Aldous Harding – Aldous Harding (Lyttelton Records, 2014) di Emanuele Genovese

Geraldine, Nuova Zelanda. In cartellone per la serata c’è il concerto della cantante pop-folk più importante del paese, quella che ha sbarcato il lunario e ha fatto successo, Anita Moa. Hannah ci tiene particolarmente ad assistere allo show, ma non ha i soldi in tasca necessari per l’acquisto del biglietto, allora prova a procuraseli cantando qualche sua canzone in strada davanti al teatro confidando nella bontà dei passanti. La ragazza è brava e cattura l’attenzione di Anita che decide di proporle di aprire lo show quella sera. La ragazza in questione si chiama Hannah Harding, in arte Aldous Harding,…

Score

Artwork
Potenzialità
Concept

Conclusione : Emozionante

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aldous_cd_web1Geraldine, Nuova Zelanda. In cartellone per la serata c’è il concerto della cantante pop-folk più importante del paese, quella che ha sbarcato il lunario e ha fatto successo, Anita Moa. Hannah ci tiene particolarmente ad assistere allo show, ma non ha i soldi in tasca necessari per l’acquisto del biglietto, allora prova a procuraseli cantando qualche sua canzone in strada davanti al teatro confidando nella bontà dei passanti. La ragazza è brava e cattura l’attenzione di Anita che decide di proporle di aprire lo show quella sera. La ragazza in questione si chiama Hannah Harding, in arte Aldous Harding, e questo aneddoto descrive il primo vero contatto dell’artista neozelandese con il grande pubblico, anche se lei ci tiene a sottolineare che all’epoca già si esibiva con la sua band nei locali del paese. Si potrebbe quasi definire una piccola Cenerentola della Nuova Zelanda con la chitarra in mano e il suo bagaglio di canzoni folk spesso struggenti e dal finale tragico. Con genitori cantanti blues e folk, Hannah si avvicina alla musica fin dalla giovane età e oggi, a ventitre anni, pubblica il suo primo album, dal titolo omonimo con 8 pezzi più un alternative take, tutti composti nei cinque anni antecedenti la pubblicazione.

Il benvenuto nella musica di Haldous Harding non è dei più facili ma sicuramente rientra tra i più poetici: Stop your Tears è una splendida ballard voce-chitarra arricchita da dei cori spettrali in secondo piano che rafforzano le paure espresse nel testo. Hunter è il primo singolo estratto dall’album, è uno tra i brani musicalmente più solari dell’album nel quale oltre alla voce dolcissima e delicata della Harding, spicca il violino che regala ariosità al pezzo. In Two Bitten Hearts, si torna nelle atmosfere intimiste dell’inizio, la Harding modula la voce in modo che si possa sposare al meglio con le sonorità del theremin, l’effetto che si ottiene è quasi un rincorrersi tra voce e strumento che cattura facilmente l’ascoltatore. Titus Groan si apre con una malinconica chitarra elettrica a cui subito fanno eco gli archi. Percussioni minimal e contrabbasso costituiscono la sezione ritmica del brano e il controcanto maschile a supporto della voce della Harding risulta essere una soluzione particolarmente azzeccata, in quanto in grado di valorizzare ancora di più le doti timbriche e interpretative dell’artista neozelandese. Questa soluzione, utilizzata con successo anche in altri brani dell’album, ci riporta alla mente, in parti invertite, gli intrecci di voce tra Damien Rice e Lisa Hannigan dei bei tempi che furono del cantante irlandese.

In Beast la Harding dimostra che il suo fingerpicking, seppur in alcuni momenti dell’album risulti acerbo, ha ottimi margini di miglioramento mentre in No Peace, alla chitarra è affidato il compito di ricreare, tramite la ripetizione degli stessi accordi, un climax catartico, claustrofobico interrotto da una flebile speranza grazie ai legni che donano all’ascoltatore una piccola luce che l’oscurità non riesce a sovrastare. Merriweather e Small Bones of Courage sono due classiche ballate folk che chiudono l’album. In questi ultimi due brani si capisce perfettamente quanta influenza ha la musica di Marissa Nadler sull’artista neozelandese: in alcuni momenti la voce è molto simile e Merriweather potrebbe essere tranquillamente una b-side di The Saga of Mayflower May. Ma nonostante queste analogie, la Harding riesce ad esprimere se stessa e a donare alla sua musica vita propria: la sua voce dolce ce la introduce quasi in punta di piedi, ma da un ottica a 360 gradi non si può non attestarne la personalità e il minuzioso lavoro negli arrangiamenti.

Aldous Harding ci regala quest’album d’esordio molto più maturo di quello che ci si potrebbe aspettare e riesce a sfruttare ottimamente le sue doti focalizzandole a seconda del contesto musicale. Margini di miglioramento ce li aspettiamo sul fingerpicking, a volte un po’ ripetitivo ma stiamo parlando veramente di andare a cercare il “pelo nell’uovo”. E’ un ottimo album, punto.

Tracklist

1. Stop Your Tears
2. Hunter
3. Two Bitten Hearts
4. Titus Groan
5. Beast
6. No Peace
7. Merriweather
8. Small Bones of Courage
9. Titus Alone

 


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Emanuele Genovese

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