzione e co-produzione dei nostri primi 3 dischi e ci serviva un produttore dedicato per i progetti successivi. Abbiamo lavorato assieme 6 anni e ne sono scaturiti 7 album. Ci siamo goduti ogni signolo minuto. George è un uomo speciale e siamo fieri di ciò che abbiamo ottenuto con lui.

– Dove cerchi ispirazione per scrivere? Qual’è il tuo processo compositivo?

Non ho un metodo o un procedimento fisso. L’ispirazione può arrivare in qualunque momento, da qualunque parte. A volte nel cuore della notte. Avere un registratore vocale nel mio iPhone è davvero molto comodo.

– Download, streaming, social networks, crowdfunding… Che rapporto hai con le nuove tecnologie musicali?

Non vi presto molta attenzione. Non twitto e non uso Instagram..Gli America, in quanto band, hanno una grande pagina Facebook con centinaia di migliaia di fans.

– Siete un gruppo di successo dagli inizi degli anni ’70: qual’è la differenza principale tra esserlo nei ’70/’80 ed oggi?

Perseveranza.

america-band-620x300– Cosa avete in serbo per i vostri fans italiani al concerto del 5 Agosto a Boretto?

Suoneremo tutte le hits appartenenti al primo periodo ma ci sarà spazio anche per alcune canzoni tratte dal nostro ultimo lavoro in studio “Back Pages”. E poi abbiamo una new entry, il batterista Rylan Steen!

– Se non fossi diventato membro degli America, cosa avresti fatto nella vita?

Mi interesso molto di architettura. Credo perciò che avrei potuto seguire quella strada.

– Grazie mille Gerry!

Grazie a voi!

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Commenti

Stefano Capolongo

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