Intervista agli ZAIBATSU (di Luca Scarfidi – Foto di Stefano D’Offizi)

Zaibatsu_082Gli Zaibatsu sono un trio romano che si muove all’interno di paesaggi sonori vastissimi che pescano a piene mani nello Stoner e nel PostMetal. Si sono rivelati essere una band sincera, con idee più che precise in cui ogni evento è perfettamente pensato e misurato, ma anche una band che fa dell’istinto e dell’improvvisazione uno degli elementi più determinanti nella composizione. Noi di Relics ci siamo fatti raccontare qualcosa del loro immenso mondo, del nuovo disco in uscita –Zero– e altri segreti del loro quotidiano far musica.

Ciao ragazzi, partiamo dalla punta dell’immenso iceberg che rappresentate; in breve, come vi siete conosciuti, perchè avete scelto il nome Zaibatsu e qual è il significato (musicale e non) del vostro primo album in uscita a brevissimo -Zero- ?

Zaibatsu_04Ci siamo conosciuti nel 2009 grazie a un annuncio inserito da Gabriele (chitarra/voce, ndr) su MercatinoMusicale. Un incontro che si potrebbe definire fortuito, ma che si è rivelato subito positivo e stimolante dal punto di vista personale e musicale. Inizialmente abbiamo provato anche ad inserire altri elementi, anche di ottimo livello, ma era evidente che sarebbero state scelte che avrebbero snaturato il gruppo, cambiandone la direzione artistica. Abbiamo trovato dunque l’equilibrio come trio. Il nome Zaibatsu deriva dalla tradizione Cyber Punk e sta ad indicare una corporazione industriale. Si pone in maniera antitetica rispetto al concept del nostro primo disco (Zero, ndr), dove prevale, al contrario, la critica alla società moderna in cui le corporazioni industriali e post-industriali, cioè le Zaibatsu, sono predominanti. Zero si presenta dunque come un’analisi di diversi aspetti della modernità; ovviamente sono trattazioni parziali, che puntano a mettere in luce gli aspetti più contraddittori e malsani. La conclusione inevitabile a cui porta tale analisi è l’apocalisse, un armageddon che riporti il mondo all’origine. Lo -Zero- diventa perciò simbolo della Fine, ma anche di un nuovo Inizio. Da un punto di vista musicale, il nostro primo album è il risultato di questi anni di collaborazione insieme. Abbiamo composto un notevole numero di brani per poi decidere quali, effettivamente, volevamo finissero nel disco.Zaibatsu_02

Una delle questioni che ho trovato più interessanti è che avete curato l’intera produzione di Zero. Qual è stato il modus operandi? Come mai questa scelta?

Zero è registrato interamente in presa diretta, senza clic (uno strumento che permette di seguire un tempo preciso, ndr). Il motivo è semplice: se si pensa alla musica classica, il tempo è soggetto a oscillazioni. Un tempo “allegro”, per esempio, varia tra 126 e 144 battiti per minuto. Questo permette ai musicisti che operano questa scelta di lasciare spazio all’istinto musicale, all’interpretazione, tracciando ogni volta direzioni leggermente diverse per ciascun brano. Tutto ciò fa di Zero un album che cerca di coinvolgere l’ascoltatore nella maniera più vera e sincera possibile. Allo stesso modo abbiamo evitato quanto più possibile le sovraincisioni o le basi preregistrate; anche in questo caso abbiamo deciso di dare più spazio alla spontaneità musicale. Questa attitudine old-school è il carattere più distintivo del nostro album e ci colloca in una posizione diversa rispetto al panorama musicale, se cosi si può dire, moderno, in cui quasi tutto è studiato a tavolino e la libertà dei musicisti è almeno parzialmente limitata dall’uso della tecnologia.

Voi siete molto spensierati, mentre la vostra musica è decisamente impegnata e ricca di contenuti di protesta. Ritenete che questo faccia di voi un gruppo poco sincero e coerente con se’ stesso oppure credete nel valore catartico della musica che, in questo modo, vi permette di separare nettamente il vostro lato artistico da quello più squisitamente umano?

Siamo dei cazzari, ci piace il divertimento, ma è altrettanto vero che i concetti che portiamo nella nostra musica sono realmente sentiti e approfonditi. La musica ci aiuta a esternare una malcontento nei confronti di un mondo che ha evidenti limiti sociali e culturali, ma questo non ci impedisce di vivere il più serenamente possibile la nostra quotidianità. Attraverso i nostri brani comunichiamo un concetto, un messaggio, ed è il nostro lato artistico ad esprimerlo, ma tendiamo a separare abbastanza nettamente quell’aspetto di noi dal lato, invece, più umano e gioviale.

Zaibatsu_03Una delle cose che noi di Relics riteniamo più interessanti è sapere quali sono i punti di riferimento musicali delle band, cosi come sono, invece, i gruppi che proprio non riescono a digerire. Diteci!

Andrea (Maceroni, bassista/produttore, ndr) ascolta di tutto ma predilige tendenzialmente musica energica: da quella più straniante degli Zu e degli ZEUS, a quella più dissacrante e provocatoria del Teatro degli Orrori. Gabriele (Di Pofi, chitarrista/voce, ndr) apprezza molto Radiohead, Kyuss e QOTSA, che sono stati, tra l’altro, il punto di incontro iniziale con Augusto (Zanonzini, batterista, ndr), a sua volta molto legato al grunge e al rock anni ’60/’70.

In ultima analisi, come vi piace impostare i vostri live show? Qual è il vostro obiettivo su un palco? In chiusura salutateci. 

Il nostro principale obiettivo sul palco è quello di costruire uno spettacolo compatto, unico, senza pause. Vogliamo che il pubblico rimanga avvolto nel nostro sound costantemente; costruiamo atmosfere monolitiche, muri di suono con un impatto notevole, ma curando sempre con attenzione la dinamica complessiva. L’intenzione dunque non è quella di far ballare o divertire i presenti, ma regalare un’esperienza sonora imponente e originale. A presto ragazzi, è stato un piacere! Ciao!

 

 


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Luca Scarfidi

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