Relics incontra Numa (intervista di Frank Lavorino)

Numa - Il Periodo Copertina

Il rocker fiorentino, giunto al terzo capitolo discografico dal titolo“Il Periodo”, uscito il 26 marzo scorso, racconta il suo nuovo mondo in nero fatto di inferi, streghe e crisi personali senza rinunciare all’ironia ma, soprattutto, accettando la sfida.

“Il Periodo” è il tuo nuovo lavoro discografico uscito lo scorso 26 marzo. Dieci brani che raccontano di te, della tua vita e di un cambiamento. Quale?
Del cambiamento nei suoi dettagli non ne voglio parlare, credo che la vita privata debba rimanere tale; quello che posso dire è che ho scelto di smettere con delle abitudini che ultimamente mi stavano spegnendo sempre di più e abbracciare con molto entusiasmo la strada del rischio e delle poche certezze, per essere libero di esprimere me stesso in tutte le mie sfaccettature.

Un Tuffo all’Inferno è invece il singolo che precede l’album, una sorta di apripista al nuovo mondo artistico di Numa. Quali visioni fuoriescono da questo brano?
Un Tuffo all’Inferno ha sicuramente il testo più emblematico dell’intero album, che vuole preparare gli ascoltatori ad una mia ben precisa direzione, facendo capire loro chi è Numa adesso. Tutto ciò ovviamente senza tralasciare la mia vena ironica che, spero, mi accompagnerà per tutta la vita.

Come nascono i brani di Numa?
Decido quando voglio e in quell’istante escono fuori dalla mia mente tutte le emozioni accumulate nei momenti precedenti, in poco tempo butto giù i testi di getto o quasi, poi li metto su musica, solitamente su chitarra se voglio dare un’impronta più dura, sul pianoforte quando voglio scrivere una ballata. L’ultima fase è quella del riadattamento, se ce n’è bisogno, di qualche parola o frase per rendere il tutto più musicale secondo i miei gusti.

Parlaci del testo di “Ego”.
Sotto certi aspetti è una delle mie canzoni preferite, una sorta di denuncia nei confronti del tanto parlare che ci gira intorno senza portare a risultati o fatti concreti. L’umanità non raggiungerà mai la libertà totale se ognuno di noi non comincia a farsi un esame di coscienza per migliorare se stesso. Mi sono rotto le palle di sentire tutte queste persone attorno a me dire che hanno la soluzione per cambiare il mondo tralasciando sempre la cosa più importante, ovvero che è insito nella nostra natura di esseri umani il bisogno di cedere alle tentazioni. Fanno stare bene te a discapito di qualche altro e le classi politiche ne sono l’esempio più lampante. Non siamo messi molto bene, direi.

Nel tuo sound si riscontrano varie influenze hard rock, ascrivibili a band come gli Ac/Dc, i Queen, non potendo non citare anche i tuoi concittadini Litfiba, anche loro fiorentini. Cosa dunque “rubi” a questi grandi nomi e cosa invece rivendichi del tuo essere artista?
I Queen sono stati dei maestri, musicisti totali da cui ovviamente ho cercato di assorbire moltissimo, dedicandomi soprattutto alla voce di Freddie Mercury e al suo essere prima donna sul palcoscenico. Dagli AC/DC ho cercato di prendere il groove nel fare del sano hard rock’n’roll e dai Litfiba la composizione di un certo tipo di rock in italiano. Il mio look, in fondo, non è poi così diverso da quello di Piero Pelù anche se ritengo di essere un personaggio a lui diametralmente opposto.

Certo che il connubio “hard-cantato in italiano” è sempre un terno al lotto…..cosa ne pensi?
Che non mi piace essere scontato o uno fra tanti. Mi piace rischiare ed essere la mosca bianca, o la pecora nera se preferite, e per questo avanzo con la filosofia del “si può sempre creare qualcosa di diverso che funzioni”. Io nel mio piccolo ci provo e accetto la sfida.Numa - Il Periodo Copertina

Dietro all’immagine di rocker dannato e sopra le righe si nasconde però anche quella di un insegnante di canto. Come vivi questo doppio ruolo?
È veramente faticoso ma anche meraviglioso. Sono a contatto con una miriade di persone, continuo a tenermi aggiornato sulla voce, nonché allenato, e in più si rivela essere una cosa propizia anche dal punto di vista artistico nel senso che hai potenziali sostenitori in più. Chi va a lezione di canto senza informarsi un minimo sul proprio insegnante ed il suo background professionale? E poi l’aspetto più importante: vedere i frutti del tuo lavoro con l’emozione e la felicità che prova un allievo nell’avvertire dei miglioramenti concreti. Credo fermamente che sia la cosa più bella del mondo, dopo stare sul palco davanti a 500.000 persone..

Come scegli i musicisti per i tuoi dischi e i tuoi concerti?
Innanzitutto ci deve essere la componente fondamentale, ovvero il feeling dal punto di vista caratteriale, perfino più importante del talento. Devo sentire fiducia nei miei confronti e avvertire la leadership, senza però dimenticare il rapporto di gruppo fraterno che deve sempre sussistere. I miei musicisti devono essere esperti e grandi appassionati del loro strumento, considerarlo come un figlio. Cerco di trovare tutte queste caratteristiche attraverso la professionalità, il rispetto e la correttezza che metto loro a disposizione.

Sei inoltre il produttore del tuo disco. Come mai questa scelta? Come concili il ruolo di artista/cantante e quello del produttore?
E’ durissima ma cerco di motivarmi con piccoli obiettivi quotidiani. L’ho sempre fatto, forse perché non ho mai trovato i canali giusti, perché sono troppo offstream per far parte di un target ben definito o forse perché sto attraversando un periodo di maturazione nel quale intuisco che nessuno ha più voglia di investire su un nuovo pazzo rocker italiano. Beh, pazienza, io vado avanti per la mia strada, che tutto sommato i suoi lati positivi ce li ha. Posso fare quel che c… voglio.

Preferisci la vita professionale di un artista in questa decade piena di innovazioni tecnologiche, nuove forme di comunicazione e strapotere dei social network oppure quindici anni fa, quando i dischi si vendevano sul serio, c’erano poche riviste e non esisteva questa palese deframmentazione dell’informazione?
Sinceramente avrei voluto avere 25/30 anni negli anni 80 ma, spezzando una lancia a favore di internet, a me tanto male non ha fatto. Mi ha permesso (e lo sta facendo sempre di più) di farmi conoscere ad un sempre crescente numero di persone. Certo, se penso ad uno come me che punta alla luna e la luna di questi tempi la puoi vedere solo da migliaia di chilometri forse avrei preferito gli anni 80, epoca in cui il rock aveva ancora un certo valore culturale e nella quale qualcuno la luna l’ha toccata per davvero.

Ti ringraziamo per questa intervista. Vuoi lasciarci i tuoi riferimenti web?
Grazie a voi, è stato un piacere! Certo, potete trovarmi e rimanere aggiornati su tutte le novità cliccando:

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Stefano D'Offizi

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